CONTRO L’ANTIPACIFISMO SERVE RILEGGERE ROSA LUXEMBURG da IL FATTO
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
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CONTRO L’ANTIPACIFISMO SERVE RILEGGERE ROSA LUXEMBURG da IL FATTO

Contro l’antipacifismo serve rileggere Rosa Luxemburg

LE PAROLE PERSE DELLA SINISTRA – Con Karl Liebknecht ebbe il coraggio (e la lungimiranza), di opporsi al furore nazionalista tedesco nel 1914: una lezione ormai dimenticata

TOMASO MONTANARI  30 OTTOBRE 2023

In queste tristi settimane, sugli schermi italiani va in onda lo stesso copione della guerra in Ucraina (a proposito, qualcuno si interessa ancora a quell’interminabile massacro?): chi non si schiera con il governo israeliano, è considerato un traditore della democrazia, dei “nostri valori”, dell’Occidente. Anzi, peggio: chi dice (come il segretario generale dell’Onu) che gli atti di Hamas sono mostruosi e senza giustificazione, ma non senza un contesto che spiega come è stato possibile che qualche criminale giungesse a tanto (e che, dunque, forse è su quel contesto che bisogna agire) diventa un fiancheggiatore di terroristi, un verme della peggior specie. Naturalmente, il contrario non vale: chi si rifiuta di ammettere che uccidere un bambino palestinese a Gaza è criminale esattamente come uccidere un bambino israeliano in un kibbutz viene lodato come un sincero democratico.

Per non parlare della assoluta rimozione della terrificante contabilità che dimostra come i bambini uccisi da Israele a Gaza siano (già prima dell’invasione iniziata venerdì sera) il doppio dell’intero numero delle vittime israeliane di Hamas: il che ovviamente non cambia di una virgola il giudizio su Hamas, ma imporrebbe di averne uno identico sul governo israeliano.

Finalmente l’Onu ha detto l’ovvia verità, e cioè che “la punizione collettiva è un crimine di guerra”. Così Ravina Shamdasani, portavoce dell’Alto commissariato Onu per i diritti umani, che ha contestualmente dichiarato che anche Hamas, lo scorso ottobre, ha commesso “crimini di guerra e atrocità”. Per Netanyahu varrà quel che giustamente vale per Putin: un mandato di arresto internazionale per crimini di guerra?

E se Hamas (considerato terrorista in Occidente, ma invece riconosciuto come interlocutore istituzionale in buona parte del resto del mondo: compreso un paese Nato, la Turchia) e il governo di Israele sono processabili per crimini di guerra, non è il caso di vedere come ciascuno di essi sia il principale nemico del loro stesso popolo? È ciò che dovrebbe dire una qualunque sinistra: non con la Palestina o con Israele, ma con il popolo palestinese e il popolo israeliano.

Nel terribile precipizio politico (così simile all’attuale…) che condusse all’innesco della Grande Guerra, il partito socialista tedesco si lasciò trascinare nella logica nazionalista, interventista, militarista. Ma Karl Liebknecht e Rosa Luxemburg ebbero il coraggio di opporsi, dicendo esattamente questo: il principale nemico del popolo tedesco era interno, era il governo tedesco. Il prezzo fu altissimo. Il primo maggio del 1916, Liebknecht riuscì a pronunciare, del suo comizio a Potsdamer Platz, solo le prime parole (“Abbasso la guerra, abbasso il governo”), poi fu arrestato.

Entrambi vennero considerati traditori della patria, e Rosa, processata per incitamento alla diserzione, disse: “Noi pensiamo che per l’insorgere e per l’esito delle guerre non siano decisivi soltanto l’esercito, i ‘comandi’ dall’alto e l’obbedienza cieca in basso, ma che sia la grande massa del popolo lavoratore che deve decidere. Noi siamo d’opinione che le guerre possono venire condotte solo quando e solo finché la massa del popolo lavoratore o le fa con entusiasmo, perché le ritiene cosa giusta o necessaria, o almeno le sopporta pazientemente. Quando invece la grande maggioranza della popolazione lavoratrice arriva a convincersi – e svegliare in essa questo convincimento, questa coscienza è proprio il compito che ci poniamo noi socialdemocratici – quando, dico, la maggioranza del popolo giunge a convincersi che le guerre sono un fenomeno barbaro, profondamente immorale, reazionario e nemico del popolo, allora le guerre sono diventate impossibili”.

È esattamente quello che la sinistra oggi dovrebbe dire, in una pedagogia della pace che è l’unica speranza di non ripiombare in una guerra mondiale. Non è solo la sinistra marxista ad avere argomenti e parole da ritrovare. Il democristiano Giorgio La Pira affermava (dopo le bombe americane su Hiroshima e Nagasaki, e con parole che mettono i brividi pensando a Gaza) che “gli stati non hanno il diritto di uccidere le città”. Opponendo governi e popoli, egli argomentava: “Nessuno ha il diritto di distruggerle: devono essere custodite, integrate e ritrasmesse: non è cosa nostra, è cosa altrui… Nessuno, senza commettere un crimine irreparabile contro l’intiera famiglia umana, può condannare a morte una città”. Il vero e proprio odio contro il “pacifismo” che domina il discorso pubblico italiano scaturisce dalla convinzione dell’establishment occidentale che a difenderci sarà la guerra, non la pace. Nel 1914 un famigerato documento di 93 illustri intellettuali tedeschi (oltre a deplorare lo spettacolo di “negri e i mongoli aizzati contro la razza bianca”) proclamò: “Non è vero che la lotta contro il cosiddetto militarismo non sia anche una lotta contro la nostra civiltà; senza il militarismo tedesco la nostra civiltà sarebbe stata sradicata da un pezzo”. Siamo ancora fermi lì.

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