Chez nous/A casa nostra. Un film militante sulla propaganda delle nuove destre
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
Cultura, Saperi, Università, Dialogo
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Chez nous/A casa nostra. Un film militante sulla propaganda delle nuove destre

In attesa del secondo turno delle elezioni francesi, suggerisco agli amici la visione di A casa nostra (casualmente lo stesso titolo del film di Cristina Comencini del 2006), che è la traduzione letterale dell’originale Chez nous. Si tratta di un’opera franco-belga del regista Lucas Belvaux, nato a Namur nel 1961.

Noto per alcuni suoi precedenti lavori, fra i quali vanno citati almeno Sarà il mio tipo?; Rapt e Una coppia perfetta, e per tre romanzi, non tradotti in italiano, Belvaux ha deciso di fare, con questa sua ultima opera, un film militante, teso a rendere esplicita l’ideologia che sottende la propaganda di Marine Le Pen.

Ritengo opportuno, a questo proposito, pubblicare la recensione [apparsa su Mymovies.it] di Andrea Fornasiero, un critico attento ed equilibrato nei giudizi.

Vittorio Boarini

 

UN FILM MILITANTE CHE NON SACRIFICA IL RACCONTO E I PERSONAGGI, COSÌ REALISTICO DA DIVENTARE SPAVENTOSO

di Andrea Fornasiero, da mymovies.it, 19 marzo 2017

Pauline Duhez è la candidata perfetta: è un’infermiera della zona di Pas de Calais gentile con tutti, anche con i musulmani, è figlia di un militante comunista e tutti la amano. Inoltre il dottore e politico Philippe Berthier la conosce bene ed è determinato a convincerla ad accettare di partecipare alle prossime elezioni per il RNP, che è solo un altro modo per dire Front National. Anche la leader del partito, la combattiva Agnès Dorgelle, ritiene che sia la candidata perfetta, ma sorge un problema quando Pauline si innamora di Stéphane, detto Stanko, insegnante di calcio di suo figlio. Stanko conduce infatti una doppia vita, ben nota a Berthier, perché la notte partecipa ad azioni punitiva insieme alla sua squadraccia xenofoba. Rappresenta dunque l’immagine da cui il RNP cerca con tutte le proprie forze di ripulirsi, preferendo alle azioni violente la campagna di notizie fasulle e virulente in rete, in cui si lancia il figlio di un’amica di Pauline.

Accolto dalle proteste del Front National già all’apparizione del trailer, A casa nostra è stato lanciato in Francia il 22 febbraio, per avere il massimo impatto possibile sulla campagna elettorale presidenziale e ricordare all’elettorale l’anima nera che si nasconde sotto i messaggi della Le Pen.

L’operazione è dunque tanto politica quanto cinematografica e il regista, Lucas Belvaux, veste per l’occasione panni fieramente militanti ma senza sacrificare il racconto e i personaggi, a parte per il finale troppo programmatico e sbrigativo. Interpretata dall’indimenticata Rosetta dei fratelli Dardenne Émilie Dequenne, Pauline ha davvero un calore umano convincente e contagioso, inoltre la sua relativa ingenuità è giustificata dai molti problemi che affronta contemporaneamente e a cui deve prestare attenzione, come l’istruzione dei figli e il padre che non si vuole curare. In più Pauline, per quanto si ritenga vagamente “di sinistra” non si interessa di politica da decenni e ha stima del dottor Berthier, che è stato molto generoso con la sua famiglia.

Ed è proprio qui la forza del film: nel raccontare come anche una persona perbene, cresciuta con valori progressisti, possa facilmente scivolare nelle maglie di una retorica suadente, che ha attentamente rimosso le parole più incendiarie. Infatti assistiamo in più scene a Berthier e alla Dorgelle spiegare che non si può usare un linguaggio razzista, ma basta dire delinquenti e la gente capirà, anche perché se gli elettori usano quel tipo di linguaggio non c’è bisogno di correggerli, è una scelta loro. Un sofisticato gioco di detto e non-detto per cui si rivendica, come recita il titolo internazionale This Is Our Land, che questa terra è “nostra” quando si intende soprattutto che non è “loro”.

Giovano a A casa nostra anche le interpretazioni di un suadente e insidioso André Dussollier e di una energica Catherine Jacob nei panni dell’alter ego della Le Pen. Il suo personaggio per altro nasce in un romanzo, “Le Bloc”, scritto dallo stesso sceneggiatore del film Jérôme Leroy, che affrontava più o meno lo stesso tema, ossia la mutazione di un partito razzista e fascista grazie a un rinnovo dell’immagine portato dalla più rassicurante figlia del capo.

A casa nostra è così realistico da risultare spaventoso, molto più di tanti thriller, e proprio per questo risulta artificioso e non necessario l’inserimento di un elemento da thriller, con dossier sul passato di Stanko e di Berthier di cui si minaccia la rivelazione in più punti. A questi si deve una conclusione troppo netta, affrettata e per certi versi quasi rassicurante, dove l’unico elemento d’inquietudine che rimane è affidato da due personaggi minori, tra cui un adolescente che impesta la rete di messaggi complottistici deliranti. Si perde invece la credibilità della protagonista e ancora di più quella di Stanko, ma ormai poco importa: il teorema è stato tracciato con efficacia e rimane preoccupante.

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