ACCANIMENTO CONTRO LE REGOLE PER UN “PREDOMINIO MONDIALE” 4 da IL MANIFESTO
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
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ACCANIMENTO CONTRO LE REGOLE PER UN “PREDOMINIO MONDIALE” 4 da IL MANIFESTO

Una speranza per le aree interne che fa scuola

Umanità e rinascita Si capisce adesso perché dava fastidio un modello di accoglienza che valorizzava le aree interne, proprio nel momento in cui si portava avanti ossessivamente una campagna mediatica di invasione dello straniero

Tonino Perna  13/02/2025

Ora che la vicenda giudiziaria a danno di Mimmo Lucano si è felicemente conclusa, varrebbe la pena chiedersi perché c’è stato tanto accanimento contro un uomo diventato il simbolo dell’accoglienza felice di coloro che scappano da guerre e fame, da disastri ambientali e governi criminali.

Si capisce adesso perché dava fastidio un modello di accoglienza che valorizzava le aree interne, proprio nel momento in cui si portava avanti ossessivamente una campagna mediatica di invasione dello straniero che, purtroppo, ha messo radici profonde nel nostro Paese. Non a caso la criminalizzazione dell’esperienza di Riace avviene in concomitanza degli accordi delittuosi con la Libia firmati dal governo Gentiloni-Minniti, in base ai quali l’Italia e l’Europa pagano le bande di Tripoli purché trattengano i migranti dell’Africa sub-sahariana.

Non importa come, con quali mezzi e metodi. Quanto sia ancora forte e regga questo mercimonio lo dimostra la vicenda del generale Elmasry, torturatore e stupratore, liberato e rimpatriato con un volo di Stato.

Nel frattempo il cosiddetto «modello Riace» ha fatto scuola, non è più un’eccezione anche se la figura carismatica di Mimmo Lucano lo rende un luogo speciale. Ci sono altri comuni, a cominciare da Camini a soli sette chilometri da Riace, che hanno seguito quella strada con il risultato di aver invertito la curva discendente della popolazione. In tutta Italia le zone interne che hanno accolto gli immigrati hanno potuto contrastare lo spopolamento, mantenendo attività agro-pastorali e artigianali che sarebbero scomparse. Come è successo a Riace, grazie alle famiglie di immigrati si riaprono le scuole, si contrasta la chiusura di farmacie, poste e altri servizi.

Oggi Lucano è al Parlamento europeo e sta cercando di portare avanti questa visione. In tutte le aree collinari e montuose europee, esterne ai grandi flussi turistici, il fenomeno dello spopolamento è diventato sempre più grave e preoccupante. Spopolamento significa perdita di cura del territorio, con le conseguenze ben note: frane, incendi, smottamenti e un degrado che dall’alto scende verso valle. Non a caso all’inizio l’esperienza di Riace nel 1999, oltre che dal Cric (una Ong molto attiva in quel periodo), venne sostenuta dalla comunità anarchica di Longo basata a Forcalquier (Aix en Provence) e con una presenza di cooperative/comunitarie in diverse aree collinari e montuose della Francia, Svizzera, Germania. Nella comunità di Longo mai era ben presente l’importanza di questa forma di accoglienza per la rinascita delle aree marginali.

In particolare in Italia, uno dei territori più fragili d’Europa, bisognerebbe immaginare un piano di recupero delle aree interne, una seconda «riforma agraria» in chiave ecologica che punti a mitigare gli effetti degli eventi estremi, che riporti la cura del territorio e la sua salvaguardia nelle tante aree collinari e montuose abbandonate. In questa prospettiva il ruolo dei migranti, insieme ai giovani italiani che hanno deciso di restare o di tornare, diventerebbe determinante.

E così oggi, mentre il governo prova ancora, a colpi di decreti legge, a tenere in piedi il fallimentare modello Albania in spregio ai diritti fondamentali delle persone migranti, si può opporre la speranza in un futuro realizzabile, opposto alla barbarie che avanza e all’odio che viene seminato. Come insegna Riace, che all’inizio fu solo un sogno ad occhi aperti.

«Ora Riace diventi un esempio per l’Europa della solidarietà»

Intervista a Mimmo Lucano Dopo anni di processi e senso di solitudine, l’ex sindaco si sente finalmente sollevato

Rocco Vazzana  13/02/2025

«Sono felice. Ho inquadrato questa esperienza sotto la luce della lotta politica. Riguardava me, ma avrebbe potuto riguardare chiunque altro. Per me è stata un’esperienza legata a una militanza che non ho mai smesso di portare avanti». Dopo anni di processi e senso di solitudine, Mimmo Lucano si sente finalmente sollevato.

La Corte di Cassazione ha messo una pietra tombale su un impianto accusatorio che voleva fare di Riace un modello criminale. Assolto per i reati più gravi – resiste all’ultimo grado di giudizio solo la condanna a 18 mesi per falso, con sospensione della pena – l’eurodeputato non perde il sorriso: «Sì, è vero è rimasta la condanna per falso. Però, a dire la verità, non capisco nemmeno la natura di questo reato. È un illecito amministrativo, che non ha alcuna valenza per me».

Che idea si è fatto di ciò che è accaduto in tutti questi anni di processo?
All’inizio non me ne rendevo nemmeno conto, ma a un certo punto ho capito che il potere non poteva permettersi di lasciare indisturbato ciò che stava accadendo a Riace. Riace aveva ribaltato il paradigma della narrazione criminale sulla migrazione anche grazie agli atteggiamenti spontanei della gente del posto, fatti di accoglienza e ospitalità. È un’antropologia che favorisce il senso di solidarietà. Io ho voluto legare tutto ciò a un valore politico: stare dalla parte dei più deboli, dei migranti, di chi vive nel disagio sociale.

Crede ci sia stato un accanimento politico nei suoi confronti?
L’esperienza di Riace è stata una vera e propria rivoluzione. Mi viene subito in mente Dino Frisullo, che mi ha fatto innamorare della questione curda e di quella palestinese. E anche il regista Wim Wenders, che ha parlato di Riace come di un’utopia che non poteva che essere ostacolata. Questa è una battaglia che mette in contrasto i valori della sinistra, basati su uguaglianza e solidarietà, con quelli della destra, che purtroppo parlano un altro linguaggio: quello del razzismo, della violenza, dei lager libici e dei torturatori.

Cosa è rimasto oggi del modello Riace oggi?
Riace oggi è ancora in piedi, nonostante tutte le difficoltà. Abbiamo resistito per cinque anni, anche sotto un’altra amministrazione comunale, ma ora vogliamo guardare al futuro. Non vogliamo che Riace diventi una delle tante realtà segnate dal declino sociale e dall’oblio. L’accoglienza è stata una speranza non solo per i migranti ma anche per le comunità locali: accogliere significa aprire nuove scuole, asili, oratori.

Parlare di accoglienza in epoca di deportazioni a Guantanamo e in Albania?
La questione migratoria è centrale in un dibattito mondiale che va dagli Stati Uniti all’Europa, passando per l’Italia e la Libia. Spesso le soluzioni proposte sono disumane. L’Italia ha contribuito a questa tragedia firmando i memorandum con la Libia nello stesso periodo in cui Riace veniva criminalizzata: non potevano permettere che un piccolo comune raccontasse una storia completamente alternativa.

Cosa si augura per il futuro?
Mi auguro che questa esperienza possa essere un esempio per l’Europa. Non un’Europa dei fili spinati, delle barriere, dei campi di internamento, ma un’Europa della democrazia, dell’accoglienza, della solidarietà. L’Europa deve scegliere: o continua su questa strada, o rinnega se stessa. Con questa sentenza, possiamo dire che il modello Riace non è solo un sogno, ma un futuro possibile.

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