“COLPIRE L’UNRWA DANNEGGIA I CIVILIN PALESTINESI E LA PACE” da IL MANIFESTO
«Colpire l’Unrwa danneggia i civili palestinesi e la pace»
Gaza/Cisgiordania L’allarme del capo dell’agenzia dell’Onu mentre stanno per entrare in vigore le leggi israeliane. Netanyahu il 4 febbraio incontrata Trump a Washington. Israele bombarda Nabatie in Libano: 14 feriti
Michele Giorgio 29/01/2025
GERUSALEMME
Al Consiglio di sicurezza dell’Onu Philippe Lazzarini ha letto ieri una appassionata difesa del ruolo e delle capacità della sua agenzia, l’Unrwa, nel garantire da decenni assistenza ad ogni livello, dall’istruzione e alla sanità per finire agli aiuti alimentari, a milioni di profughi palestinesi. Il commissario generale ha sottolineato che colpire l’Unrwa, come sta facendo Israele, «Ridurrà la capacità delle Nazioni Unite proprio quando l’assistenza umanitaria dovrebbe essere notevolmente aumentata» e che a Gaza «ciò non farà che peggiorare le già catastrofiche condizioni di vita di milioni di palestinesi». «L’attacco incessante» di Israele all’Unrwa mette in pericolo «la vita e il futuro dei palestinesi» e lo stesso cessate il fuoco, ha aggiunto Lazzarini. La nuova legislazione israeliana, in vigore da domani, «si fa beffe del diritto internazionale», ha denunciato. Infine, il commissario generale è stato fermo quando ha assicurato che l’agenzia «rimarrà a fare il suo lavoro finché non sarà più possibile».
Danny Danon, l’ambasciatore israeliano all’Onu, ha mostrato indifferenza. Poi, parlando ai giornalisti, ha confermato che due leggi approvate in via definitiva dalla Knesset prevedono che a partire dal 30 gennaio Israele interrompa ogni contatto e collaborazione con l’Unrwa e con «chiunque agisca per suo conto» e che l’agenzia deve lasciare entro quella data Gerusalemme Est. L’offensiva frontale lanciata da Israele – che accusa l’Unrwa di complicità con Hamas perché alcuni dei 13.000 dipendenti palestinesi dell’agenzia hanno partecipato all’attacco del 7 ottobre 2023 – ha raggiunto il suo obiettivo. L’Unrwa non chiuderà in Cisgiordania e Gaza, ma senza il coordinamento con Israele incontrerà ostacoli spesso insuperabili per svolgere i suoi compiti. E a pagarne le conseguenze, come ha spiegato Lazzarini, saranno i civili palestinesi. Nessuna agenzia dell’Onu e organizzazione umanitaria ha le strutture e i mezzi necessari per svolgere il lavoro dell’Unrwa a Gaza e in Cisgiordania.
Il colpo finale all’Unrwa viene sferrato mentre Donald Trump insiste con il suo piano di «trasferimento» (deportazione) «a breve o a lungo termine» della popolazione di Gaza in Egitto e in Giordania. Incurante del secco no di Amman e Cairo, il presidente americano ha aggiunto ieri, secondo il sito Axios e altri media, che l’Egitto accetterà di accogliere i palestinesi di Gaza. Ha affermato di aver ricevuto una assicurazione in tal senso dal presidente Abdel Fattah El Sisi durante una conversazione telefonica. «L’ho aiutato molto e spero che (El Sisi) ci aiuti. Penso che accoglierà i palestinesi da Gaza e il re di Giordania farà lo stesso». Né la presidenza egiziana né la Casa Bianca però hanno riferito di telefonate tra i due presidenti negli ultimi due giorni. Trump ha anche fatto sapere che discuterà del futuro di Gaza e delle soluzioni per il Medio oriente con Netanyahu che sta pianificando un viaggio nei prossimi giorni a Washington. Il premier israeliano non corre alcun pericolo, gli Usa non lo arresteranno come richiede il mandato di cattura spiccato dalla Corte penale internazionale.
Oltre i piani di Trump per Gaza, una prima forma di espulsione di abitanti di Gaza sarebbe già in atto. Arutz 7, agenzia di stampa della destra israeliana, riferiva ieri che il capo di stato maggiore (dimissionario) Herzi Halevi, durante un briefing alla Commissione affari esteri della Knesset, ha detto che «I cittadini di Gaza possono uscire dal valico di Rafah verso l’Egitto, ma solo in una direzione e non possono tornare». Parole al miele per la destra più estrema già in festa per le proposte fatte da Trump.
Gaza resta sotto i riflettori, nel frattempo la situazione si aggrava in Cisgiordania dove si espande l’operazione israeliana «Muro di ferro». Dopo aver invaso e occupato Jenin, le forze israeliane si concentrano ora anche su Tulkarem e i suoi due campi profughi. Un raid aereo ha ucciso due palestinesi, uno dei quali, Ihab Abu Atiwi, era il capo militare locale di Hamas. I video che giungono da Tulkarem mostrano gli abitanti che lasciano a piedi le aree di Al Mattar e Murabbaat Hannoun gravemente danneggiate. I soldati, riporta la Wafa, hanno comunicato che non potranno farvi ritorno per una settimana. Diversi edifici sono stati trasformati in avamposti militari. A Jenin proseguono i rastrellamenti, 40 gli arrestati. Almeno 16 palestinesi sono stati uccisi e decine di altri sono rimasti feriti dall’inizio di «Muro di ferro». «La cosa più pericolosa» avverte il sindaco Muhammad Jarrar, «è lo sfollamento forzato in atto nel campo profughi e in parti del quartiere di Al Hadaf. Sono già 6.000 gli sfollati. Abbiamo subito tante invasioni israeliane, questa è la più dura».
Vacilla ancora la tregua in Libano. Israele che domenica scorsa aveva ucciso 22 persone che rientravano nei villaggi a ridosso del confine, ieri sera ha bombardato con la sua aviazione un obiettivo a Nabatie ferendo almeno 14 libanesi.
Niente acqua, cibo, tende: Gaza dolente torna a casa
DAVANTI AGLI OCCHI Tra le macerie ancora piene di corpi e le nuove vittime dell’esodo
Eliana Riva 29/01/2025
Sono giorni di lacrime e abbracci tra le rovine di Gaza. Man mano che le distanze vengono colmate, le famiglie si riuniscono e il dolore diventa sollievo. Piangono le madri e i padri che ritrovano i propri figli, i giovani quando scoprono che i genitori sono ancora vivi. In certi casi sono stati lontani mesi, senza sapere se si sarebbero rivisti, ognuno nella sua lotta quotidiana per la sopravvivenza.
I droni si alzano nel nord della Striscia e mostrano la sterminata distruzione prodotta dall’esercito israeliano. Beit Hanoun è una distesa di macerie a perdita d’occhio. Le case sono state sbriciolate, ne restano solo mucchietti di calcinacci. Mohamed è un membro della protezione civile e ha cercato per otto ore la sua famiglia tra le centinaia di persone che stavano tornando al nord. Quando, infine, è rincasato, li ha trovati lì ad aspettarlo. «Perché piangi?» ha detto alla mamma, «Guarda, sto bene». Tra le persone che si sono messe in marcia ci sono bambini, anziani, feriti. Un ragazzo ha filmato una donna camminare curva sul suo bastone: «Ha più anni di Israele», ha esclamato.
Chi arriva al nord lo fa soprattutto a piedi o su carri e veicoli di fortuna. Portano addosso tutto ciò che hanno e hanno lasciato dietro quello che non potevano trasportare, comprese le tende in cui si riparavano. Sperano di trovare se non la propria casa, quella di un parente o di un amico. Haytam Elaia intagliava il legno a Jabalia. Ci ha raccontato che la sua abitazione è stata distrutta in un bombardamento. Suo padre è morto nell’attacco, sua madre e suo fratello sono rimasti feriti. Si sono rifugiati tutti a casa della zia, che era scappata verso sud. Vive ora lì insieme a sua figlia piccola, sua moglie, la madre, le sorelle, i fratelli e i suoi nipoti. Ma due giorni fa sua zia è tornata dal sud e ora Haytam non sa dove andare. «Non abbiamo una tenda» ci ha detto, «non abbiamo soldi, mia figlia è terrorizzata dai forti rumori e mia moglie ha una gamba rotta». Come molti altri a Gaza, ha lanciato una raccolta fondi online e sogna di poter ricominciare a vivere: «Spero solo che questo incubo finisca».
Sono circa 300mila i palestinesi ritornati nel nord di Gaza, ma l’accesso all’acqua e al cibo è estremamente complicato, denuncia l’International Network for Aid, Relied and Assistance. Le strutture sanitarie sono pressoché inesistenti nella zona ma i feriti continuano ad arrivare negli ospedali dell’enclave rimasti parzialmente attivi. Ieri il leader dell’opposizione israeliana Yair Lapid ha dichiarato che chiunque «abbia visto le centinaia di migliaia di gazawi attraversare il corridoio Netzarim e tornare nella Striscia settentrionale ha capito che la guerra è finita».
Eppure, si continuano a contare i morti. 48 negli ultimi due giorni, secondo il ministero della salute di Gaza, di cui 37 recuperati dalle macerie, 80 i feriti. La Mezzaluna rossa palestinese ha fatto sapere di aver trovato dieci corpi in decomposizione proprio vicino al corridoio Netzarim. Lunedì una bambina di cinque anni, Nadia al-Amoudi è stata uccisa nei pressi del campo profughi di Nuseirat, quando l’esercito israeliano ha bombardato il carretto sul quale si trovava con la sua famiglia. Un uomo è morto a Rafah, colpito mentre manovrava una ruspa. L’esercito ha dichiarato di aver preso di mira persone che «rappresentavano una minaccia». Proprio come accaduto ieri all’appaltatore civile israeliano Jacob Avitan, ucciso da “fuoco amico” mentre rimuoveva i detriti per liberare la strada ai mezzi militari.
No Comments