FASCIOLIBERISMO, ANCHE LO SPAZIO PRIVATIZZATO da IL MANIFESTO e IL FATTO
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
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FASCIOLIBERISMO, ANCHE LO SPAZIO PRIVATIZZATO da IL MANIFESTO e IL FATTO

Fascioliberismo, anche lo spazio privatizzato

Scenari Un Trattato Onu, firmato anche dagli Usa, dichiara lo spazio extra-atmosferico patrimonio dell’umanità. Ora è violato dal monopolio di Elon Musk con i suoi attuali 7mila satelliti

Luigi Ferrajoli  09/01/2025

«L’esplorazione e l’utilizzazione dello spazio extra-atmosferico, compresi la luna e gli altri corpi celesti, saranno svolte a beneficio e nell’interesse di tutti i paesi, quale che sia il grado del loro sviluppo economico o scientifico, e saranno appannaggio dell’intera umanità». È il testo dell’articolo 1 del Trattato sulle attività nello spazio extra-atmosferico concluso a Washington il 27 gennaio 1967 e approvato da quasi tutti i paesi membri dell’Onu, inclusi gli Stati Uniti e l’Italia. Che l’hanno ratificato rispettivamente il 10 ottobre 1967 e il 18 gennaio1981.

È una norma chiara e semplice, clamorosamente violata dal quasi monopolio dello spazio extra-atmosferico acquisito di fatto da Elon Musk. Quasi tutti i satelliti in orbita intorno al nostro pianeta – più di 7.000 di cui 6.176 operativi – sono infatti satelliti Starlink, di sua proprietà, e si prevede che raggiungeranno presto la cifra di 12.000.

È AVVENUTA, IN BREVE, un’appropriazione privata dello spazio pubblico extra-atmosferico, che fa di Musk la persona non solo più ricca (473 miliardi di dollari), ma anche più potente del mondo. È difficile calcolare una simile potenza, consistente nella gestione dell’accesso veloce a Internet a livello globale e destinata a crescere in maniera esponenziale. Il futuro contratto di Musk con l’Italia – il primo paese che ha avviato una simile trattativa – affiderebbe alla sua gestione e al suo controllo tutte le comunicazioni in tema di sicurezza pubblica, dalle informazioni in materia militare a quelle relative alle relazioni diplomatiche, ai servizi segreti e alla protezione civile. La nostra sicurezza sarebbe di fatto privatizzata, in mano per di più a uno straniero, apertamente schierato con le parti politiche più reazionarie dell’Occidente.

Come è potuto accadere tutto questo? Il trattato del 1967 sugli spazi extra-atmosferici e, insieme, la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 10 dicembre 1982, che chiama «patrimonio comune dell’umanità» le aree di alto mare e le loro risorse, disegnano un frammento di demanio planetario che comporta ovviamente il divieto della sua utilizzazione e del suo controllo da parte dei privati. È chiaro che l’utilizzazione dello spazio extra-atmosferico da parte delle migliaia di satelliti di proprietà di Musk (e non solo di Musk, ma anche di altri privati) non avviene, come vorrebbe la norma all’inizio ricordata, «a beneficio e nell’interesse di tutti i paesi». Avviene nell’interesse esclusivo del signor Musk, che grazie ai profitti ricavati dall’utilizzazione di uno spazio che è «appannaggio dell’intera umanità», cioè di tutti noi, ha illegittimamente acquistato una ricchezza e una potenza sconfinate.

SI SPIEGA CON QUESTA enorme potenza, maggiore forse di quella di qualunque capo di Stato, la disinvolta arroganza con cui Musk interferisce nella politica di tanti paesi europei: affermando che i giudici italiani non fedeli al governo Meloni «devono andarsene», insultando il premier inglese Keir Starmer, chiamando «strega malvagia» la sua ministra per la tutela delle donne Jess Phillips, sostenendo in Inghilterra l’attivista fascista Tommy Robinson e schierandosi, nelle prossime elezioni tedesche, con l’ultradestra di AfD.

Stiamo evidentemente assistendo a una mutazione dello stesso capitalismo neoliberista, che fino ad oggi ha devastato la sfera pubblica e sottomesso la politica all’economia, mantenendo tuttavia la separazione formale tra le due sfere. Il fenomeno Musk segnala un’involuzione ulteriore: una sorta di regressione premoderna allo stato patrimoniale dell’età feudale, quando la politica non si era separata dall’economia quale sfera pubblica ad essa sopraordinata. Oggi siamo di fronte al diretto governo privato e al tempo stesso globale di settori fondamentali della vita civile e della vita pubblica. Trattandosi di un governo privato esso consiste anche in un potere assoluto. Sfera pubblica, separazione dei poteri e diritti fondamentali sono concetti ad esso estranei e con esso incompatibili.

Naturalmente tutto questo è contro il diritto, puramente e semplicemente ignorato dai mercati e dalla politica, che l’hanno sostituito con l’assoluta sovranità dei grandi poteri economici e finanziari privati. Naturalmente è inverosimile che a una simile perversione si opponga il nuovo presidente americano Trump, che grazie ai finanziamenti di Musk è stato eletto e che di Musk condivide l’ideologia. Deboli, incerte e sostanzialmente impotenti sono state finora le proteste dell’Unione Europea e dei suoi paesi membri.

Chi invece ha voluto inaugurare anche formalmente la subordinazione della sfera pubblica a questo nuovo governo privato e globale dell’informazione e della comunicazione è stato, non a caso, il governo, sedicente sovranista e nazionalista, del nostro paese, che sta trattando il pagamento di un miliardo e mezzo di dollari in cambio di attività che controlleranno la nostra sicurezza utilizzando uno spazio appartenente all’intera umanità.

Missione Groenlandia: idea di Biden

Strategia per l’Artico –

Salvatore Cannavò  9 Gennaio 2025

Il segretario di Stato Usa, Antony Blinken, rassicura tutti dopo le parole di Donald Trump sull’annessione della Groenlandia agli Stati Uniti: “Questo non accadrà e quindi non c’è motivo di dedicarci del tempo”. Si rivolge soprattutto ai paesi europei che hanno reagito con allarme: dalla Francia, che ha parlato di “una forma di imperialismo”, alla Germania dove il cancelliere Olaf Scholz ha ribadito che “il principio dell’inviolabilità delle frontiere vale per ogni Paese”, mentre la Commissione è sembrata più cauta. Non è chiaro quanto Trump, abbia voluto provocare o quanto sia una variabile impazzita. Quello che però è certo è che dietro le parole “Groenlandia” o “Panama” si legge “Cina”. E anche l’insistenza sul Canada – con l’immagine della mappa degli Usa comprensiva dello “Stato” canadese – va in questa direzione: nello scontro globale con Pechino, Trump avrà bisogno di accumulare più forza e più alleati solidi, quello che Justin Trudeau non era.

Ma questa preoccupazione non è un’esclusiva di Trump. Lo conferma la Strategia per l’Artico elaborata nel giugno 2024 dal Dipartimento della Difesa (DoD) ancora a guida democratica. Un documento “per preservare l’Artico come una regione stabile in cui la patria degli Stati Uniti rimane sicura e gli interessi nazionali vitali sono salvaguardati”. Il cambiamento climatico e lo scioglimento dei ghiacci rendono le terre artiche sempre più navigabili e sempre più perforabili e quindi “le attività nell’Artico saranno calibrate in modo da riflettere un approccio di ‘monitoraggio e risposta’” che non esclude “il valore deterrente della capacità del DoD di dispiegare la Forza congiunta a livello globale nel momento e nel luogo di nostra scelta”. L’intervento militare in un’area che “include il territorio sovrano degli Stati Uniti in Alaska e il territorio sovrano degli alleati della Nato tra cui il Canada e il territorio autonomo del Regno di Danimarca, la Groenlandia” è quindi già previsto. Con l’obiettivo di concentrarsi “sulla sfida della Repubblica Popolare Cinese (Rpc) a livello globale”.

Come scrive l’Economist in Groenlandia “ci sono, in totale, 50 ‘minerali critici’” che attualmente sono per lo più forniti dalla Cina. L’estrazione è ancora in una fase embrionale, ma i siti perforabili sono 170 rispetto ai 12 di dieci anni fa. Le aziende Usa sono già lanciate come ad esempio “KoBold Metals, finanziata da Bill Gates, e da Jeff Bezos”. Ma la Cina ha le sue mire sulla zona artica come spiega nel proprio documento strategico che risale al 2018, La politica artica della Cina, in cui si parla di una “Via della Seta Polare” attraverso lo sviluppo delle rotte di navigazione artiche. La Cina, pur non avendo sbocchi sull’artico, è membro osservatore del Consiglio artico ed è consapevole, come scrive nel documento del 2018, che “man mano che la globalizzazione economica e l’integrazione regionale si sviluppano e si approfondiscono ulteriormente, l’Artico sta acquisendo importanza globale”. Il DoD quindi avverte: “Pur non essendo una nazione artica, la Rpc sta cercando di sfruttare le dinamiche in evoluzione nell’Artico per ottenere maggiore influenza e accesso, sfruttare le risorse artiche e svolgere un ruolo più ampio nella governance regionale”. Gli Usa sono preoccupati per i rompighiaccio cinesi – Xue Long, Xue Long 2 e Zhong Shan Da Xue Ji Di – “che consentono alla Rpc di svolgere una duplice attività di ricerca civile e militare nell’Artico” e la sua “Via della Seta Polare” è stata utilizzata per guadagnare terreno nell’Artico. Poi c’è la minaccia russa, le cui “capacità nell’Artico sono potenzialmente in grado di mettere a rischio la patria degli Stati Uniti e i territori degli alleati e dei partner”. Da qui una strategia che tra le opzioni prevede quella di “dispiegare dinamicamente le forze di terra nell’Artico per dimostrare le capacità di deterrenza” dall’Alaska alla Groenlandia.

Lo stesso vale per Panama. L’influenza cinese è iniziata nel 1999, con la consegna del Canale a Panama e la concessione all’azienda cinese Hutchison-Whampoa dei permessi per gestire i porti del Canale stesso. La Cina è diventata così il principale partner commerciale. Nel 2017, poi, il governo panamense ha riconosciuto ufficialmente la Repubblica Popolare Cinese. A questi problemi fa ampio riferimento, quindi, il documento sulla “Strategia integrata” per Panama licenziato dalla Difesa Usa nel 2022. Nel testo si legge che “le elezioni presidenziali di Panama sono alle porte, nel 2024. Una nuova amministrazione potrebbe essere più suscettibile alle pressioni economiche e politiche della Rpc, il che potrebbe influire negativamente sullo status degli Stati Uniti come partner privilegiato di Panama”. Quello che gli Stati Uniti, non solo Trump, faranno di tutto per evitare.

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