IL CASO È TRATTO, MA SOLO DAVANTI ALLE TELECAMERE da IL MANIFESTO
Il caso è tratto, ma solo davanti alle telecamere
Fuga di Stato Se il cammino del governo è ancora un po’ accidentato è solo perché il passo è goffo ma la meta ambiziosa: niente di meno che tirarsi fuori dallo stato di diritto e dalle istituzioni internazionali che ancora si preoccupano di tenerlo in piedi
Andrea Fabozzi 29/01/2025
Il fatto che il primo pensiero della presidente del Consiglio, ricevuta la notizia di essere indagata per l’evasione di Stato del torturatore libico, sia quello di accendere la telecamera, sventolare orgogliosa l’atto giudiziario e con lo sguardo tagliente ripetere «non sono ricattabile» non è che la conferma di quanto sia illusorio e controproducente pensare di farla cadere con l’arma del codice penale. Lo sa chi non si è troppo distratto negli ultimi trent’anni e ha sentito parlare di un certo Berlusconi (o di un certo Trump). Meloni appare quasi soddisfatta quando rivendica di essere anche lei indagata, come lo è stato inutilmente Salvini e dallo stesso procuratore. Le vie della propaganda sono infinite.
Un magistrato, il procuratore capo di Roma, che non è un giacobino fustigatore di potenti, ma un moderato esponente della corrente di destra delle toghe che ha nel più stretto collaboratore di Meloni, il sottosegretario Mantovano, uno storico punto di riferimento.
La stessa corrente che giusto ieri ha vinto le elezioni tra le toghe: anche il racconto di una magistratura di sinistra e tutta all’opposizione è largamente esagerato. Un uomo di destra, la stessa da cui origina Fratelli d’Italia, è anche l’avvocato che ha presentato la denuncia.
Peraltro della vicenda Elmasry tutto si può dire tranne che gli alti magistrati romani, procura generale e Corte d’appello, abbiano creato ostacoli ai pasticci di palazzo Chigi, Viminale e ministero della giustizia. Casomai hanno collaborato poco con la Corte penale internazionale che adesso chiede spiegazioni. Viene da pensare che il governo abbia fatto l’ennesimo autogol, provando con le prime dichiarazioni di Piantedosi e Nordio a scaricare tutta la responsabilità dell’imbarazzante vicenda sulle toghe romane. Ora i due sono ridotti a nascondersi dal parlamento, dove qualcosa dovrebbero pur dire. E a proposito di torturatori, il governo che fece scappare Kappler almeno evitò di riaccompagnarlo a casa (e un ministro si dimise).
Non è dunque questione di toghe prevenute, non esistono complotti e non c’è nemmeno chissà quale opposizione ringhiante che la presidente del Consiglio deve sfidare «a testa alta». Se il cammino del governo è ancora un po’ accidentato è solo perché il passo è goffo ma la meta ambiziosa: niente di meno che tirarsi fuori dallo stato di diritto e dalle istituzioni internazionali che ancora si preoccupano di tenerlo in piedi.
Siamo a un passo dal «molti nemici molto onore» e dopo la video accusa di Meloni alla Corte penale internazionale – accusa piena di falsità – stiano adesso attenti i giudici che decideranno sulle nuove deportazioni di migranti. Sono giudici che il governo ha scelto con cura, ma anche loro restano soggetti alle stesso diritto costituzionale ed europeo che fin qui sta facendo fallire il «modello Albania».
Sarebbe dunque sbagliato affidarsi al versante giudiziario del caso Elmasry, che molto probabilmente il tribunale dei ministri liquiderà in fretta. Ma certamente il caso politico non è chiuso. Meloni lo ha riaperto, ripetendo la giustificazione di Piantedosi con più autorità e più enfasi. Se il torturatore è stato riportato in Libia con il volo di Stato, ha detto, è perché «era in gioco la sicurezza nazionale». Il soggetto, il governo lo dice apertamente (del resto ci sono centinaia di testimonianze di torturati), effettivamente è assai pericoloso.
Non c’è solo, dunque, l’incongruenza di liberarlo lì dove può continuare a commettere i suoi crimini, invece che farlo processare all’Aja. C’è anche l’esplicita ammissione che uno dei referenti dell’Italia per quel patto con le bande libiche che dal governo Gentiloni in poi serve a tenere i migranti lontano dalle coste italiane e dentro le celle della tortura, è un noto e riconosciuto criminale.
Se Meloni prendesse sul serio le sue stesse parole dovrebbe immediatamente cancellare quei vergognosi accordi. E smettere di garantire impunità e sovvenzioni ai torturatori.
La destra sotterra la Cpi: «No all’arresto di Netanyahu»
Medio Oriente Bocciate alla Camera le mozioni delle opposizioni che chiedevano di rispettare le decisioni della Corte dell’Aja. La maggioranza stronca il mandato d’arresto per il premier israeliano: «Fantasioso e discutibile». Pd, M5S e Avs uniti. Ma i dem dicono no alla sospensione dell’accordo Ue-Israele. Ascari (M5s): «I soldati israeliani si comportano come i carnefici nazisti»
Andrea Carugati 29/01/2025
Alla Camera le destre confermano il loro sostegno a Netanyahu, votando contro le mozioni delle opposizioni che chiedevano di «adempiere agli obblighi derivanti» dai mandati di arresto contro il premier israeliano, il suo ex ministro Gallant e il dirigente di Hamas Mohamed Deif. Fdi, Lega e Fi votano contro, approvando la loro mozione che rimanda alle dichiarazioni di novembre del ministro degli Esteri Tajani, in cui l’Italia si limita a «prendere atto» dei mandarti d’arresto emessi dalla Corte penale internazionale e «si riserva di esaminare in dettaglio, in raccordo con altri paesi Ue, le motivazioni di tale decisione».
E ancora: le destre impegnano il loro governo ad adottare iniziative insieme agli alleati che «nel rispetto e delle prerogative e dell’autonomia della Cpi», non siano «di ostacolo al mantenimento della tregua raggiunta a Gaza». Il concetto è semplice: in questo momento, più che mai, non bisogna disturbare Netanyahu.
DURANTE IL DIBATTITO IERI alla Camera, gli esponenti della destra sono stati assai meno ambigui rispetto alla loro mozione. Andrea Orsini di Forza Italia ha definito «fantasioso» l’eventuale arresto di Netanyahu, che sarebbe una «vendetta politica» e ha definito la decisione della Cpi «discutibile sul piano giuridico e politico». «Quell’arresto non è all’ordine del giorno, mettere sullo steso piano il premier di un paese che è nostro alleato con i dirigenti di Hamas è vergognoso e inaccettabile». Poi ha tirato in ballo le immunità diplomatiche (già contestate dalla stessa Cpi) e ha ribadito che «le decisioni della Corte dell’Aja non sono autoapplicative», oltre a definire «prematuro» il riconoscimento della Palestina da parte di altri Paesi dell’Ue.
Ancora più esplicito il leghista Paolo Formentini che ha parlato di «istituzioni internazionali che si prestano a un uso spregevole» e ha accusato la sinistra di antisemitismo. Perfettamente in linea con Salvini che, subito dopo il mandato d’arresto, aveva invitato Netanyahu in Italia definendolo «benvenuto».
LE OPPOSIZIONI, per una volta, hanno dato una discreta prova di unità, al netto di Italia Viva e Azione che hanno espresso posizioni non distanti da quelle del centrodestra. Nelle tre mozioni di Avs, M5S e Pd (tutte e tre bocciate su questo punto) è chiaro l’impegno a dare seguito ai mandati d’arresto. «Voi state con chi delegittima la Cpi e demolisce il diritto internazionale, state dalla parte sbagliata della storia», ha detto Nicola Fratoianni rivolto ai banchi del centrodestra. «Sotterrare la Cpi significa rinunciare definitivamente all’idea di un governo del mondo che non sia affidato alla legge del più forte, delle armi, della violenza e dei soprusi».
Sulla stesa linea Valentina Ghio del Pd: «Il lavoro della Corte va rispettato, in tutti i suoi passaggi: le indagini, gli eventuali mandati di arresto, le sentenze, mettendo in atto ogni forma di collaborazione. Se l’Italia non rispetta questo, se si allinea al discredito della Corte, non solo rinnega i capisaldi della nostra politica estera degli ultimi decenni, ma mette in discussione l’obiettivo di perseguire la legalità internazionale». Ghio ha anche ribadito come la stessa Cpi abbia «già escluso che gli stati possano invocare il tema dell’immunità» per non dare seguito ai mandati d’arresto».
NEL DETTAGLIO, IL PD, OLTRE a votare compattamente la propria mozione, ha votato quelle di Avs e M5S, tranne le parti in cui si chiede la «sospensione dell’accordo di associazione tra Ue e Israele» e l’adozione di «sanzioni commerciali e economiche» verso Tel Aviv (Laura Boldrini ha votato a favore). Una contraddizione, viene fatto notare da fonti di Avs, visto che l’accordo di associazione Ue-Israele, all’articolo 2, prevede la sua stessa sospensione in caso di «violazione dei diritti umani». Quanto alla mozione di Azione, M5S e Avs hanno votato contro le parti in cui si dice che «è davvero arduo immaginare che i mandati d’arresto possano contribuire alla risoluzione di una crisi umanitaria o di un conflitto militare».
PER I 5 STELLE, Stefania Ascari ha detto in aula che «i soldati israeliani si comportano con i palestinesi come i carnefici nazisti con gli ebrei» -E ha affermato che «il genocidio in atto non ha nulla a che fare con la lotta al terrorismo, anzi produrrà nuovo terrorismo». E ha ricordato come sia in corso una «disumanizzazione» delle vittime palestinesi. Il suo intervento si è chiuso con l’esposizione da parte dei deputati 5s di cartelli con scritto «Palestina libera». Alla fine sono state approvate la mozione delle destre e quella di Iv.
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