GUERRA UCRAÌNA, GIORGIA MELONI SOLO “PARA BELLUM” da IL MANIFESTO e IL FATTO
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
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GUERRA UCRAÌNA, GIORGIA MELONI SOLO “PARA BELLUM” da IL MANIFESTO e IL FATTO

Guerra ucraìna, Giorgia Meloni solo «para bellum»

ANALISI . La presidente del Consiglio esclude le possibilità della pace e mostra così di non conoscere il pensatore di destra Carl Schmitt che metteva in guardia contro la guerra mondiale a pezzi

Raffaele K. Salinari  29/06/2023

La presidente del Consiglio, nella sua risposta al Parlamento rispetto al conflitto tra Russia e Ucraina assume la famosa sentenza di Vegezio: si vis pacem para bellum.

In altre parole, se si vuole sostenere un processo di pace «giusto» – naturalmente senza mai proferire la parola «cessate il fuoco» o dire chi ne dovrebbe essere il protagonista, se non addirittura definire come fa qualcuno in tv «delirante» la missione del cardinale Zuppi a Mosca» – , bisogna mantenere il conflitto, continuare a fare la guerra, sino ad arrivare ad un sostanziale equilibrio tra le parti. Ora, considerando i contendenti, così facendo si sposta pericolosamente in avanti quel «limite ignoto», tante volte evocato da questo giornale.
E ALLORA, A TAL PROPOSITO, cerchiamo di fornire alla premier Meloni alcuni elementi analitici, che traiamo da Carl Schmitt, costituzionalista caro alla destra, e tuttavia pensatore di grande profondità e lucidità quando si trattava di esaminare le costanti della Storia e le relazioni geopolitiche che da esse nascevano. In particolare, nel suo Nomos della Terra, con una anticipazione quasi visionaria, descrive minuziosamente, dopo la messa al bando formale della guerra da parte delle Nazioni Unite, l’avvento di una varietà di conflitti asimmetrici che sfocerebbero ad un certo punto, a suo dire, in una vera e propria «guerra civile globale» (Weltbürgerkrieg).

QUESTA «ABISSALE conclusione», come egli stesso la definiva, nasce dalla constatazione che non basta certo abolire la guerra come formalismo giuridico per evitarla nella realtà dei fatti storici, anzi: proprio perché la guerra non è più, secondo al celebre definizione di Clausewitz, «la prosecuzione della politica con altri mezzi», in altre parole regolata da norme chiare e condivise dai belligeranti, ecco il moltiplicarsi di conflitti di ogni genere; è, in fondo l’anticipazione di quella «guerra mondiale a pezzi» di cui parla papa Francesco, che non a caso ha inviato il presidente della Cei Zuppi in missione di pace.

E allora, di fronte a questo possibile scenario, oggi richiamato dall’attualità dalla «operazione speciale» della Russia in Ucraina con le temute implicazioni globali, l’esigenza è quella di «ripensare le guerre», ridefinirle cioè in un quadro organico che possa dare una visione complessiva di ciò che, di fatto, appartiene ad uno scenario che le forze conservatrici vorrebbero imporre anche con la forza di una «guerra globale costituente».

A questo proposito riportiamo le riflessioni di Schmitt sull’entrata degli Usa nella Prima Guerra Mondiale. Sono le motivazioni «umanitarie» quelle che lo colpiscono di più; infatti, Wilson impegna gli Stati Uniti contro «la guerra tedesca, condotta contro tutte le nazioni del mondo, ovvero contro l’umanità». Questo giudizio spinge il presidente americano ad impegnare la sua nazione per «garantire attivamente la libertà dei popoli e la pace mondiale».
A PARTIRE DA QUESTA analisi, dove sono già contenuti tutti gli elementi portanti della fase geopolitica che stiamo vivendo – denuncia di una guerra di una parte contro tutta l’umanità, il relativo giudizio di condanna morale, la volontà di portare libertà e pace a tutti i popoli della terra contrastando il nemico – la Germania veniva dichiarata hostis generis humani – espressione sino ad allora normalmente usata per la criminalità organizzata internazionale come la pirateria – e dunque considerata un nemico nei confronti del quale «la neutralità non è né moralmente legittima né praticabile».

Le riflessioni di Schmitt si compongono in una finale, apocalittica profezia: l’avvento di una «guerra totale asimmetrica e di annientamento». Queste riflessioni sembrano scaturite da un think tank che prenda in oggettiva considerazione ciò che sta avvenendo a livello globale. E a maggior ragione Schmitt si oppone all’idea di chi presenta le proprie guerre come guerre condotte in nome e a vantaggio di valori comuni all’intera umanità. E allora, che fare?
PRIMA DI TUTTO EVITARE evidentemente di creare, tenendo ben presente questo quadro, la possibilità che nuovi conflitti scoppino. Prevenire è meglio che curare, e dunque continuare a sottrarre risorse agli Obiettivi dello Sviluppo Sostenibile, come sostengono gli aderenti alla Campagna 070 e all’ASVIS, che richiederebbero per combattere, questo sì, la povertà, l’analfabetismo i cambiamenti climatici, e dunque le cause principali delle guerre di oggi e domani, per sostenere la corsa agli armamenti, è criminale ed insensato.

Secondo, asciugare con una convinta azione multilaterale gli stagni melmosi dei vari conflitti regionali, spesso guerre per procura, che spesso nascono proprio da situazione di mancato sviluppo, di promesse di aiuto non mantenute, da interessi oscuri che prosperano nel caos. Terzo, ma non ultimo, ridare alle Nazioni Unite il ruolo di garante della sicurezza globale, non depotenziandola a favore di alleanze militare parziali, ma di un corpo di pace stabile e politicamente sostenuto, in grado non di fallire miseramente ma dimostrare che, come per una guerra comune vinta da tutta l’umanità, quella contro il Covid, il dialogo può essere più risolutivo delle armi.

De Masi: “La vigliaccheria è mandare armi: così sono massacri fatti per procura”

IL SOCIOLOGO – In Aula è stato chiamato in causa da Meloni: “Se c’è un punto chiaro di discrimine tra destra e sinistra è il rapporto con la guerra”

SALVATORE CANNAVÒ   29 GIUGNO 2023

“Ho visto un’intervista del professor De Masi, filosofo del Movimento 5 Stelle, che diceva che è meglio vivere sotto una dittatura piuttosto che morire. Voi capite bene come questa sorta di esegesi della vigliaccheria di fatto faccia strage di secoli di civiltà europea”.

Giorgia Meloni chiama in causa, in Parlamento, un normale cittadino come il professor Domenico De Masi, sociologo apprezzato e oggi direttore della Scuola del Fatto. “Non sono il guru dei 5 Stelle – risponde De Masi –, sono demasiano, ho le mie idee e le scrivo. Vigliacco è attaccare una persona assente che non può difendersi”

Meloni le rimprovera di aver privilegiato le dittature.

Se il detto di Orazio, dulce et decorum est pro patria mori, “dolce e decoroso è morire per la patria”, sia vero o no va chiesto alle centinaia di migliaia di ucraini che sono morti o feriti per la patria e ai milioni che sono dovuti scappare. Alla guerra si poteva rispondere con la guerriglia ipotizzando che un nemico troppo forte si poteva attaccare con una guerriglia molto più intelligente. La guerriglia poi consente alla diplomazia di agire meglio.

Come spiega un attacco così netto?

Se c’è un punto chiaro di discrimine tra destra e sinistra è il rapporto con la guerra. È una differenza permanente, anche se nella Prima guerra mondiale una parte di socialisti aderì alla guerra. Non c’è nulla di male che la destra sia guerrafondaia, ma è doveroso che la sinistra sia dalla parte avversa.

La sua non è un’esegesi della vigliaccheria?

Non si tratta di una scelta tra coraggio e vigliaccheria, ma tra intelligenza e idiozia. Nel Risorgimento, quando c’era lo spirito patriottico, i Paesi non mandavano armi, ma uomini armati. La vigliaccheria è mandare armi per far massacrare le persone per procura.

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