UNIRE LE FORZE PER UNA UE VERAMENTE DEMOCRATICA da IL FATTO e IL MANIFESTO
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
Cultura, Saperi, Università, Dialogo
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UNIRE LE FORZE PER UNA UE VERAMENTE DEMOCRATICA da IL FATTO e IL MANIFESTO

Unire le forze per una Ue veramente democratica

 Elena Basile  15 Marzo 2025

Di fronte alla sconfitta di ogni argomentazione razionale e al trionfo del linguaggio bivalente orwelliano (voglio la pace con nuove armi, lotta alla disinformazione per la libertà di informazione, Putin aggressore mentre Bibi si difende, tagliagole buoni e Assad cattivo etc), le migliori boccate di ossigeno regala la satira. Come Nietzsche affermava “il mondo sarà seppellito da una risata”. Per questo gli editoriali del Fatto, a cominciare da quelli del suo direttore, sono naturalmente oscurati in tutte le rassegne stampa di Stato. Ho l’onore di essere anche io oscurata dalla rassegna degli Esteri. Sembrerebbe che un ex Segretario generale abbia urlato nei cupi corridoi ministeriali contro qualche giovane addetto stampa o, più semplicemente, contro l’algoritmo che selezionava anche i miei commenti. Nel pluralismo democratico dell’Europa dei Gentiloni e dei Prodi, chi si permette un pensiero difforme da quello di lorsignori non deve essere letto.

Per quel che riguarda la sottoscritta, l’ostracismo coinvolge indiscriminatamente tutti i media che “contano”, quasi una velina dei servizi fosse passata per farmi considerare nemica della Patria. Poiché l’audience cresceva durante le mie esigue apparizioni in tv, il divieto di invitarmi, seguito alle calunnie e alle diffamazioni contro un’ex ambasciatrice considerata da Cappellini appartenere al grado medio-basso della carriera, resta emblematico di un certo modo di intendere il dibattito “democratico”. Ricordo questi eventi meschini perché danno il polso del degrado dell’ambiente culturale e politico europeo. Non ci dobbiamo stupire, quindi, se in Romania il candidato di destra anti-Ue, Georgescu, è stato estromesso con intimidazioni varie, dall’arresto ad accuse mai provate, perpetrati da organi democraticamente eletti e giurisdizionali, dalle elezioni che lo vedevano favorito. Nell’indifferenza delle altre celebri democrazie europee.

Vecchia storia. Le elezioni sono democratiche solo se portano alla vittoria dei nostri amici. Hamas nel 2007 vinse le elezioni a Gaza. Una politica democratica avrebbe dovuto ammetterlo come interlocutore in un processo virtuoso, già realizzato con l’Olp, per depurarlo dai metodi terroristici e fargli riconoscere l’esistenza dello Stato di Israele. Naturalmente si è fatto il contrario e, con la scusa di Hamas, un assedio illegale e le più grandi atrocità sono state sostenute dai governi democratici contro la popolazione palestinese. Hamas non riconosceva lo Stato di Israele esattamente come il Likud, partito di centrodestra, non ha mai voluto ammettere l’esistenza dello Stato di Palestina, ma per i benpensanti questi dettagli non hanno rilevanza. Applicano la dialettica amico/nemico di Carl Schmitt, la riduzione della politica alla dimensione del potere, basata sull’arbitrio e il doppio standard. Si dicono liberal e sostenitori di valori democratici, mentre applicano i parametri del realismo politico e del decisionismo arbitrario, base dell’ideologia nazista.

In Siria migliaia di civili sono stati massacrati, bambini e anziani, non terroristi filo-Assad, dai tagliagole saliti al potere protetti dalla Turchia e dall’Europa democratica. L’intellighentia non batte ciglio. Vero è che ormai il 99% è in un limbo mediatico che crea il mondo, fabbrica nemici e individua soluzioni cruente per abbatterli. Sono quindi tutti contenti di celebrare oggi l’Ue bellicista, che definisce la Russia, potenza nucleare, un nemico a cui infliggere una sconfitta storica e ottenere la pace giusta. Parole del laburista Starmer, del liberale Macron e del democristiano Merz: le due destre al potere ben rappresentate dalla corruzione dei politici europei. La premier Meloni e le vere destre capitalizzano i consensi, pur distanziandosi di poco dalla maggioranza Ursula.

Ho purtroppo firmato tanti appelli per la pace. Il dissenso rimane inefficace perché dominato da persone che cercano una grottesca visibilità. Odio le appartenenze alle chiese di turno, a un’ideologia, a un settore contro l’altro del dissenso. Vorrei sostenere un appello unitario, di quei pochi che nel Pd ancora ragionano, dei 5 Stelle, di Sinistra italiana, Rifondazione comunista, Pace e disarmo, le associazioni del dissenso (che si definiscano come vogliono: comunisti, socialisti, pacifisti), ma che scendano in piazza il 5 aprile per la vera Europa, democratica, sociale, che predilige mediazione e diplomazia, investimenti non nelle armi ma nei beni comuni. La difesa europea non può che essere un derivato dell’unione politica e federale. Altrimenti somiglia a un’impostura. È un braccio armato della Nato, che compra armi statunitensi sulla pelle dei lavoratori, continua una guerra per procura delle lobby delle armi fino all’ultimo ucraino. L’elettorato del centrodestra e del centrosinistra non crede al rischio nucleare? Il comitato di studiosi che ha fermato le lancette a 89 secondi dalla mezzanotte è ovviamente filoputiniano!

L’Europa fra crediti di guerra e banca delle armi

Marco Bersani  15/03/2025

Il Parlamento europeo ha dato il proprio benestare al piano “Rearm Europe”, proposto dalla Presidente della Commissione Ursula von der Leyen, sostenendo che le risposte ai rischi e alle minacce alla sicurezza devono essere “simili a quelle in tempo di guerra” e, perché sia chiaro quello di cui stiamo parlando, bocciando la proposta (in realtà, una foglia di fico) di ri-denominare il piano “Defend Europe”. Il piano proposto, del valore di 800 miliardi di euro (quando si vuole i soldi ci sono!), si sviluppa in cinque punti e rende l’idea di come l’Europa, il cui ruolo di coesione sociale è stato trascinato verso il baratro da tre decenni di politiche liberiste, abbia deciso di fare un passo avanti -definitivo- nella medesima direzione.

Il primo punto prevede l’attivazione della clausola di salvaguardia nazionale del Patto di stabilità per permettere agli Stati membri di spendere per la difesa sforando il 3% del rapporto deficit/Pil; ovvero, quello che non si è mai potuto fare per scuola, sanità, lavoro, ambiente e diritti potrà essere fatto per le armi e per la guerra.

Il secondo punto prevede un nuovo strumento finanziario per fornire 150 miliardi agli Stati europei per investimenti nella difesa.

Non trattandosi di denaro già presente nei bilanci, significa che la Commissione prenderà in prestito denaro sui mercati finanziari per poi prestarlo agli Stati membri, generando per questi ultimi nuovo debito, il cui rientro, grazie al patto di stabilità, comporterà tagli alla spesa pubblica, sociale e ambientale.

Il terzo punto prevede la flessibilità nel bilancio europeo affinché i Paesi che lo vogliano possano dirottare i fondi strutturali di Coesione sugli investimenti per la difesa. La “volontarietà” nell’utilizzo non maschera la ferocia e il cinismo di questo provvedimento, essendo i fondi strutturali di Coesione ordinariamente rivolti alle aree più povere e disagiate di ogni stato europeo.

Gli ultimi due punti mirano a mobilitare il capitale privato nella corsa al riarmo attraverso sistemi di garanzia finanziaria per gli investimenti nella difesa e attraverso l’utilizzo della Banca europea degli investimenti. Un piano per un’Europa di guerra a tutto tondo, di fronte al quale la posizione di chi si dichiara contro il riarmo ma per la “difesa comune” fa finta di non sapere sia che quest’ultima è già prevista, come mutua assistenza in caso di aggressione, dal Trattato di Lisbona (art. 42 par. 7), sia che il concetto di “difesa comune” è definito dai trattati come “il rafforzamento della capacità militare dell’Ue e il dispiegamento di missioni al di fuori dell’UE”, ovvero nulla che abbia a che fare con l’idea della difesa, bensì col suo contrario. La direzione bellicista è tale che è addirittura aperta da tempo la possibilità di costituire una banca per le armi.

Essendo l’ipotesi dell’utilizzo della Bei (Banca europea per gli investimenti) tuttora soggetta a importanti limitazioni, dal divieto di finanziare le spese per la difesa ai vincoli legati al fatto che una sua eventuale estensione comporterebbe comunque la necessità che gli investimenti finanziati abbiano la doppia modalità d’uso civile-militare, ecco allora spuntare la DSR Bank (Defence, Security and Resilience Bank).

Promossa da ex esponenti della Nato ed ex funzionari di Morgan Stanley, si tratta di una banca unicamente destinata al riarmo, che ancora prima di essere operativa potrà contare su un rating AAA (eccellenza) per emettere obbligazioni garantite dagli Stati membri allo scopo di finanziare i nuovi acquisti militari, l’innovazione tecnologica delle forze armate e il supporto finanziario alle catene di approvvigionamento militari. Siete così sicuri di voler serrare le fila intorno a questa Europa?

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