Il Veneto delle acque inquinate. Una cartolina poco spensierata
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
Cultura, Saperi, Università, Dialogo
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Il Veneto delle acque inquinate. Una cartolina poco spensierata

di Francesca LEDER

Se il Mezzogiorno sta male, il Nord, per altre ragioni, non sprizza salute. I danni all’ambiente, prodotti dalla cecità e dall’insano bisogno di aumentare rapidamente la ricchezza economica, dopo decenni di accanimento stanno offrendo a questa terra i loro frutti avvelenati.

Qui nel Veneto centrale tre province (Verona, Vicenza e Padova) e 250.000 persone si trovano nella condizione terribile di sapersi praticamente senza scampo a causa dello sversamento nei fiumi e nei canali di PFAS (prodotti chimici utilizzati nell’industria prevalentemente per i trattamenti di impermeabilizzazione): acqua imbevibile e inutilizzabile per l’irrigazione delle campagne, sangue degli abitanti infetto e timore di contrarre precocemente (i bambini) malattie, molte delle quali classificate come inguaribili.

Mai come in questo caso ci si può riconoscere nelle parole di Mumford che troviamo citate nell’elenco che ci hai inviato [sulla mailing list dell’Officina]:

«La fabbrica divenne il nucleo del nuovo organismo urbano. Ogni servizio le era subordinato […]. La fabbrica di solito si accaparrava di solito le posizioni migliori: le industrie cotoniere, chimiche, siderurgiche sceglievano siti non lontani da una banchina, perché erano necessarie grandi quantità di acqua nei processi di produzione, cioè per rifornire le caldaie a vapore, raffreddare le superfici roventi, preparare le soluzioni chimiche e i coloranti. Ora il fiume o il canale aveva anche un’altra funzione, ancora più importante: era il luogo di scarico più economico e più comodo per i rifiuti solubili o galleggianti di qualsiasi genere. La trasformazione dei fiumi in vere e proprie fogne fu una delle tipiche imprese della nuova economia. Conseguenze: avvelenamento della vita acquatica, distruzione degli alimenti, inquinamento delle acque al punto che diventava sconsigliabile bagnarvisi» (Lewis Mumford, La città nella storia, Edizioni di Comunità, Torino, 1961, p. 571)

Da Coketown a oggi non è cambiato nulla.

Scusate la cartolina poco spensierata.

Francesca

 

 

 

 

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