Finalmente bocciato il Tav e il partito del Pil da IL MANIFESTO
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
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Finalmente bocciato il Tav e il partito del Pil da IL MANIFESTO

Finalmente bocciato il Tav e il partito del Pil

Guido Viale 18.06.2020

Il 16 giugno la Corte dei conti dell’Unione Europea ha bocciato il progetto del Tav Torino-Lione: sballato (cioè falso) il preventivo dei costi, quasi raddoppiati rispetto al progetto iniziale; sballati i tempi di realizzazione (doveva essere completato nel 2015; ora nel 2029; ma non era nemmeno iniziato alla prima data né potrà essere completato alla seconda); sballate le previsioni di merci e passeggeri (cosa che fa del progetto un pozzo senza fondo); sballati soprattutto i benefici ambientali vantati: se le merci da trasportare fossero quelle (false) ipotizzate, si andrebbe in pari con le emissioni climalteranti solo al 2050; ma se fossero anche solo la metà i tempi di recupero raddoppiano.

Niente di nuovo: si sapeva già tutto. Lo sta mettendo in chiaro da ormai 30 anni, mano a mano che il progetto cambia e si precisa, il movimento NoTav della Valsusa, sostenuto da incontestabili pareri tecnici di gran parte dei trasportisti italiani; ma anche dalla Corte dei conti francese e perfino dalla bislacca analisi costi-benefici del prof. Marco Ponti, che pure era basata su assunzioni molto favorevoli al progetto, benché difficilmente sostenibili. Insieme al Tav Torino Lione la Corte ha bocciato sei (compreso il traforo del Brennero) degli otto progetti analizzati, tutti relativi al programma Ten-T (i cosiddetti “corridoi europei”) varato quasi trent’anni fa, contestualmente al trattato di Maastricht, e mandati avanti nonostante che sull’intero programma pesassero sempre nuovi pareri negativi.

Ma fra tutti, per la Corte, il progetto più negativo è proprio il Tav Torino-Lione. Prova evidente che la Commissione europea non si preoccupa se i soldi che distribuisce vengono sprecati. Ma non solo la Commissione. Neanche i paesi cosiddetti “frugali” (ma frugali solo a spese altrui, e da cui si è sfilata da poco la Germania), quelli che hanno mandato a fondo la Grecia e ora minacciano di farlo con l’Italia, e che pretendendo di controllare euro per euro i conti dei paesi che vogliono sottoposti alla loro sorveglianza, hanno mai trovato niente da ridire sullo spreco gigantesco rappresentato dal progetto del Tav Torino-Lione, che va avanti solo grazie ai soldi promessi dalla Commissione. Perché?

Perché in difesa e a sostegno di quel progetto sciagurato si è consolidato in Italia tutto il cosiddetto “partito del Pil”, che va dai sindacati confederali alle destre di Salvini, Meloni e Berlusconi, passando per Confindustria e “madamine SiTav”, ma che ha il suo pilastro portante nel Pd piemontese e nazionale; e che ha propri referenti anche all’estero, nelle associazioni industriali e nelle maggioranze di governo di quasi tutti i paesi dell’Unione. Viva le Grandi opere, anche se inutili e dannose; viva i Grandi eventi, anche se lasciano dietro di sé solo macerie e contribuiscono ad accelerare la catastrofe climatica e ambientale. Perché Grandi opere e Grandi eventi “fanno Pil”, anche se a spese dell’ambiente, delle comunità locali e del welfare nazionale. Non c’è altro modo di promuovere il “loro” sviluppo.

Ora l’Unione europea ha promosso un green deal, variamente intrecciato con i fondi per far fronte alla stasi produttiva del Covid-19. Che farne? Il partito del Pil ha pronta la risposta: Grandi opere! Tunnel, stazioni sotterranee, alta velocità, là dove non ci sono nemmeno i treni per trasportare pendolari e prodotti agricoli, autostrade per incrementare il traffico (anche se l’industria automobilistica langue e languirà per anni; o per sempre), porti per cargo che non navigano più da ben prima della pandemia, nuovi aeroporti anche se il traffico aereo è fermo e farlo riprendere vuol dire far precipitare la crisi climatica; e, naturalmente, Olimpiadi (invernali), anche se quelle estive di Tokyo sono andate a rotoli, trascinando con sé metà del paese. Non manca nemmeno il Ponte sullo Stretto!

Tanto il partito del Pil è sicuro di sé che, a suo nome, durante l’incontro di villa Pamphili, il nuovo presidente di Confindustria non si è nemmeno dilungato a illustrare il “loro” programma per la fase 3. Si è limitato a battere cassa: l’intendenza, cioè i “progetti”, la Grandi opere, seguiranno…

Mancavano a quell’incontro – con l’eccezione di un rappresentante (incatenato) delle centinaia di migliaia di misconosciuti e maltrattati lavoratori migranti, su cui l’azienda Italia ha costruito le sue (scarse) fortune – le forze con cui il partito del Pil, e non solo quello italiano, dovrà fare i conti non appena si riapriranno le piazze: innanzitutto il movimento NoTav dalla Valsusa e tutti i movimenti che in esso si riconoscono; poi i rappresentanti dei milioni di giovani di Fridays for future che non intendono farsi rubare il futuro da programmi così sciagurati; poi le donne di nonunadimeno, che hanno in mente ben altro: la cura della Terra; poi la voce di Francesco, che essendo un papa non ha al suo seguito divisioni corazzate, ma miglia di associazioni di laici e credenti impegnate anch’esse nella cura della casa comune. La partita è aperta.

La Torino-Lione bocciata su tutta la linea

Alta velocità. Benefici sovrastimati, previsioni di traffico gonfiate, costi lievitati e ritardi infiniti. L’impietosa relazione della Corte dei conti europea. I 5 stelle rilanciano lo stop. I Notav: un disastro annunciato, c’è tempo per fermarlo

Mauro Ravarino  TORINO 18.06.2020

Benefici sovrastimati, previsioni di traffico gonfiate, costi lievitati e ritardi infiniti. La Torino-Lione non sarà pronta entro il 2030. Così la Corte dei Conti Ue boccia, nel recente rapporto sui megaprogetti di trasporto europei, il Tav. «Davanti a un documento tanto pesante – commenta a caldo il Movimento No Tav – speriamo che chi in questi anni ha blaterato di “esperti” e di Europa non metta per l’ennesima volta la testa sotto la sabbia. Per fortuna, siamo ancora in tempo per fermare questo disastro annunciato chiamato Tav che per troppo tempo ha drenato soldi pubblici sottraendoli alle reali necessità del Paese, come la recente crisi sanitaria ha dimostrato».

PER QUANTO RIGUARDA i ritardi, solo il Canal Seine Nord Europe – il canale fluviale che coinvolge Francia, Belgio e Paesi Bassi – già indietro di 18 anni, è risultato peggiore nelle valutazioni rispetto al discusso collegamento ferroviario ad alta velocità, in ritardo, secondo le stime più recenti, di 15 anni (doveva essere inaugurato nel 2015). «È probabile che il collegamento Torino-Lione – si legge nelle osservazioni del rapporto che indaga otto progetti – non sarà pronto entro il 2030, come al momento previsto, poiché il termine ultimo attuale per il completamento è il dicembre 2029».

RISPETTO ALLE STIME iniziali l’incremento per il Tav è stato dell’85%: da 5,2 miliardi di euro a 9,6. Un dato che però Telt, il promotore pubblico incaricato di costruire e gestire la tratta transfrontaliera di 65 chilometri, contesta: «L’aumento dei costi (+ 85%) cui fa riferimento la relazione della Corte dei conti Ue si riferisce a uno studio preliminare effettuato da Alpetunnel, negli anni ’90, che riguardava una galleria di base con una sola canna, anziché le due attuali diventate obbligatorie per le normative di sicurezza. Il costo finale è stato certificato da un soggetto terzo a 8,3 miliardi di euro in valore 2012, convalidato e ratificato dagli Stati e a oggi pienamente confermato».

LA TORINO-LIONE sarebbe, secondo Mario Virano, direttore generale di Telt, «pienamente integrata nel Green Deal, come attore di riequilibrio modale e strumento essenziale di una politica più verde». Una fotografia che non combacia con quella del rapporto della Corte che considera i benefici ambientali sovrastimati: «Nel 2012 il gestore dell’infrastruttura francese ha stimato che la costruzione del collegamento transfrontaliero Torino-Lione, insieme alle relative linee di accesso, avrebbe generato 10 milioni di tonnellate di emissioni di Co2, con un beneficio netto in termini di emissioni a 25 anni dall’inizio dei lavori». Secondo gli esperti consultati dalla Corte «le emissioni di Co2 verranno compensate solo 25 anni dopo l’entrata in servizio dell’infrastruttura».

MALE ANCHE LE PREVISIONI trasportistiche. La più recente stima riferita al 2035 parla di 24 milioni di tonnellate di merci, ossia otto volte l’attuale flusso di traffico. Fallimentari, per la Corte, «le procedure di coinvolgimento dei portatori d’interesse» sfociate in 30 cause intentante da associazioni o privati cittadini che si opponevano ad essa per ragioni ambientali o di procedura.

UNA PAGELLA IMPIETOSA. Il M5s ha colto la palla al balzo: «Cos’altro serve per mettere la parola fine sul Tav? La relazione della Corte dei Conti europea estrinseca, uno dopo l’altro, tutti i limiti dell’opera che il Movimento bolla da sempre come inutile e costosa», hanno detto i senatori piemontesi Alberto Airola, Susy Matrisciano ed Elisa Pirro. In sintonia con i colleghi alla Camera: «Per noi, da sempre, si tratta di un’opera non prioritaria».

COSÌ NON LA PENSA la deputata di Italia Viva, Silvia Fregolent, secondo cui i ritardi sulla Tav «rallentano la crescita di un’intera nazione». Non vogliono rinunciare al Tav la Lega («L’Italia rischia essere tagliata fuori da corridoi Ue» per Edoardo Rixi) e Forza Italia con l’europarlamentare Massimiliano Salini, che ritiene «discutibile» il rapporto di Bruxelles: «Fermare la Tav sarebbe una follia». Silenti i dem che, però, vengono chiamati in causa dal presidente della commissione cultura M5s, Luigi Gallo: «Ora il Pd spieghi in Parlamento perché vuole una inutile opera che ha 11 anni di ritardi, non pronta prima del 2030».

TRA LE OPERE VALUTATE nel rapporto c’è anche la galleria di base del Brennero, che registra un incremento dei costi del 42% e un ritardo di 12 anni. Caratteristiche che non sono solo italiane, l’Ue – evidenzia il rapporto – ha un problema nel costruire le opere rispettando costi e tempi. Intanto, in Val di Susa, i No Tav, che ieri si sono ritrovati a San Didero, preparano la mobilitazione estiva. Saranno impegnati «in un’opera di monitoraggio e denuncia».

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