UNA NATO PACIFICA, UTOPIA EUROPEA da IL FATTO
Una Nato pacifica, utopia europea
Fabio Mini 17 Aprile 2025
La politica che porta alla guerra è la negazione di sé stessa. I promotori del conflitto spacciano luoghi comuni per dogmi e rivelano solo l’incapacità di pensare diversamente le relazioni tra Stati
Il futuro della sicurezza europea non può dipendere solo dall’andamento della guerra in Ucraina.
La missione transcontinentale della Nato riguarda l’assetto generale della sicurezza delle due sponde dell’Atlantico del Nord. Rivolgersi al resto del mondo è giusto, ma non può essere una fuga dal nostro mondo per l’incapacità di gestirne la sicurezza. L’insicurezza del nostro mondo è un pericolo per il resto del mondo. Il riassetto deve partire da quello del nostro continente, che può esser realizzato in ogni momento. Poteva esser realizzato prima della guerra e la Nato s’è opposta, poteva esser realizzato durante la guerra e la Nato s’è opposta, e potrà esser realizzato dopo la guerra, quando finirà. L’assetto ideale che potrebbe vedere tutti vincitori è un’area transcontinentale aperta, all’interno e verso l’esterno. Un’area in cui gli Stati s’impegnino nella graduale e controllata riduzione degli armamenti in relazione alle effettive minacce e all’esigenza di rassicurare le popolazioni sulla volontà dei loro Stati di difenderle. Un’area dove le alleanze servano a facilitare la cooperazione e il rispetto reciproco piuttosto che a perseguire e inseguire la guerra. Utopia? Sì, come la Dichiarazione universale dei di ritti dell’uomo, la Carta dell’Onu, le costituzioni dei singoli Paesi, il Trattato della Nato, la Carta di Parigi per una nuova Europa del 1990 e l’Atto di Parigi del 1997 fra Nato e Russia. Tutti sorti come impegni concreti e realistici e divenuti utopici per cattiva volontà, meschini interessi e arroganza di potere. (…) La mente politica della Nato s’è assuefatta alla delega di ogni sua azione alla struttura militare, un po’ perché è l’unica che esegue rapidamente le direttive, e molto per la frustrazione di dover agire in un processo volutamente bizantino. La stessa frustrazione che induce l’Unione europea, che non ha autorità, struttura e nemmeno capacità militari, a invocare il ricorso alla guerra in nome della sicurezza. Eppure per la Nato riappropriarsi del primato che le spetta di diritto non sarebbe difficile. Basterebbe che nell’ambito del Consiglio atlantico qualche rappresentante o Capo di governo iniziasse a chiedere ragione dei provvedimenti che gli vengono proposti e fosse pronto anche a negare il consenso. Basterebbe che un membro qualsiasi si accertasse della natura e provenienza degli interessi che muovono le proposte. Queste piccole cose sarebbero già una vera rivoluzione, più sensata ed efficace d’ogni rivolta armata. (…) La guerra in Europa è in corso e la pace che si profila appare come un compromesso di forze, che rimangono contrapposte. Nato e Ue sono le uniche organizzazioni che si preparano alla guerra. La Nato con la sua configurazione transatlantica è la linea di contatto tra le due grandi potenze nucleari in grado di fare dell’Europa il campo di battaglia sul quale decidere la vita o la morte dell’Europa stessa e del pianeta. Stati Uniti e Russia sanno che lo scontro diretto sarebbe fatale per tutti. Apparentemente stanno dialogando sull’Ucraina e concordano su due punti: 1) entrambi devono vincere; 2) l’Europa deve pagare per tutti. Il resto è negoziabile, ma soprattutto dipende dalla loro capacità di evitare o uscire dalle trappole che si stanno tendendo. La prima di esse è la fiducia reciproca: credere nella buona fede significa partire perdenti. La Russia è caduta più volte nelle trappole americane ed europee di questo tipo, da Clinton a Minsk II, e ora vuole un nuovo assetto di sicurezza in Europa che non implichi lo scontro strategico con gli Usa, ma, seconda trappola, è pronta ad affrontarlo. Trump non è interessato alla sicurezza europea e intende sfruttare il conflitto anche alimentandolo con e senza Nato. Dall’Ucraina la Russia vuole i territori russofoni, la neutralità e la smilitarizzazione, gli Usa vogliono le sue risorse e la sua capacità di minacciare la Russia con soldi e soldati europei. Quello che non aveva capito Zelensky quando rifiutava l’accordo sulle terre rare era la trappola di Trump tesa alla Russia: portando gli interessi statunitensi in Ucraina doveva poi “proteggerli”. Tuttavia l’accordo è una trappola anche per l’Ucraina, costretta a cedere risorse, e per gli stessi americani pericolosamente esposti alle provocazioni ucraine e alle reazioni russe. La stessa tregua può divenire una trappola. Gli ucraini la vogliono per bloccare l’avanzata russa, riarmarsi e sollecitare l’Europa a inviare aerei e soldati; gli americani la chiedono perché i russi la rifiutino, e questi si oppongono per alzare il prezzo della concessione. Usa e Russia puntano sul fallimento della tregua: i primi per costringere l’Europa a intervenire, la seconda per spezzare l’allineamento di Trump all’Ucraina. In questo gioco tra bracconieri appare chiaro che la loro priorità non è la pace giusta o ingiusta e che Ucraina ed Europa sono le vittime designate. Nonostante ciò, i Paesi europei di Nato e Ue si dicono disposti a continuare la guerra contro la Russia a prescindere dalla Nato e dagli Usa. Questi Paesi e individui hanno riesumato la carica bellica che li ha sempre portati al disastro e alla smania dell’espansione colonialista. Parlano di opportunità per la costruzione di un’Europa più forte anche sul piano militare, in grado di riacquistare un peso significativo tra i grandi. Ammesso ci riescano, non sarebbe più la stessa Europa cui hanno aderito gli Stati per convivere e prosperare. Non sarebbe nemmeno un polo di stabilità aggiuntivo a quelli che si stanno formando nel mondo: sarebbe un incubo in più e un freno a qualsiasi progresso umano e materiale. Parlano di “ombrello nucleare europeo”, che non può sostituire quelli strategici statunitense e russo, ma può interferire sul loro equilibrio. Parlano di leadership francese, e fu Parigi a far fallire il progetto di Comunità europea di difesa. Era il tentativo di costruire l’Europa sulla sicurezza e la forza militare (come si vorrebbe oggi), prima che fosse costruita sul mercantilismo. Si parla di opportunità per costruire con il riarmo gli Stati Uniti d’Europa, quindi una cosa completamente diversa, che deve prevedere la rottamazione dell’attuale Unione. Tuttavia lo stesso progetto, che nel nome scimmiotta gli Stati Uniti d’America, non rende l’idea di cosa si tratti veramente. Gli Usa sono diventati tali con la colonizzazione, la ribellione, la rivoluzione, la Guerra d’indipendenza, la Guerra civile e l’espansione continentale. I profitti di due guerre mondiali li hanno resi ricchi e potenti ma con le guerre successive, tutte finite male, hanno perso dignità e rispetto. La loro democrazia “speciale”, assistita e voluta da Dio in persona, li ha portati alla divisione interna e all’arroganza del potere. Se questo è il modello scelto dall’Europa, si può augurare solo buona fortuna e, se non lo è, si tratta comunque del risultato offerto dalle attuali velleità. Parlano di pace da raggiungere con la guerra; di riarmarsi per dissuadere l’avversario, quando invece lo provocano. Pensano alla minaccia futura e vogliono prepararsi alla guerra tecnologica, ma il futuro si crea con il presente e se oggi si prepara la guerra, domani sarà guerra; gli automi e i guerrieri virtuali non faranno risparmiare vite umane, ma solo spendere di più per sopprimerle e provocare immani distruzioni. Si vis pacem, para bellum dicono, ma si deve preparare la guerra per farla e per vincerla, altrimenti la deterrenza non è credibile. Questa “credibilità” costa molto in termini finanziari, di sacrifici umani e materiali e comunque, che venga acquisita o meno, costituisce minaccia di guerra. La guerra è politica ed è continuazione della politica, dicono, ma è anche fallimentare. La politica che porta alla guerra è la negazione di sé stessa. In guerra le leggi cambiano, le priorità cambiano, la gente cambia. La politica del dopoguerra non è più quella di prima, né per i vincitori, tanto meno per i vinti. Ciò che dicono i promotori della guerra sono luoghi comuni spacciati per dogmi che rivelano solo l’incapacità di pensare alle relazioni tra Stati e comunità in senso cooperativo o competitivo, ma pacifico. L’incapacità di trovare alternative alle guerre, che esistono sempre e se non si vedono occorre inventarle. Si sono trovati mille pretesti falsi per fare la guerra, mai uno, vero o falso, per fare la pace. Si cerca di esorcizzare la guerra parlando di disarmo e scioglimento degli eserciti, come se gli strumenti fossero la causa delle guerre. In realtà la guerra è divenuta l’idea prevalente nelle menti di molti responsabili di governo eletti dalle nazioni o di quei funzionari designati a gestire Nato o Unione europea. Uomini e donne che non sanno governare, che non conoscono gli strumenti di cui dispongono, che non si curano dei sacrifici che impongono, che non sanno stabilire le priorità dei propri fini e mezzi. E di tale ignoranza la guerra si pasce e compiace.
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