SPIANATA DELLE MOSCHEE: UNA PROVOCAZIONE VOLUTA da IL MANIFESTO e ADNKRONOS
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
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SPIANATA DELLE MOSCHEE: UNA PROVOCAZIONE VOLUTA da IL MANIFESTO e ADNKRONOS

L’ombra minacciosa di Ben Gvir sulla Spianata delle moschee

ISRAELE/TERRITORI OCCUPATI. Anche l’ex premier Yair Lapid chiede di fermare, per evitare scontri violenti con i palestinesi, la visita nel sito religioso del neo ministro della Pubblica sicurezza e leader dell’estrema destra.

Michele Giorgio, GERUSALEMME  03/01/2022

«Itamar Ben Gvir non deve salire al Monte del Tempio (la Spianata delle moschee, ndr)…È una provocazione deliberata che costerà vite umane». Ad affermarlo ieri non è stato un esponente politico palestinese ma Yair Lapid, capo dell’opposizione israeliana e premier fino alla scorsa settimana. Una ulteriore conferma che la «visita» che Ben Gvir, non più un semplice deputato ma ora ministro della Pubblica sicurezza, intende svolgere al più presto alla Spianata delle moschee rischia di innescare proteste e scontri violenti a Gerusalemme. Nel pomeriggio il primo ministro Benyamin Netanyahu si è incontrato con Ben Gvir. Sarebbe riuscito, secondo alcune fonti, a convincerlo a rinviare la visita. Ma si farà, al più presto.

Le «visite» di rappresentanti della destra religiosa israeliana non sono nuove al sito considerato il terzo luogo santo dell’Islam dopo Mecca e Medina. La «passeggiata» che lo scomparso capo della destra e primo ministro Ariel Sharon fece nel settembre del 2000 sulla Spianata, in una fase di intenso scontro politico e diplomatico tra israeliani e palestinesi, accese la miccia della seconda Intifada contro l’occupazione. Delicato è anche questo momento in cui l’ascesa al potere in Israele dell’estrema destra religiosa genera tensioni e preoccupazioni, anche all’interno dello Stato ebraico. Ben Gvir è un accanito sostenitore del cambiamento dello status quo sulla Spianata in vigore dal 1967 e riconfermato dal trattato di pace del 1994 tra Israele e Giordania. Gli ebrei già pregano al loro sito più sacro, il Muro del Pianto – i musulmani sulla Spianata e i cristiani al Santo Sepolcro – ma l’estrema destra e i movimenti messianici vogliono imporre lo svolgimento di riti ebraici e la spartizione del sito islamico. Una questione che non riguarda solo i palestinesi. Mercoledì scorso re Abdullah di Giordania, custode dei luoghi santi islamici e cristiani, ha ammonito il governo Netanyahu a «non superare linee rosse» a Gerusalemme. Intanto il movimento islamico Hamas lancia l’allerta e fa capire di essere pronto a una nuova guerra: «Chiamiamo la nostra gente a difendere la moschea di Al Aqsa», ha esortato il portavoce Harun Nasser al Din. Una reazione è giunta anche dall’Autorità nazionale palestinese. «La minaccia di Ben Gvir di assalire Al-Aqsa come ministro della sicurezza – ha scritto su Twitter Hussein al Sheikh – è il culmine di una sfida palese e spudorata che richiede una risposta palestinese, araba e internazionale».

Il nuovo governo israeliano ha fatto capire che non terrà conto più di tanto delle posizioni internazionali. È stata minima infatti la reazione del governo Netanyahu alla decisione dell’Assemblea generale dell’Onu che ha approvato una risoluzione – 87 voti favorevoli, 53 astenuti  e 26 contrari (tra i quali l’Italia) – che chiede alla Corte internazionale di giustizia (Cig) di esprimere un parere consultivo sulle conseguenze legali dell’occupazione israeliana, sugli insediamenti coloniali, le misure volte ad alterare la composizione demografica nei Territori occupati, il carattere e lo status di Gerusalemme. Il ministro del turismo israeliano Haim Katz ha commentato il voto a suo modo annunciando investimenti «in Giudea e Samaria, la nostra Toscana» usando termini ebraici per indicare la Cisgiordania. Nel 2004 i giudici internazionali stabilirono che il Muro costruito da Israele in Cisgiordania era illegale.

Proseguono anche nel 2023 le incursioni dell’esercito israeliano nei Territori occupati. Ieri due palestinesi, Mohammad Houshieh e Fouad Abed, sono stati uccisi durante scontri a Kafr Dan (Jenin) scoppiati mentre i militari demolivano le case dei due palestinesi che lo scorso settembre spararono contro un posto di blocco uccidendo un militare. È di quattro morti invece il bilancio di un bombardamento israeliano sull’aeroporto internazionale di Damasco messo «fuori servizio» per alcune ore.

Onu chiede a Corte internazionale di valutare “occupazione” Israele

31 dicembre 2022

La risoluzione invita il tribunale dell’Aia a determinare le “conseguenze derivanti dalla continua violazione del diritto del popolo palestinese all’autodeterminazione”

L’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha chiesto alla Corte internazionale di giustizia di valutare ”l’occupazione” e ”l’annessione” di territori palestinesi da parte di Israele, prendendo in considerazione le conseguenze. La risoluzione è stata votata con 87 voti a favore e 26 contrari, mentre 53 si sono astenuti, mostrando un sostegno unanime da parte delle nazioni islamiche e un Occidente diviso.

La risoluzione invita il tribunale Onu dell’Aia a determinare le “conseguenze legali derivanti dalla continua violazione da parte di Israele del diritto del popolo palestinese all’autodeterminazione” nonché delle sue misure “dirette ad alterare la composizione demografica, il carattere e status” della città santa di Gerusalemme.

L’ambasciatore palestinese presso le Nazioni Unite, Riyad Mansour, ha affermato che il voto ha inviato un segnale al nuovo governo del primo ministro Benjamin Netanyahu sui suoi sforzi per “accelerare le politiche coloniali e razziste”. Parlando prima del voto, l’ambasciatore israeliano, Gilad Erdan, ha definito la risoluzione “una macchia morale per le Nazioni Unite” affermando che “nessun organismo internazionale può decidere che il popolo ebraico sia un occupante nella propria patria”.

L’Autorità nazionale palestinese (Anp) ha accolto con favore il voto delle Nazioni Unite. ”Il presidente palestinese Mahmoud Abbas ha ringraziato tutti i Paesi che hanno sostenuto la causa palestinese e tutte le parti che hanno lavorato per il successo di questa risoluzione”, si legge in una nota.

Il portavoce di Abbas Abu Rudeineh ha affermato che ”è giunto il momento per Israele di essere uno stato secondo la legge e di essere ritenuto responsabile dei suoi crimini in corso contro il nostro popolo”. Abu Rudeineh ha quindi aggiunto che “ricorrere a istituzioni internazionali è un diritto palestinese e continueremo a unirci a organismi e istituzioni internazionali”.

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