Contro l’alternanza scuola-lavoro. Lettera di Laura Marchetti
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
Cultura, Saperi, Università, Dialogo
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Contro l’alternanza scuola-lavoro. Lettera di Laura Marchetti

Caro Piero,

non ho potuto partecipare molto al dibattito della nostra officina perché sto terminando un libro di didattica. Me ne stupisco anche io, perché nonostante insegni didattica da molti anni (per traversie dell’Università), odio della didattica anche il suono dadaista. O meglio odio la didattica tecnicista, americanista, la didattica delle slides e dei computer, che oggi imperversa nella teoria pedagogica e che colonizza d’ufficio la non più buona scuola.

Il mio libro la attacca, con fermezza ma dolcezza (si chiama infatti Manuale per una didattica della carezza) attraverso un’operazione che , da una parte ripercorre alcuni miei bizzarri temi (i titoli dei capitoli: Erotica e Didattica, La didattica del filatoio, L’orto narrativo e la didattica della complessità, La didattica per gli adulti speciali, ecc.), dall’altra è una vera e propria operazione di archeologia. L’ultimo capitolo in particolare, legato alle esperienze concrete degli insegnanti che negli anni passati aderivano al Movimento di cooperazione Educativa, mi sono sembrate della paleo-etno-antropologia.

Eppure che vitalità, che creatività, che passione politica in quelle esperienze diffuse che, soprattutto nella scuola materna ed elementare, sapevano declinare la teoria in una fantastica officina di gioco, conoscenza, teatro, tipografia e burattini, ecc. Quanta attenzione alla mente del bambino, alla sua immaginazione, alla sua capacità di esplorazione. Quanta cura per il lavoro vivo dell’insegnante, per il “corpo a corpo” e “bocca a bocca” con il suo studente. Quanta anima nella lotta contro la selezione, la discriminazione, le classi differenziali, gli abbandoni, le bocciature, la meritocrazia.

E quanti autori straordinari: Dewey (l’unico americano che ci piace), e poi Freinet, Freire, Codignola, Visalberghi, Lodi, Rodari, Ciari. E quanta sinistra, sia quella seria, rigorosa, un po’ produttivista, sia quella effimera, radicale, che si rifaceva a movimenti straordinari dei nuovi bisogni, degli indiani metropolitani, dei meticciati interculturali.

Hanno fatto il deserto di tutto.

Laura Marchetti

[la lettera contribuisce alla discussione scaturita a partire dall’articolo di Piero Bevilacqua]

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