LA STORIA NON INSEGNA da IL FATTO e IL MANIFESTO
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
Cultura, Saperi, Università, Dialogo
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LA STORIA NON INSEGNA da IL FATTO e IL MANIFESTO

La storia non insegna

Pino Corrias  26 Gennaio 2025

Sfogliate il libro delle nefandezze umane. Alla pagina dell’anno 1619, mese di agosto, troverete l’immagine di schiavi denudati e incatenati in fila per entrare nella stiva della nave Sao Joao Baptista e poi della White Lion, i bastimenti negrieri che dalle spiagge dell’Angola portavano i primi 33 schiavi a Jamestown, Virginia. Quello era il viaggio di andata. E ora confrontate quella immagine, dipinta 406 anni fa, con la fotografia rilasciata dalla Casa Bianca del 47° presidente Donald Trump, intitolata “Deportazione!”, dove la scena è clamorosamente capovolta, ci sono una trentina di disgraziati in fila indiana e in catene, come si addice agli schiavi, che stanno salendo dentro la stiva dell’aereo da trasporto militare per essere espulsi, buttati via, come si fa con gli avanzi di un pranzo durato 4 secoli. Uomini in divisa e armati di fucile mitragliatore controllano la partenza degli schiavi rinominati “clandestini”, proprio come quattro secoli fa i trafficanti bianchi, armati di mazze e spade controllavano gli arrivi dei “selvaggi” appena razziati dai villaggi africani. Dopo quei 33 schiavi in America ne sono arrivati tra i 9 e i 15 milioni, nessuno è in grado di conteggiare uomini e donne che valevano qualcosa in vita e nulla da morti. Hanno lavorato nei campi prima della canna da zucchero poi in quelli di cotone a costo zero, se si esclude il cibo per il sostentamento delle braccia. Generando una formidabile ricchezza nell’America dei pellegrini bianchi che di genocidio in genocidio, sgomberarono le terre dell’oro e della frontiera. Fino a decollare verso i fasti economici della Rivoluzione industriale proprio come i cugini dell’impero britannico che prelevavano schiavi dall’Africa all’Oriente. L’abbiamo chiamato progresso, ce ne vantiamo, convinti come siamo che la crudeltà servita ieri e rinnovata oggi, resterà per sempre nel conto dei debiti sospesi.

«Inondare di merda» 100 ore per far fuori l’eredità di Biden

Stati uniti Ai più è però sfuggito che l’amministrazione Trump è già al lavoro per costruire campi di concentramento, pudicamente definiti «strutture di detenzione», incaricando il dipartimento per la Homeland Security di «costruire, gestire, controllare o utilizzare strutture per trattenere gli stranieri rimovibili»

Fabrizio Tonello  26/01/2025

Tutto è iniziato pochi minuti dopo le 12 di lunedì scorso con la firma del primissimo ordine esecutivo: un bizzarro testo intitolato Initial Rescissions of Harmful Executive Orders and Actions che revocava ben 79 (settantanove!) provvedimenti del suo predecessore democratico. Il voluminoso Iniziali annullamenti di ordini esecutivi e azioni dannose spazia dalle banalità come l’ordine di successione all’interno del dipartimento dell’Agricoltura a questioni ben più sostanziose come il trattamento dei migranti, l’uso dei social media, le iniziative per promuovere l’equo trattamento delle minoranze.

Questo minestrone di ordini, azioni e minacce nei confronti degli oppositori non aveva nulla di casuale, al contrario: era una perfetta dimostrazione del metodo, inventato da Steve Bannon: «Flood the zone with shit», ovvero sommergere l’ecosistema della comunicazione con una valanga di informazioni fuorvianti o completamente false. Lo scopo: creare confusione e rendere impossibile per i cittadini identificare le informazioni accurate in mezzo al rumore di fondo.

L’ex consigliere di Trump durante il primo mandato aveva pubblicamente rivendicato la strategia in un’intervista del 2018 con il giornalista Michael Lewis: «I democratici non contano. La vera opposizione sono i media. E il modo per affrontarli è inondare la zona di merda».

Non stupisce, quindi, che Initial Rescissions includa minacce ad personam insieme alla revoca dei decreti varati da Biden per affrontare l’epidemia Covid-19, ereditata da Trump, che nel 2020 aveva fatto centinaia di migliaia di morti fra gli americani. C’è poi l’ordine di eliminare le modeste iniziative a favore delle minoranze note come Dei (diversità, equità e inclusione). Secondo il testo, l’azione dell’amministrazione Biden in questo campo avrebbe «corrotto» le istituzioni, «sostituendo il duro lavoro, il merito e l’uguaglianza con una gerarchia preferenziale divisiva e pericolosa».


Pochi minuti dopo veniva pubblicato il Restoring Freedom of Speech and Ending Federal Censorship Executive Order che si presentava come una difesa del Primo emendamento della Costituzione degli Stati uniti, affermava: «Negli ultimi 4 anni, la precedente amministrazione ha calpestato il diritto alla libertà di parola censurando i discorsi degli americani sulle piattaforme online, spesso esercitando una sostanziale pressione coercitiva su terzi, come le aziende proprietarie di social media, affinché moderassero, escludessero dalle loro piattaforme o sopprimessero in altro modo i discorsi che il Governo federale non approvava. Con il pretesto di combattere la ‘disinformazione’ e la ‘cattiva informazione’, il governo federale ha violato il diritto di parola costituzionalmente protetto dei cittadini americani». Lo scopo di questa stupefacente manifestazione di ipocrisia era naturalmente quello di permettere a Elon Musk e a Fox News di continuare impunemente a diffondere le menzogne più sfacciate, come la storia degli immigrati haitiani che «mangiavano cani e gatti» a Springfield, in Ohio, diffusa prima delle elezioni.

Soprattutto, la frenesia delle prime ore era diretta contro i migranti, di cui abbiamo molto parlato nei giorni scorsi e di cui mercoledì abbiamo visto una foto mentre il primo gruppo, ammanettato, veniva condotto su un aereo. Ai più è però sfuggito che l’amministrazione Trump è già al lavoro per costruire campi di concentramento, pudicamente definiti «strutture di detenzione», incaricando il dipartimento per la Homeland Security di «costruire, gestire, controllare o utilizzare strutture per trattenere gli stranieri rimovibili» (il Texas ha già offerto un sito).

Giovedì Trump interveniva in teleconferenza al forum di Davos, dove minacciava gli europei su tutti i fronti: dai dazi che intenderebbe introdurre alle spese militari, che dovrebbero salire al 5% del pil (per l’Italia questo significherebbe grosso modo quadruplicare la spesa attuale in armamenti). Per il momento, Stellantis ha annunciato che, dopo un incontro fra John Elkann e Trump riavvierà una fabbrica in Illinois e costruirà la nuova Dodge Durango a Detroit.

Venerdì alle 11, quasi alla scadenza delle prime 100 ore, Trump era in North Carolina dove dichiarava che «La Fema ci ha davvero deluso, ha deluso il Paese» lasciando intendere che l’agenzia, che corrisponde alla nostra Protezione civile, potrebbe essere abolita, il che non sembra di buon augurio per gli incendi tuttora in corso a Los Angeles o per la prossima stagione dei tifoni in arrivo dal Golfo del Messico (nel frattempo ribattezzato Golfo americano) .

Bilancio delle 100 ore? Il sito della Casa Bianca vanta, «centinaia di azioni esecutive» (in realtà i decreti sono 33, gli altri sono annunci, discorsi o tweet). Mancano 93 giorni alla scadenza del cliché dei primi 100 giorni e il mondo assiste, terrorizzato.

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