IL PIANO DELLA LEGA ARABA PER GAZA FA PROSELITI ANCHE IN EUROPA da IL MANIFESTO
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IL PIANO DELLA LEGA ARABA PER GAZA FA PROSELITI ANCHE IN EUROPA da IL MANIFESTO

Il piano della Lega araba per Gaza fa proseliti anche in Europa

Striscia continua «Percorso realistico» secondo Francia, Germania, Italia e Regno Unito. Ma Netanyahu ha tutt’altri piani. Hamas ottimista sulla fase due della tregua, malgrado la ripresa dei raid sia data in Israele per imminente

Eliana Riva  09/03/2025

La diplomazia in Medioriente sembra al momento viaggiare su una direttrice solitaria, discordante e contrapposta ai piani di Tel Aviv e ai proclami Usa. Ieri Hamas ha dichiarato di leggere «segnali positivi» per l’avvio dei colloqui sulla seconda fase del cessate il fuoco. Dichiarazione che Israele ha immediatamente smentito, comunicando che non c’è «nessun progresso».

La delegazione di alti funzionari del gruppo islamico è ancora al Cairo per discutere sulla possibilità di riprendere le trattative e giungere a una tregua definitiva. Intanto, anche i 57 paesi dell’Organizzazione della cooperazione islamica (Oic) adottano il piano egiziano per la Gaza post-conflitto, già approvato lo scorso 4 marzo dalla Lega araba e rigettato da Israele e Usa. «Ora il piano è diventato arabo-islamico» ha detto il ministro degli Esteri egiziano Badr Abdelatty.

Poche ore dopo l’annuncio, i ministri degli Esteri di Italia, Francia, Germania e Regno Unito hanno dichiarato di accogliere «con favore l’iniziativa araba di un piano di ripresa e ricostruzione per Gaza». Nel comunicato congiunto si legge che «indica un percorso realistico per la ricostruzione» e promette un miglioramento «delle catastrofiche condizioni di vita dei palestinesi». Lo schema prevede la formazione di un comitato di tecnocrati palestinesi indipendenti che governeranno per sei mesi la Striscia, gestendo la situazione degli aiuti umanitari e l’inizio della ricostruzione, per cui serviranno 53 miliardi di dollari. Dopo sei mesi, sarà l’Autorità nazionale palestinese (Anp) ad amministrare l’enclave, senza Hamas. Ed è questo il punto dolente. Il cessate il fuoco ha dimostrato a Israele che la sua guerra lunga e sanguinosa non è riuscita a sconfiggere il gruppo islamico. Ma anche se gli Stati arabi dovessero in qualche modo convincere Hamas, Cisgiordania e Gaza unite sotto il sostegno di Fatah e dell’Anp rappresenterebbero forse uno scenario ancor più pericoloso per Netanyahu.

«LA LOGICA DI NETANYAHU», scrive il quotidiano israeliano Haaretz, «presuppone l’imperativo assoluto di impedire a tutti i costi la creazione di uno stato palestinese. Ecco perché ha lavorato così duramente negli ultimi decenni per mantenere Hamas al potere a Gaza».

L’atmosfera di ottimismo e sostegno che comincia, timida, a vorticare intorno al piano egiziano, erodendo supporto e credibilità alla proposta di deportazione di massa del presidente Donald Trump, si scontra quindi con le indiscrezioni che circolano sulla stampa israeliana. Il Jerusalem Post aveva riferito, già a inizio settimana, che se non ci fosse stata una svolta nei colloqui, l’esercito di Tel Aviv avrebbe ripreso il suo attacco a Gaza entro dieci giorni. Venerdì sera l’emittente pubblica Kan 11 ha rivelato che il governo ha già ordinato ai vertici militari di prepararsi a un ritorno «immediato» dei combattimenti.

In effetti, gli attacchi nella Striscia sono già diventati più numerosi. I droni hanno ferito ieri più di dieci persone. Due sono state uccise a Rafah. Sette sono state colpite mentre rimuovevano con un bulldozer le macerie a Beit Hanoun, nel nord. Il numero delle vittime nell’enclave dal 7 ottobre 2023 è salito a 48.453, 111.860 i feriti. Un enorme incendio è divampato a nord di Gaza City, nei magazzini pieni di scorte alimentari conservate durante il cessate il fuoco. La protezione civile ha fatto sapere di non essere riuscita subito a spegnere l’incendio a causa della carenza di mezzi. Hamas ha dichiarato che il blocco di cibo e medicine operato da Israele avrà ripercussioni su tutti nella Striscia, inclusi gli ostaggi.

In Cisgiordania un altro attacco di coloni israeliani a Masafer Yatta, a sud di Hebron, si è concluso con l’intervento dei militari israeliani che hanno arrestato tre palestinesi residenti. Nell’appuntamento ormai fisso di raid durante lo «Shabbat», i coloni hanno anche attaccato il villaggio palestinese di Ein al-Auja, a nord di Gerico, rubando 800 pecore.

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