I POLITICI CHE NON SANNO CHE FARE CON LA GUERRA da IL FATTO
I politici che non sanno che fare con la guerra
Torquato Cardilli* 27 Marzo 2025
Nella storia dell’uomo si sono sempre contrapposte due figure professionali candidate alla guida del paese: il politico, abituato alla diplomazia e il militare, abituato alla guerra. L’azione dell’uno iniziava quando falliva quella dell’altro e viceversa. Spesso le due figure si sono sovrapposte nella stessa persona dotata di prudenza mista ad audacia, di saggezza mista a eroismo, di visione strategica mista a consapevolezza del pro e del contro di ogni decisione.
Figure come Washington, Napoleone, Eisenhower, De Gaulle, Rabin, Sadat hanno saputo cumulare all’esperienza militare quella politica, dimostrando che un militare può vestire con successo i panni del politico, mentre ogni tentativo di un politico di improvvisarsi stratega militare è stato votato alla catastrofe. Ad esempio Hitler e Mussolini hanno giocato alla guerra con estremo cinismo, senza valutare le sofferenze che le loro sconsiderate decisioni di aggressione militare arrecavano. Ogni guerra nasce dal desiderio di conseguire la vittoria nel farsi giustizia da sé per vendicare un torto subito o per conquiste o anche per prevenire attacchi nemici, ma quando l’esecuzione dell’estrema decisione politica non viene gestita da un militare professionista, che si muove solo sul piano della razionalità, della valutazione obiettiva delle forze, l’insuccesso è garantito. Lo scopo del Comandante è quello di limitare le perdite e salvare la vita dei propri uomini, quello del politico è di appagare il proprio ego.
Stiamo assistendo da tre anni al susseguirsi di tragici errori politici con disastrose conseguenze, lo sterminio di soldati e di popolazioni civili in Ucraina (per non parlare dei massacri di Gaza). Valenti generali del Pentagono, della Nato e del nostro Stato Maggiore hanno ritenuto che la guerra in Ucraina contro la Russia non potesse essere vinta solo sulla base della dichiarazione di volontà dei vari politici che sognano di ridurre la Russia in ginocchio. Sono stati avvertiti in più di un’occasione, ma la politica, obnubilata dal desiderio di vincere a tutti i costi, per nascondere i fallimenti interni in tema economico e sociale, non ha voluto ascoltare, condannando decine di migliaia di soldati a morire, e il popolo a soffrire distruzioni, restrizioni, aumento di costi energetici e diminuzione dei servizi. I governanti europei si sono mostrati insensibili alla lettura dei bollettini della guerra. Le informazioni che hanno voluto fossero diffuse, tutte improntate ad un ipocrita ottimismo, erano tese a nascondere ai loro popoli la verità per non ammettere di aver preso decisioni sbagliate. Non hanno avuto pietà per le migliaia di feriti e mutilati, per la generazione di piccoli resi prematuramente orfani, per il tracollo di ogni attività economica, industriale, finanziaria con riduzione allo stato di età della pietra dei pochi abitanti rimasti nell’area di guerra.
Si sono comportati da incoscienti: rifiutando ogni tentativo diplomatico e, mentendo alla propria opinione pubblica, hanno continuato a insistere nell’inviare nuove armi super tecnologiche che allontanano la pace, accrescono il numero di morti e distruzioni, e ingrassano i fabbricanti di armi, mentre gli industriali famelici già si preparano, come avvoltoi, con missioni ricognitive a prenotarsi per la spartizione della ricca torta della ricostruzione. La magnitudine delle spese militari è pari solo al cinismo dei governanti che preferiscono ridurre le provvidenze per i propri cittadini. La presidente della Ue, con la colpevole acquiescenza dei 27 governi, salvo l’Ungheria, ha approvato uno stanziamento di 800 miliardi di euro che finiranno inesorabilmente nei bilanci dell’industria bellica americana, francese, inglese e, quel che è ancor peggio, tedesca. Quegli stessi politici di oggi incantano i loro popoli con il mantra di volere la pace facendo la guerra, ma non fanno nulla per raggiungerla. Dovrebbero, come ben sanno i generali, assaporare la misera condizione dei soldati al gelo, le privazioni, il terrore delle bombe dei missili, l’assenza di cibo e di acqua, la mancanza di un riparo e di un giaciglio prima di continuare a condannare a morte tanti innocenti (militari e civili).
Possibile che votino per la continuazione della guerra facendo passare l’idea che con quel voto rendono più vicina la pace?
La Ue della pace, della cooperazione, della integrazione non esiste più: è morta con il sostegno guerrafondaio a perdere dato all’Ucraina senza accendere il minimo barlume di azione diplomatica. Il paradosso è che questa guerra è voluta da quelli che non esitano a utilizzare a sproposito la parola “pace” ma in realtà fanno di tutto per affossare i tentativi di Trump e Putin di arrivare a un accordo di pace. Non sarebbe fuori luogo ricordare a Von der Leyen, Starmer, Macron, Scholz e Meloni alcuni passaggi della ninna nanna in romanesco, dedicata da Trilussa al bambino in piena guerra:
“… Ninna nanna, tu nun senti / li sospiri e li lamenti / de la gente che se scanna / per un matto che commanna…
…Ché quer covo d’assassini/ che c’insanguina la terra / sa benone che la guerra / è un gran giro de quatrini / che prepara le risorse / pe’ li ladri de le Borse…
Domani rivedremo li sovrani / che se scambieno la stima / boni amichi come prima…
E riuniti fra de loro / senza l’ombra d’un rimorso, / ce faranno un ber discorso / su la Pace e sul Lavoro / pe quer popolo cojone / risparmiato dar cannone!…”.
* Ambasciatore
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