NETANYAHU VUOLE UN GOVERNO MILITARE A GAZA. DA IL MANIFESTO e IL FATTO
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
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NETANYAHU VUOLE UN GOVERNO MILITARE A GAZA. DA IL MANIFESTO e IL FATTO

Netanyahu vuole un governo militare a Gaza. Ieri 29 morti

Striscia continua Gli analisti israeliani ne sono convinti e avvertono che saranno lanciati attacchi ancora più devastanti contro Gaza

Michele Giorgio  23/03/2025

L’attacco devastante contro Gaza, lanciato a inizio settimana da Israele per porre fine alla tregua e riprendere l’offensiva militare, non poteva che trascinare nel baratro della guerra anche il Libano, anch’esso vicino al crollo del cessate il fuoco. Tuttavia, anche ieri l’attenzione è rimasta concentrata su Gaza, sotto incessanti attacchi aerei e bombardamenti israeliani che hanno ucciso almeno 29 palestinesi. Le incursioni hanno colpito abitazioni civili a Gaza City e nel nord della Striscia, mentre Beit Hanoun è ancora bersaglio dell’artiglieria.

Le squadre di soccorso, ieri mattina, hanno recuperato i corpi di nove vittime, tra cui cinque bambini e una donna, dalle macerie della casa distrutta della famiglia Al-Mashharawi, nel quartiere di Tuffah a Gaza City. A Rafah, in serata, un drone ha ucciso quattro palestinesi.

Anche il centro della Striscia non è stato risparmiato: due persone sono state uccise da un attacco aereo nella zona di Al-Maghraqa, mentre nel campo di Nuseirat si registrano numerosi feriti. A Khan Yunis, l’ospedale Nasser è al collasso: il personale, ormai a corto di risorse, fatica a gestire il flusso incessante di feriti. «Bambino dopo bambino, giovane paziente dopo giovane paziente vengono portati d’urgenza nelle sale operatorie», ha raccontato il chirurgo britannico Sakib Rokadiya, volontario nella struttura. La maggior parte delle vittime sono donne, bambini e anziani. «Le uccisioni di massa si ripetono di continuo. Qui regnano disperazione e impotenza: siamo costretti a scegliere chi curare per primo», ha aggiunto un’infermiera.

Indignazione ha suscitato la distruzione totale, due giorni fa, dell’ospedale oncologico «Turkish Friendship», situato nel Corridoio Netzarim, il passaggio che divide Gaza da est a ovest. Il primario, Zaki Al-Zaqzouq, ha espresso incredulità: «Non riesco a capire cosa si possa guadagnare bombardando un ospedale che era un’ancora di salvezza per tanti pazienti».

Il ministero della Salute di Gaza ha riferito che, nelle ultime 48 ore, 130 palestinesi sono stati uccisi e altri 263 feriti. Dall’inizio della nuova offensiva, il 18 marzo, il bilancio è salito a 634 vittime e oltre 1.100 feriti. Dal 7 ottobre 2023, si contano 49.700 morti e 113.000 feriti.

Germania, Francia e Regno Unito esprimono «orrore» per il crescente numero di vittime civili, chiedono il ritorno immediato al cessate il fuoco e sollecitano Israele a rispettare il diritto internazionale e a consentire l’afflusso di aiuti umanitari. Tuttavia, restano solo parole: nessuno di questi Paesi, né l’Unione Europea nel suo complesso, ha intrapreso azioni concrete per fermare la distruzione di Gaza.

Nel frattempo, Hamas sta valutando il cosiddetto «piano ponte» proposto dall’inviato statunitense Steve Witkoff, che prevede un’estensione della tregua fino ad aprile. Anche l’Egitto ha avanzato una proposta simile, ma il movimento islamico non ha ancora dato una risposta ufficiale. Fatah, il partito su cui si fonda l’Autorità Nazionale Palestinese di Abu Mazen, ha esortato Hamas a lasciare il potere, avvertendo che l’intensificarsi dell’offensiva israeliana potrebbe portare alla scomparsa della presenza palestinese nella Striscia di Gaza. Hamas, da parte sua, ribadisce di «non avere alcuna ambizione di governare Gaza», ma sottolinea la necessità di un «consenso nazionale» per l’amministrazione del territorio.

Il timore di una «pulizia etnica» a Gaza cresce di giorno in giorno, non solo per il piano – o la proposta – attribuita a Donald Trump di espellere la popolazione palestinese per trasformare la Striscia nella «Riviera del Medio Oriente», ma anche per la brutalità dell’offensiva israeliana. Secondo Amos Harel, analista di Haaretz, il governo Netanyahu e i vertici militari israeliani stanno preparando un’offensiva terrestre su vasta scala. Il nuovo capo dell’esercito, Eyal Zamir, intende mobilitare diverse divisioni, comprese unità di riserva, per completare la distruzione delle capacità militari di Hamas e, di fatto, dell’intera Striscia.

L’obiettivo dichiarato dal governo Netanyahu è quello di costringere Hamas a liberare gli ostaggi attraverso la pressione militare. Quello reale, invece, sembra essere l’istituzione di un governo militare israeliano a Gaza e il controllo sulla distribuzione degli aiuti umanitari. Questa prospettiva ha suscitato divisioni anche in Israele. L’ex capo di stato maggiore, Herzi Halevi, ha messo in guardia contro il rischio che i soldati israeliani si ritrovino direttamente coinvolti nella gestione della popolazione civile. Nel frattempo, l’estrema destra israeliana spinge per favorire quella che definisce «migrazione volontaria» dei palestinesi.

Netanyahu ha il sostegno di Trump per un’azione di forza, ma a frenarlo non sono solo le famiglie degli ostaggi ancora a Gaza. La ripresa dell’offensiva ha inasprito le tensioni anche tra i riservisti dell’esercito, alcuni dei quali minacciano di interrompere il servizio in segno di protesta contro la «guerra permanente» del primo ministro.

Uk, Francia e Germania contro Bibi. Italia assente

Sabrina Provenzani  23 Marzo 2025

“Indignati per il numero di vittime, Fermatevi”

Londra. “Siamo indignati per il numero di vittime civili e chiediamo con urgenza il ritorno immediato al cessate il fuoco”. Con queste parole, i ministri degli Esteri di Francia, Germania e Regno Unito hanno lanciato oggi un appello congiunto per porre fine all’escalation di violenza nella Striscia di Gaza.
La dichiarazione, firmata da Jean-Noël Barrot, Annalena Baerbock e David Lammy, arriva in risposta alla ripresa delle operazioni militari israeliane che hanno infranto una tregua di due mesi. Secondo la Difesa Civile di Gaza, un’organizzazione indipendente da Hamas che fornisce servizi di emergenza e protezione civile alla popolazione di Gaza, simile alla Protezione civile in altri paesi, le vittime palestinesi dei bombardamenti israeliani sono oltre 500 da martedì scorso.
“Questa è una drammatica battuta d’arresto per la popolazione di Gaza, gli ostaggi, le loro famiglie e l’intera regione”, hanno affermato i ministri, sottolineando l’urgenza della situazione. Il cessate il fuoco, iniziato il 19 gennaio 2025, è stato violato il 18 marzo da Israele, che ha lanciato una serie di attacchi aerei su Gaza, prendendo di mira operativi di Hamas, ma causando anche vittime civili.

L’Unicef riporta che sono oltre 190 i minori fra le vittime, con ospedali sopraffatti e consegne di aiuti umanitarie interrotte. Di fronte a questa crisi umanitaria, i tre ministri hanno esortato Israele “a rispettare pienamente il diritto internazionale e a consentire immediatamente la consegna degli aiuti”. Pur riconoscendo che “Hamas non deve più governare Gaza o rappresentare una minaccia per Israele”, la dichiarazione sottolinea che “questo conflitto non può essere risolto con mezzi militari” e che “ulteriori spargimenti di sangue non sono nell’interesse di nessuno”.
I ministri hanno invitato tutte le parti a riprendere i negoziati affinché il cessate il fuoco sia attuato nella sua interezza e diventi permanente: un passo previsto dagli accordi, e considerato cruciale per garantire una soluzione duratura e prevenire ulteriori sofferenze per la popolazione civile. Israele difende la violazione degli accordi di cui si erano fatti garanti anche gli Usa, affermando che sarebbe stato Hamas a violare la tregua rifiutando una revisione, a posteriori, dei termini del cessate il fuoco. Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha promesso di continuare le operazioni fino al raggiungimento degli obiettivi israeliani, tra cui la liberazione degli ostaggi e il controllo totale su Gaza. L’Italia è vistosamente assente da questa dichiarazione congiunta o da qualsiasi condanna dell’operato di Israele. il Ministro degli Esteri Antonio Tajani si è limitato a dichiarare il 21 marzo scorso: “Siamo molto preoccupati, speriamo che si possa tornare al dialogo, speriamo che gli ostaggi israeliani possano essere liberati, che cessi ogni azione militare contro la popolazione civile, anche se l’obiettivo è Hamas”.
La situazione a Gaza è critica, con ospedali e infrastrutture essenziali gravemente danneggiati. Le organizzazioni umanitarie internazionali stanno facendo appello per un immediato accesso alla regione per fornire assistenza medica e alimentare. La dichiarazione si conclude con un appello alla diplomazia e la riproposizione della soluzione dei due Stati, che nel contesto attuale appare lontanissima: “Un cessate il fuoco duraturo è l’unica via credibile verso una pace sostenibile, una soluzione a due Stati e la ricostruzione di Gaza”.

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