” POR AHORA NO LOGRAMOS” DA IL MANIFESTO
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
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” POR AHORA NO LOGRAMOS” DA IL MANIFESTO

Fratelli d’Italia ha vinto per protesta, ma gli elettori hanno trascurato molti aspetti

Paolo Maddalena  27/09/2022Il dato più evidente che emerge dalle ultime consultazioni elettorali è la incostituzionalità della legge elettorale, la quale conferisce al voto più il valore di una puntata alla lotteria che il valore di un strumento di rappresentanza democratica. Basta pensare che ai collegi maggioritari uninominali anche un solo voto in più degli altri, riportato da una coalizione, comporta la vittoria di chi è riuscito ad averlo, con l’assorbimento dei voti degli altri partiti in lizza, in modo che coloro che abbiano votato questi ultimi restino senza rappresentanza parlamentare.

Ed è da aggiungere che la stessa sorte spetta a coloro che hanno votato partiti che non hanno superato lo sbarramento del 3%. Si tratta di oltre 3 milioni e mezzo di votanti la cui espressione di voto è andata paradossalmente a vantaggio di persone che detti votanti non volevano eleggere.

Né è da trascurare il dato che non si sono recati a votare il 36% degli aventi diritto, più di 18 milioni di persone, per cui coloro che non hanno rappresentanza in Parlamento raggiungono la cifra impressionante di oltre 21 milioni di elettori.Molto c’è da sperare nel reclamo, da tanti elettori presentato ai presidenti dei seggi, che consentiranno un ricorso alle giunte elettorali di Camera e Senato per far valere l’incostituzionalità della legge in questione.

Appare evidente comunque che gli elettori hanno voluto esprimere un voto di dissenso contro i partiti di governo, e in particolare contro il Pd, che recava come programma l’agenda Draghi, e contro la Lega che ha legato la sua politica a quella del Pd. In altri termini gli elettori, sotto il bombardamento dei media che hanno sottolineato l’impossibilità di cambiare l’attuale sistema economico predatorio neoliberista, si sono orientati verso l’unico partito, Fratelli d’Italia, che, nell’ambito del sistema, è stato all’opposizione, ripetendo quell’ondeggiamento tra destra e sinistra che si è avuto negli ultimi 20 anni.

Sembra che gli elettori siano alla ricerca spasmodica di un nuovo modo di governare e che, in questa situazione, sono portati o ad astenersi dal voto o a votare per i partiti che sono all’opposizione, senza pensare che anche questi sono inseriti platealmente nel sistema economico predatorio neoliberista.

E non si sono accorti che Fratelli d’Italia mira a un sostanziale cambiamento della Costituzione, istituendo il presidenzialismo, e cioè un uomo solo al comando (esperienza che abbiamo vissuto e che ci ha portato a entrare nella seconda guerra mondiale); vuole alimentare la guerra in Ucraina con l’invio di armi da parte dell’Italia, con ciò dimostrando la nostra assoluta dipendenza dagli Usa; non si preoccupa della povertà assoluta che ha raggiunto 6 milioni e 400 mila persone, né di ridurre l’indebitamento pubblico, che è arrivato a 2.730 miliardi di euro; non si preoccupa delle privatizzazioni e delle delocalizzazioni che hanno tolto all’Italia l’intera proprietà pubblica demaniale dei propri beni, cedendoli a privati soprattutto stranieri e quindi alle multinazionali e alle banche; non si preoccupa dell’esorbitante perdita di posti di lavoro; non considera che l’attuale sistema economico neoliberista ci conduce alla miseria, poiché ci priva di tutte le nostre fonti di produzione di ricchezza, come i servizi pubblici essenziali, affidati a privati, le fonti di energia, affidate a S.p.A. private, la svendita di industrie strategiche, donate all’estero e così via dicendo.Insomma il suo disegno è quello di realizzare in pieno il pensiero economico predatorio neoliberista. Proprio quello che i suoi votanti non vogliono.

Peraltro tra coloro che sono andati a votare contro i partiti di sistema molti hanno scelto soprattutto il Movimento 5 Stelle per la sua iniziale spinta anti-sistema, che purtroppo si è esaurita con l’azione governativa di Conte il quale, senza che l’elettorato se ne accorgesse, ha governato secondo il pensiero unico dominante del neoliberismo.

In sostanza quello che si ricava è che la mente degli italiani, offuscata dai mezzi di comunicazione, non ha considerato l’opportunità di votare un partito realmente anti-sistema, come Unione Popolare, che ha posto come primo obiettivo il cambiamento del sistema economico predatorio neoliberista e l’attuazione della Costituzione, scoraggiato dall’osservazione dei più secondo i quali detto partito non avrebbe potuto superare lo sbarramento del 3% – come in realtà è avvenuto.

Il fatto, tuttavia, che questo partito, di recentissima formazione e tutto imperniato sulla nobile figura di Luigi De Magistris, con il suo 1,4% di voti è comunque apparso sulla scena politica, anche se è stato boicottato dai media e dallo stesso Parlamento che gli ha imposto di raccogliere le firme nel mese di agosto e in un brevissimo lasso di tempo. Posso dire tuttavia che l’impegno formidabile che hanno posto in difesa della Costituzione Luigi De Magistris e i suoi candidati non si ferma qui e si protrarrà nel tempo per far crescere il vero seme della democrazia che è l’attuazione dei principi fondamentali della nostra Costituzione repubblicana e democratica.

Giorgia Meloni ha vinto, ma non si può certo invidiarla

Fabio Marcelli  27 SETTEMBRE 2022

Come dice il sor Giacinto, mitico chef della pregiatissima trattoria “Uffa che Pizza” in via dei Taurini a Roma, queste elezioni segnano con ogni evidenza la sconfitta della “agenda Draghi”: hanno infatti vinto coloro che sono riusciti a caratterizzarsi agli occhi dell’opinione pubblica, che fosse vero o no, come avversari del governo dei sedicenti Migliori. In entrambi tali casi occorre fare tanto di cappello all’intuito politico dei due leader in questione.

Giorgia Meloni che ha saputo defilarsi fin dall’inizio in modo opportuno da quella disastrosa esperienza, facendo valere in modo egregio il proprio ruolo di opposizione, sia pure solo formale, e Giuseppe Conte, che dissociandosi nella sostanza dalla linea dettata a Draghi da Confindustria e Nato ha saputo incarnare le ragioni dell’alternativa al governo del banchiere, recuperando un partito che gli svarioni di Grillo, Di Maio & C. stavano mandando al macello.

Sconfitti invece coloro che si sono appiattiti fino all’inverosimile, rasentando il masochismo esasperato, su Draghi, si tratti di Letta, segretario di un Pd ormai ridotto solo a partito di istituzioni e gruppi di potere, o di Salvini, che ha tentato di mascherare la propria indubbia nullità politica aggrappandosi anch’egli a Draghi per tramite di Giorgetti e degli accoliti di quest’ultimo, che si apprestano con ogni evidenza a riprendere in mano un partito allo sbando.

La politica, si sa, è oggi più che mai, nell’era dei social – tradizionali o di nuovo tipo – l’arte dell’apparenza, e lo è tanto più nella patria di Machiavelli e del cinismo sfiduciato della plebe che ha perso da tempo ogni speranza. In questo teatrino vince chi meglio sa apparire ma anche meglio mobilitare i più tradizionali, e in vari casi inquietanti, canali del consenso.Quest’ultima notazione vale ovviamente per Meloni e non certo per Conte, che ha saputo difendere con coerenza il reddito di cittadinanza che è esattamente l’opposto del tradizionale clientelismo, paramafioso o meno. Il generoso tentativo di Unione popolare, per il quale mi sono speso personalmente con grande convinzione, non è purtroppo, per il momento, riuscito. LuigiDe Magistris e gli altri leader di questa coalizione dovrebbero far proprie le parole di Hugo Chavez all’indomani del fallimento del suo tentativo rivoluzionario del 1992: “Por ahora no logramos“, per il momento non ci siamo riusciti.

Ma l’esigenza di dar vita a un laboratorio unitario per l’opposizione e l’alternativa strategica di sinistra è più che mai presente e vitale. Certo, l’Italia non è il Venezuela. Ma, sia pure in condizioni storiche e geografiche alquanto differenti, il motore della storia continua a girare e gira perfino in un Paese troppo sonnacchioso, abitudinario e conformista come il nostro. Le radici della vittoria di Meloni sono del resto in fin dei conti decisamente fragili. Non tanto per il fatto che a conti fatti e tenendo conto della massiccia astensione la appoggia solo il 16,64% del popolo italiano, dato che in democrazia chi si astiene perde sempre; quanto perché Giorgia, e in questo non si può certo invidiarla, sarà chiamata ad applicare l’agenda Draghi che in teoria contestava.

Ma su questo i suoi possibili margini di mediazione saranno estremamente ridotti e del resto, per quanto Le Pen, Orban, i polacchi e i neofranchisti spagnoli di Vox si possano oggi eccitare in modo esagerato, la stessa Giorgia ha già chiarito in modo esauriente che non intende creare problemi sui due capisaldi fondamentali dell’agenda Draghi: neoliberismo ed austerità economica, da un lato, e sostegno alla Nato e partecipazione al conflitto ucraino dall’altro.E saranno le principali fonti di problemi per noi tutti nel prossimo futuro, che trovano convergenza tra di loro nelle malaugurate sanzioni autolesionistiche a Putin. Si preannuncia un autunno che sarà caldo e freddo al tempo stesso. Freddo per le carenze di riscaldamento, che dovrebbero tuttavia trovare il loro culmine nei mesi invernali, caldo per la possibile e auspicabile ripresa della mobilitazione sociale. Il governo Meloni sarà chiamato a dare delle risposte che saranno tutte, si teme, estremamente deludenti. E l’opposizione alle sue scelte o alle sue non-scelte dovrà essere condotta avendo come bussola di riferimento esclusivamente gli interessi del popolo italiano, che dopo le elezioni di ieri rischia più che mai di essere in balia delle sciagure apportate con intensità crescente dal capitalismo e dalla guerra.

Su questo si costruirà l’opposizione sociale e politica, non solo a Meloni e al suo governo che vedrà in larghissima misura il riciclaggio di vecchie cariatidi assolutamente non all’altezza della situazione, ma a tutta l’agenda del grande capitale e dalla Nato che nella povera Giorgia avrà un’interprete per nulla nuova, dato che calca le scene del teatrino politico da decenni, ma oggi alle prese in modo inedito con un ruolo di indubbia difficoltà. Ovviamente non le faccio alcun augurio.

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