ORBAN INCONTRA PUTIN, IN CERCA DI UN RUOLO DA PROTAGONISTA da IL MANIFESTO e IL FATTO
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
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ORBAN INCONTRA PUTIN, IN CERCA DI UN RUOLO DA PROTAGONISTA da IL MANIFESTO e IL FATTO

Orbàn incontra Putin, in cerca di un ruolo da protagonista

IL LIMITE IGNOTO. Condanna dell’Ue: «Nessuna discussione sull’Ucraina può svolgersi in assenza di Kiev»

Francesco Brusa  07/07/2024

Viktor Orbán “mattatore” in Europa, e oltre. Il suo semestre di presidenza del consiglio dell’Unione è cominciato con uno strappo non da poco nei confronti degli altri vertici del continente: ieri il primo ministro ungherese ha infatti incontrato a Mosca il presidente russo Vladimir Putin. Le testimonianze che arrivano dal Cremlino indicano come, nonostante lo «stallo» che si protrae sul fronte ucraino, a livello di rimescolamenti politici sia passata diversa acqua sotto i ponti dallo scoppio della guerra: sembra ormai provenire da un’altra era l’iconica immagine dell’ex-capo dell’Eliseo Emmanuel Macron – ora alle prese con un secondo turno elettorale da una posizione di minoranza – che provava, inutilmente, a dissuadere Putin dal lanciare la sua invasione contro Kiev tenuto ben a distanza da un bislungo tavolo bianco; al contrario, Orbán viene ricevuto in un’atmosfera certamente più amichevole, con strette di mano e dialoghi faccia a faccia per circa due ore.

«SONO A SUA disposizione», lo ha accolto il presidente russo. «Sono pronto a discutere tutti gli aspetti della situazione in Ucraina, e mi attendo che vengano condivise quali sono le posizioni dell’Ungheria sulla questione e le prospettive dei partner europei». Putin ha fatto inoltre riferimento, con un errore che sa di calcolata provocazione, alla possibilità che Orbán si trovasse a Mosca non solo a titolo personale ma anche come rappresentante delle istituzioni di Bruxelles.

MA, FIN DAL PRIMO momento in cui è trapelata la notizia della sua possibile visita, si è levato un coro unanime da parte degli altri leader del continente a scartare radicalmente questa ipotesi. «Non ha un mandato Ue», ha tuonato il presidente del consiglio europeo Charles Michel. «Nessuna discussione che riguardi l’Ucraina può svolgersi senza che l’Ucraina sia presente». Perentoria anche la presidente della commissione Ursula von der Leyen: «Fare concessioni non fermerà Putin. Solo unità e determinazione apriranno la strada a una pace completa, giusta e duratura».
Più accomodante il ministro degli esteri italiano Antonio Tajani: «Non credo sia il momento opportuno per recarsi in Russia, ma ognuno può fare quello che vuole», ha detto a margine di una conferenza stampa dopo aver specificato che Orbán si è recato al Cremlino solo in qualità di primo ministro del proprio paese.
Certo è che il leader ungherese sta provando a presentare questo suo spiazzante attivismo diplomatico sotto il segno della ricerca di un cessate il fuoco fra Russia e Ucraina: «La missione di pace continua», ha scritto su X mostrando la foto del suo arrivo a Mosca, alludendo con quel «continua» all’incontro a sorpresa che ha invece avuto col presidente ucraino Zelensky quattro giorni fa (la prima volta dall’inizio dell’invasione).

LE DICHIARAZIONI rilasciate da Orbán e Putin durante la conferenza stampa al termine dell’incontro di ieri vanno in effetti in questa direzione, dal punto di vista della retorica: il presidente russo, riportato dalla Tass, ha addirittura fatto sapere che è tempo che la guerra in Ucraina giunga a una sua «fine totale e completa», e non a una mera «pausa» nei combattimenti la quale – ha aggiunto Putin, rigirando a proprio favore gli argomenti solitamente utilizzati dai vertici ucraini per opporsi a una tregua – «consentirebbe a Kiev di riorganizzarsi e armarsi ulteriormente»; dal canto suo, il primo ministro ungherese ha lasciato trapelare di aver posto «tre domande» riguardanti la possibilità di pace al leader del Cremlino, col quale ha inoltre discusso i «principi per una futura architettura di sicurezza europea». Un’idilliaca corrispondenza d’intenti che, però, difficilmente potrà trovare grande ascolto, almeno nel breve periodo: praticamente nelle stesse ore, al di là dell’oceano, il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg affermava nuovamente in una conferenza stampa che pressare l’Ucraina affinché ceda territori in cambio di un cessate il fuoco è «fuori discussione».

Al di là delle parole decise e roboanti, la realtà è probabilmente che Orbán stia cercando di ritagliarsi sempre più un ruolo da protagonista all’interno dei mutevoli equilibri continentali e globali. La sua puntata a Mosca, che pare costerà a Budapest l’annullamento della consueta visita da parte della Commissione europea alla presidenza del consiglio di turno (lo ha paventato ieri il portavoce dalla commissione Eric Mamer), si inserisce in un’intensificazione dei contatti con alcuni degli “alleati” di Putin (a maggio l’Ungheria ha firmato un accordo di cooperazione con la Cina). Alcuni analisti, com’è il caso delle inchieste di Vsquare, puntano il dito sulla vicinanza fra il leader dei neonati Patrioti e Donald Trump, che ha fatto della “pace” in Ucraina un suo cavallo di battaglia. Prove tecniche per un cambio di leadership alla Casa bianca?

Orbi et Orbán

Marco Travaglio  6 LUGLIO 2024

Di Victor Orbán sappiamo tutto e non dimentichiamo nulla: leader dei conservatori nazionalisti ungheresi; premier nel 1998-2002 e poi di nuovo dal 2010; tradizionalista, euroscettico, filorusso, filocinese, amico di B. e di Netanyahu; furbissimo e pragmatico (ha appena votato il socialista Costa a capo del Consiglio Ue); nel mirino di Bruxelles per le battaglie contro i diritti civili e i migranti, fiero di aver trasformato il suo Paese in una “democrazia illiberale” (parole sue), ragion per cui il Ppe sospese nel 2019 il suo partito Fidesz che poi ne uscì nel 2021 per unirsi alle destre estreme. Ma proprio chi di lui sa tutto e non dimentica nulla dovrebbe domandarsi come sia possibile che, dopo 28 mesi di guerra, abbiamo dovuto attendere il semestre ungherese di presidenza della Ue per vedere un gesto normale da un leader europeo: un viaggio a Kiev e a Mosca per parlare di negoziati.

Eppure tutti i big dell’Ue e dei 27 Paesi membri assicurano che l’obiettivo delle vagonate di armi e miliardi spedite a Kiev è il negoziato di pace, anche se comicamente aggiungono “giusta” (come se ne fosse mai esistita una nella storia). Ma, anche se credessero alle fesserie che dicono, dunque all’imminente vittoria di Kiev, come pensano di arrivare alla famosa pace giusta parlando solo con Zelensky e non con Putin? Parlare non vuol dire subire o arrendersi: ma domandare ai due quali condizioni pongono per sedersi al tavolo, scartare quelle inaccettabili e discutere quelle ragionevoli alla luce del campo di battaglia. Che poi è il vero tavolo di ogni negoziato. Dopo quasi due anni e mezzo di bugie (stiamo vincendo noi), capricci infantili (vogliamo tutto) e centinaia di migliaia di morti, tutti sanno che la guerra può finire solo in tre modi: l’Ucraina che sbaraglia la Russia (ipotesi impossibile, oltreché pericolosa: prima di alzare bandiera bianca, Putin ha un bel po’ di testate nucleari pronte all’uso); la Russia che prende tutta l’Ucraina (ipotesi improbabile: Mosca non vuole e comunque non ha i mezzi per farlo); un compromesso a metà strada (unico esito ragionevole, resta solo da capire dopo quanti altri morti). Certo, non sarà Orbán ad avviare il negoziato: appena saputo dell’incontro con Putin, l’euroimbecille di turno Michel l’ha scomunicato: “Non a nome dell’Europa”. Si parla e si tratta con Hamas, Iran, al-Sisi, MbS, talebani e le peggiori canaglie del pianeta, ma con Putin no. Con Putin parlano il Papa, Xi Jinping, Erdogan, Israele, il Sud del mondo, gli stessi Usa, ma l’Ue no. La pace non deve solo essere giusta, ma anche piovere dal cielo. Verrebbe voglia di rammentare agli eurodementi che “non si arriva alla pace stando seduti in poltrona a Bruxelles”. Ma purtroppo anche quello l’ha già detto Orbán.

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