UNA CASA COMUNE DELL’UMANITÀ da RIFLESSIONI
Una casa comune dell’umanità
CARLO ROVELLI 05/05/2025
Luigi Ferrajoli propone di trasferire parte della sovranità dei singoli Paesi a organismi sovranazionali. Guerra, minaccia nucleare, clima, migrazioni: serve una Costituzione globale tra gli Stati. Alcuni progetti possono sembrare utopie, ma queste ultime sono linee guida per il futuro
In ogni epoca, c’è qualche voce lucida e limpida che denuncia i rischi del tempo e indica direzioni per il futuro. Talvolta la lungimiranza di queste voci viene riconosciuta solo tardi, quando i rischi sono diventati realtà, e la saggezza delle direzioni indicate è diventata chiara. Qualche volta invece queste voci sono facili da individuare: la loro lungimiranza è palese a chi sia capace di ascoltare. Oggi, una di queste voci preziose è Luigi Ferrajoli.
Ferrajoli è giurista, teorico del diritto. La sua influenza intellettuale è ampia specialmente nel mondo latino. Ha ricoperto cariche istituzionali. Il suo campo è il costituzionalismo. Negli ultimi anni, il suo pensiero si è orientato verso l’articolazione di una proposta politica che credo il mondo intellettuale e tutta la politica dovrebbero prendere in considerazione seriamente. Nell’attuale disorientamento ideologico globale, dove le proposte classiche del liberalismo e del socialismo annaspano e mostrano limiti, questo pensiero ci offre uno strumento prezioso per una politica futura. La lucidità del suo ultimo testo, Progettare il futuro. Per un costituzionalismo globale (Feltrinelli), è impressionante.
La proposta è semplice: è necessario prospettare e promuovere un nuovo salto di civiltà alternativo al sonnambulismo della politica internazionale: un’espansione a livello globale del paradigma costituzionale. L’idea è semplice. All’interno degli Stati, un patto di civiltà ci permette di vivere insieme e ridurre la violenza, semplicemente trasferendo una parte di sovranità personale a un organismo statale capace di proteggere il bene comune. Quello che ci serve è costruire un simile patto di civiltà per vivere insieme fra Stati. Per evitare la guerra. Cioè trasferire una parte della sovranità degli Stati a organismi sovranazionali globali capaci di proteggere il bene comune, sotto l’ala di una costituzione globale.
Ferrajoli aveva illustrato questo progetto nel libro Per una Costituzione della Terra. L’umanità al bivio (Feltrinelli, 2022), che conteneva la bozza di una possibile Costituzione in 100 articoli (riportata in appendice nel suo nuovo libro). I suoi precedenti testi sono accademici e di lettura complessa, questo nuovo libro, invece, va direttamente al punto degli argomenti chiave e della proposta.
Gli argomenti di Ferrajoli sono difficili da mettere in discussione. Per la prima volta nella storia, osserva, il futuro dell’umanità è in pericolo. Ci sono problemi globali che non fanno parte dell’agenda politica dei governi nazionali, ma dalla loro soluzione dipende la sopravvivenza del genere umano: le guerre e il rischio serio di conflitti nucleari, il salvataggio del pianeta dal riscaldamento climatico, le disuguaglianze crescenti, la morte ogni anno di milioni di persone per mancanza di alimentazione di base e farmaci, le violazioni dei diritti umani di centinaia di migliaia di migranti, che tentano di fuggire da una di queste catastrofi.
È inverosimile, osserva Ferrajoli, che 8 miliardi di persone, 193 Stati sovrani — nove dei quali dotati di armamenti nucleari —, un capitalismo sovrastatale vorace e predatorio, e un sistema industriale ecologicamente insostenibile, possano sopravvivere a lungo senza andare incontro a guerre distruttive, alla devastazione della natura, al proseguimento della crescita delle disuguaglianze e della povertà, e a terrorismi, fanatismi, fondamentalismi, razzismi e criminalità transnazionale.
«L’umanità ha un solo, comune nemico: la nostra irrazionalità, che ci impedisce di affrontare insieme i problemi globali». Così il testo approvato da un gruppo di scienziati al termine della Conferenza di Pugwash del 1983. Oggi il disarmo generalizzato e il monopolio pubblico globale della forza appaiono utopici. Ma erano utopie anche la fine del feudalesimo aristocratico, le democrazie liberali, l’abolizione della schiavitù e il suffragio generale.
Le utopie sono linee guida per costruire il futuro. Il disarmo generalizzato e il monopolio pubblico globale della forza devono diventare obiettivo politico primario, distintivo e unificante di qualunque forza democratica. Forse questi obiettivi appaiono meno utopici se consideriamo che la maggioranza dei Paesi del mondo sta chiedendo di andare precisamente in questa direzione. Forse questi obiettivi appaiono meno utopici se consideriamo che chi si oppone sono — ovviamente — potenze egemoni che non hanno immediato interesse a sostituire il dominio egemone con una gestione democratica globale.
Forse questi obiettivi appaiono meno utopici se vediamo che la posizione peculiare di Paesi come l’Italia, basata su una sudditanza dorata, diventa più incerta in un frangente internazionale come quello attuale. È ora, penso, che il nostro Paese acquisti un po’ di lungimiranza. La soluzione alle novità del presente non è arroccarsi in una nuova alleanza militare armata fino ai denti contro un’altra. È lavorare per il rafforzamento di un’idea di convivenza mondiale democratica, basata sulla costruzione di una casa comune dell’umanità, non una foresta di lupi con i canini sempre più lunghi, pronti a sbranarsi.
Dall’inizio dell’era nucleare, per settant’anni abbiamo evitato la catastrofe quasi per miracolo, sfiorandola ripetutamente, ma non possiamo pensare che il miracolo si ripeta all’infinito. Le costituzioni non servono per vivere insieme con chi è eguale a noi: servono per vivere insieme con chi non lo è.
È tempo, io credo, di ricominciare a porsi le grandi domande sulla politica. Luigi Ferrajoli ci sta facendo una proposta preziosa, ragionevole, lungimirante. Vi prego, ascoltiamola. Nell’era nucleare il futuro dell’umanità è appeso a un filo sottile: il filo della convivenza internazionale.
in “Corriere della Sera” del 5 maggio 2025
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