MANOVRA: ATTACCO AGLI ENTI LOCALI, ALLA SOLIDARIETÀ, ALLA SCUOLA, ALLA CURA da IL MANIFESTO e IL FATTO
Manovra: l’attacco agli enti locali, alla solidarietà, alla cura
I tagli agli italiani Legge di bilancio: cosa c’è scritto davvero nel testo approvato in maniera definitiva dal Senato. Parlano i sindaci, il terzo settore e i sindacati che hanno scioperato il 20 novembre nella sanità: tagli, blocchi, definanziamento. E’ la strategia che Meloni chiama “conti in ordine”
Roberto Ciccarelli 29/12/2024
Tagli, blocchi e definanziamenti. E’ la strategia che la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha chiamato ieri dei «conti in ordine». Ordine secondo il patto di stabilità europeo di cui è la guardiana. La legge di bilancio varata in maniera definitiva dal Senato prevede in realtà un triplice attacco alla spesa sociale, all’assistenza e al lavoro nella sanità. Lo si vede dalle prime reazioni dei sindaci, delle organizzazione del terzo settore e dei sindacati dei medici e degli infermieri che hanno lanciato allarmi e nuove mobilitazioni.
Ci sono le politiche di austerità (si tagliano oltre 13 miliardi di euro nel triennio 2025 – 2027 ai Ministeri, (tra cui Industria, Istruzione, Università e ricerca, Cultura), Regioni ed Enti locali; si blocca il Terzo settore con un vincolo sulle spese e sugli investimenti (misura da collegare al già avvenuto massacro dei fondi contro la povertà: almeno 1 miliardo in meno); si definanzia pesantemente il Servizio sanitario nazionale in prospettiva finanziando nei fatti la sanità privata (secondo il Gimbe mancano 19 miliardi da oggi al 2030).
Il presidente dell’Anci e sindaco di Napoli Gaetano Manfredi ha ribadito ieri ciò che aveva detto nel giorno del suo insediamento: «Non c’è dubbio che andiamo verso maggiori vincoli sulla spesa pubblica. Gli accantonamenti della parte corrente per i prossimi cinque anni sono di 1 miliardo e 350 milioni, a partire da 130 milioni quest’anno. Gli investimenti ridotti nei prossimi cinque anni sono pari a 3,2 miliardi. Colpirà tutti, perché i comuni che forniscono più servizi, ovvero quelli del Nord, risentiranno dell’aumento dei costi».
«Si rischia di ridurre la capacità dei Comuni di garantire e ampliare servizi essenziali per i cittadini, in particolare nei centri più piccoli» ha detto Il sindaco di Imola Marco Panieri (Anci Emilia Romagna). «È la politica del “tirare la cinghia” a cui i Comuni italiani sono sottoposti ormai da troppo tempo – ha aggiunto il sindaco di Rimini Juri Magrini – Gli effetti di questi tagli e vincoli non si vedranno nell’immediato, ma a partire dal 2027, dopo il Pnrr». «Tutto questo avviene mentre i cittadini si aspettano dai Comuni sempre maggiori servizi come quelli per la popolazione che invecchia, per la non autosufficienza o per la casa, così come quelli che riguardano educazione, coesione sociale e politiche giovanili» ha detto il sindaco di Modena Massimo Mezzetti che ha scritto una lettera a Meloni e Giorgetti in cui ha ricordato che «non hanno neppure tenuto conto dei recenti appelli del presidente Mattarella».
La richiesta dell’Anci è un tavolo con il governo. Per ora ai comuni è stato risparmiato il blocco del turnover ed è stato dato un contentino di 100 milioni per l’assistenza ai minori. Dalla maggioranza hanno sostenuto che questa è una «forma di attenzione». Nelle sue dichiarazioni di voto ieri al Senato Maurizio Gasparri (Forza Italia) ha detto a Manfredi di «chiedere scusa». La maggioranza non ama che qualcuno dica cosa sta facendo veramente.
«Quasi nessuna delle nostre proposte è stata accolta – ha detto Vanessa Pallucchi, portavoce del Forum Terzo Settore – Si colpiscono i soggetti della solidarietà e i più fragili. È incomprensibile e inaccettabile vincolo sulle spese e sugli investimenti. Questo porterà a meno servizi e di minore qualità. Sono servizi che spesso nemmeno lo Stato è in grado di offrire. Non è stato inserito il necessario aumento del tetto al 5 per mille: in questo modo non viene rispettata la volontà dei contribuenti. Per la povertà educativa minorile non viene rifinanziato il Fondo nazionale».
Grande disappunto è quello dei sindacati dei medici e degli infermieri che hanno scioperato il 20 novembre. «Ci sono poche risorse frantumate tra innumerevoli capitoli di spesa che servono solo ad accontentare qualche centro d’interesse – sostengono Pierino Di Silverio (Anaao Assomed), Guido Quici (Cimo-Fesmed), e Antonio De Palma (Nursing Up) – Per i medici c’è un aumento offensivo dell’indennità di specificità (circa 17 euro netti al mese), gli infermieri ottengono un irrisorio aumento mensile di circa 7 euro netti. Nonostante le promesse, le belle parole, gli apprezzamenti: nulla. Ci prepariamo a un 2025 denso di battaglie sindacali da combattere su più fronti».
Tagli alla scuola pubblica per finanziare la privata
I tagli agli Italiani Di diverso, rispetto alla stagione berlusconiana dei tagli lineari a scuola e università, c’è solo la consapevolezza.
Luciana Cimino 29/12/2024
Di diverso, rispetto alla stagione berlusconiana dei tagli lineari a scuola e università, c’è solo la consapevolezza. Se i ministri di allora, Giulio Tremonti all’Economia e Mariastella Gelmini all’Istruzione, avevano rivendicato la riduzione della spesa pubblica nel settore della conoscenza (anche al costo di gaffe imperiture come la frase «Con la cultura non si mangia», poi disconosciuta), quelli attuali preferiscono per la propaganda attuare una strategia della negazione costante e continuata di ogni questione problematica.
Così come Anna Maria Bernini accusa di malafede chiunque evidenzi le decurtazioni al fondo per gli atenei, anche il titolare dell’Istruzione, il leghista Valditara, magnifica la scuola dell’era meloniana. Dove l’unico problema è che vi si iscrivono anche studenti di sinistra, naturalmente «teppisti», «violenti», «facinorosi».
Invece, nella legge di bilancio approvata ieri attraverso la fiducia, si percepisce con chiarezza il ruolo di terza fila che il governo di destra centro assegna alla conoscenza. Eccetto le scuole private e paritarie che riceveranno un contributo di 50 milioni di euro in due anni. Per i genitori che intendono farle frequentare ai figli sono previste detrazioni per le spese sostenute da 800 a mille euro.
Sono stati trovati 15 milioni di euro anche per una delle riforme spot di Valditara, il 4+2 della filiera tecnico professionale. Mentre 2 milioni di euro sono destinati al «Programma studente-atleta» ed è stato creato un piccolo fondo per il sostegno psicologico nelle scuole.
Quanto al personale (docenti, precari, insegnanti di sostegno e amministrativi) il governo parla di un «incremento del 6% per il contratto collettivo 2022/2024» e di altre risorse per il successivo e garantisce «un aumento stipendiale a regime del 5,4%, superiore all’inflazione programmata». E di «taglio del cuneo fiscale fino a 40 mila euro lordi».
Secondo sindacati e opposizioni però la realtà è diversa. «La cifra politica della manovra su università, scuola e ricerca è un forte definanziamento che mette a rischio la tenuta complessiva del sistema nazionale della formazione, oltre che scaricare su studenti e precari il costo di questa scelta», spiega la Flc Cgil. Il sindacato vede solo un «misero incremento dello 0,22% destinato al salario accessorio che si aggiunge a quanto stanziato dalle precedenti finanziarie, per un aumento complessivo del 6%, circa 140 euro medi mensili lordi».
La misura, per l’organizzazione guidata da Gianna Fracassi, è quindi «del tutto inadeguata» a fronte di una inflazione quasi al 18%. «Di fatto al personale si impone una perdita retributiva pari a 2/3 circa dell’inflazione, impoverendo ulteriormente una categoria tra le meno pagate in Europa». I tagli nella manovra riguardano anche gli organici: «per la scuola il saldo è negativo – nota la Flc Cgil – 3.794 posti di docenti in meno nel 2025 e per il 2026 tagli di oltre 2.200 Ata».
Concordano le opposizioni. Per la senatrice dem D’Elia si tratta di un «testo mediocre, fatto solo di tagli nei settori più strategici del paese, a partire dalla sanità e dalla scuola con 7.800 posti cancellati tra docenti e personale amministrativo». «Un taglio simile non si vedeva dalla Gelmini: meno mezzo miliardo di euro a tutti i settori della cultura nel prossimo triennio», le fa eco la collega di partito alla Camera, Ascani. Per il capogruppo Avs De Cristofaro, «il sistema sanitario nazionale e la scuola pubblica sono umiliati da questa legge di bilancio: nulla per ridurre le liste d’attesa, niente per il diritto allo studio, anzi, 50 milioni per le scuole private».
EGEMONIA INCULTURALE
SILVIA TRUZZI 30/12/2024
Vale la pena mettere in fila i dati che in sequenza sono arrivati nelle ultime settimane sul Belpaese degli asini. Secondo il rapporto annuale del Censis il 55% degli italiani non sa chi sia Giuseppe Mazzini (per il 19,3% un “parlamentare della prima repubblica”!!!); il 49,7% non sa indicare l’anno della Rivoluzione francese; per il 32,4% la Cappella Sistina è stata affrescata da Giotto o da Leonardo; per il 35% Eugenio Montale è stato un presidente del Consiglio degli Anni 50; per il 12,9% 7 per 8 “non fa necessariamente 56” (forse fa 78). Guardando i risultati dell’indagine Ocse-Pisa, poi, scopriamo che nel nostro disgraziato Paese un adulto su tre (tra i 16 e i 65 anni) capisce al massimo testi brevi e che è in grado di compiere solo operazioni semplici, con numeri interi o decimali, ma già davanti a una proporzione va in confusione. Da ultimo, secondo la rilevazione dell’Osservatorio dell’Associazione Italiana Editori (dati Pepe Research), il 30% dei lettori legge in maniera frammentaria, qualche volta al mese se non qualche volta all’anno. Il tempo medio settimanale dedicato alla lettura si riduce a 2 ore e 47 minuti contro le 3 ore e 16 minuti del 2023 e le 3 ore e 32 minuti del 2022. Le disparità che emergono tra Nord e Sud, raccontate dai dati di NielsenIQ-GfK sul mercato del libro trade in Italia, sono drammatiche. Dei 79 milioni di libri smerciati tra gennaio e ottobre di quest’anno, il 35,8% è stato venduto nel Nord-Ovest, il 22,2% nel Nord-Est, il 22,7% al Centro, il 19,3% al Sud e Isole. Avete sentito un qualche tipo di allarme da parte di ministri, leader politici e parlamentari? No, e questo per il semplice motivo che gli analfabeti funzionali sono sudditi malleabili, le persone formate e informate sono cittadini consapevoli, più difficili da subornare con qualche slogan. Camerati e compagni: è inutile citare Gramsci ogni cinque minuti se una delle sue lezioni più importanti, l’emancipazione attraverso la cultura, viene così drammaticamente (e volontariamente) ignorata. Vi sgamano subito.
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