GAZA, IL NO ARABO AL PIANO TRUMP. LIBERI ALTRI 3 OSTAGGI da IL MANIFESTO
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GAZA, IL NO ARABO AL PIANO TRUMP. LIBERI ALTRI 3 OSTAGGI da IL MANIFESTO

Gaza, il no arabo al piano Trump. Liberi altri 3 ostaggi

Gaza Israele ha scarcerato 183 prigionieri palestinesi. Netanyahu parte per Washington, il 4 febbraio sarà alla Casa bianca. Riapre il valico di Rafah: escono 30 bambini gazawi malati di cancro e 20 adulti feriti

Michele Giorgio  02/02/2025

GERUSALEMME

Respingiamo il trasferimento dei palestinesi dalle loro terre «in qualsiasi circostanza». Con questa dichiarazione unitaria su Gaza, alla vigilia della partenza di Benyamin Netanyahu per Washington, dove martedì incontrerà Donald Trump, ieri Egitto, Giordania, Arabia saudita, Qatar, Emirati, Autorità nazionale palestinese e Lega Araba hanno respinto «l’idea» del presidente Usa di ricollocare i palestinesi fuori dalla Striscia «nel breve o nel lungo periodo».

Dalla Striscia usciranno, attraverso il valico di Rafah riaperto dopo 280 giorni, solo i bambini feriti da bombe e cannonate israeliane nei passati 15 mesi, ammalati gravi e casi umanitari. Come hanno fatto ieri 30 piccoli palestinesi malati di cancro, 19 uomini e una donna feriti e 61 accompagnatori. Altri 6 mila usciranno nelle prossime settimane, ma sono molti di più, bambini e adulti, che hanno bisogno di essere curati in Egitto e altri paesi. Passeranno per Rafah anche 50 combattenti di Hamas feriti gravemente, nell’ambito dell’accordo per il cessate il fuoco.

Non è affatto sventato il piano per cacciare via i palestinesi da Gaza. Trump continua a inquadrarlo nel contesto di «ricambiare il favore» fatto a Egitto e Giordania dopo il suo insediamento. L’Egitto è l’unico paese oltre a Israele a cui è stata concessa un’eccezione nel decreto che ha sospeso per 90 giorni i finanziamenti Usa all’estero. Trump, si dice, potrebbe chiedere al presidente El Sisi, con cui ha parlato di nuovo ieri, di facilitare il transito attraverso l’Egitto di palestinesi di Gaza in possesso del visto d’ingresso in altri paesi. Cosa che già avveniva, dietro il pagamento a una società egiziana di commissioni elevatissime (migliaia di dollari a persona), fino a quando il valico è stato chiuso dopo l’occupazione militare israeliana. Secondo alcune stime, circa 100mila palestinesi hanno già lasciato Gaza. E molti di più, prevedono Trump e i suoi consiglieri, lo faranno se gli egiziani renderanno più accessibile l’ingresso da Rafah e il tragitto fino all’aeroporto del Cairo. Una «emigrazione volontaria» di palestinesi da incoraggiare e sovvenzionare, in accordo con altri paesi, come esorta da tempo l’ex ministro ultranazionalista israeliano Itamar Ben Gvir. E non è marginale che il capo di stato maggiore israeliano Herzi Halevi, qualche giorno fa, parlando alla Knesset, abbia sottolineato che da Rafah si esce, ma non si rientra.

Ieri hanno lasciato Gaza altri tre ostaggi israeliani liberato da Hamas. Prima due: Ofer Calderon, 54 anni, e Yarden Bibas, 35. Poi l’israelo-statunitense Keith Siegel, 65 anni. L’organizzazione di Hamas della consegna degli ostaggi alla Croce rossa è stata meno coreografica questa volta, dopo le proteste e le minacce di Israele per il rilascio caotico di altri tre ostaggi giovedì scorso. Al porto di Gaza city, il movimento islamico ha montato un palco con una grande immagine dei suoi leader politici e militari uccisi da Israele e la scritta «Il Sionismo non vincerà». Intorno c’erano decine di miliziani in uniforme e su pick-up di colore bianco, simili a quelli usati per l’attacco del 7 ottobre. Gli ostaggi hanno salutato, con in mano la borsa regalo che Hamas aveva consegnato anche agli altri liberati. Siegel è stato fatto salire sull’auto della Croce rossa da Haitham Hawajri, un comandante militare che Israele sosteneva di aver ucciso. Quando le immagini televisive hanno mostrato il loro arrivo in Israele, i tre sono stati accolti dal saluto del premier Benyamin Netanyahu e della folla riunita ieri in Piazza degli Ostaggi a Tel Aviv. A differenza degli altri due rilasciati, Yarden Bibas è apparso pensieroso. Pur avendo riabbracciato in Israele parte della famiglia, sua moglie e i due figli piccoli, catturati il 7 ottobre assieme a lui, restano a Gaza e la probabilità che siano morti è alta.

Qualche ora dopo sono arrivati a Gaza 150 prigionieri palestinesi rilasciati da Israele. Poco prima altri 33 ex detenuti erano giunti a Ramallah dove centinaia di persone li hanno portati in trionfo. Lo stesso è avvenuto nella Striscia: lungo il percorso per l’ospedale a Khan Yunis, una folla festante ha accolto i tre bus con a bordo gli scarcerati. Tra i 183 palestinesi tornati liberi, 18 scontavano l’ergastolo e 54 condanne elevate. Otto sono stati deportati in Egitto, assieme a un egiziano. Dieci ex prigionieri sono stati ricoverati negli ospedali di Ramallah perché in cattive condizioni di salute. «In carcere abbiamo subito abusi e continue punizioni», ha urlato uno di loro scendendo dall’autobus. I palestinesi hanno protestato perché diversi prigionieri sono stati rilasciati dalle autorità israeliane con le mani ammanettate dietro la testa e braccialetti con la scritta «Il popolo eterno non dimentica, inseguo i miei nemici e li raggiungerò».

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