MARCIA PERUGIASSISI. LOTTI: “LA POLITICA È ASSENTE,SIAMO A UN PUNTO DI NON RITORNO” da IL FATTO e IL MANIFESTO
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
Cultura, Saperi, Università, Dialogo
11297
post-template-default,single,single-post,postid-11297,single-format-standard,stockholm-core-2.4,select-child-theme-ver-1.0.0,select-theme-ver-9.6,ajax_fade,page_not_loaded,,qode_menu_,wpb-js-composer js-comp-ver-6.13.0,vc_responsive

MARCIA PERUGIASSISI. LOTTI: “LA POLITICA È ASSENTE,SIAMO A UN PUNTO DI NON RITORNO” da IL FATTO e IL MANIFESTO

Marcia Perugia-Assisi, l’organizzatore Lotti: “La politica è assente, siamo a un punto di non ritorno. Accanto ai pacifisti c’è solo Bergoglio”

-4:15″Il pericolo sta crescendo, la maggioranza di italiani contraria all’invio delle armi deve far sentire la sua voce”, dice al fatto.it il coordinatore nazionale della Tavola della pace. I leader politici “hanno delegato alle armi la soluzione del problema: questa alternativa tra sottomissione e guerra la rifiutiamo. La narrazione pubblica sta paralizzando le persone e creando senso di impotenza, serve una maggiore assunzione di responsabilità”

 Alex Corlazzoli | 23 FEBBRAIO 2023

“La narrazione pubblica sta paralizzando le persone e creando senso di impotenza. La politica è assente. Serve una maggiore assunzione di responsabilità. Speriamo che questi tre giorni di manifestazioni servano”. A dirlo è Flavio Lotti, coordinatore nazionale della Tavola della pace, la rete di enti e associazioni che ha organizzato la marcia notturna da Perugia ad Assisi in occasione dell’anniversario dell’invasione dell’Ucraina. Il volto di Lotti è legato da sempre alle iniziative per la pace: 63 anni, dal 1995 è l’organizzatore della tradizionale marcia umbra che richiama gente da tutta Italia.

Qual è l’obiettivo della vostra iniziativa di stanotte?

Uno è sociale, l’altro politico. Vogliamo invitare tutti a svegliarsi, a reagire in maniera ancora più decisa e consapevole di quanto fatto in quest’ultimo anno. La maggioranza di italiani contraria all’invio delle armi deve far sentire la sua voce. Il pericolo sta crescendo. Stiamo arrivando a un punto di non ritorno. Molta più gente si deve mobilitare. Il gesto faticoso e impegnativo di questa sera vuol essere un’assunzione di responsabilità più grande.

E quello politico?

Vogliamo riproporre l’appello per il cessate il fuoco. Non possiamo continuare a guardare al conflitto senza una seria iniziativa di pace. La politica non ha fatto tante cose, non c’è solo la questione dell’invio delle armi. La più importante è l’impegno per riaprire un dialogo con l’aggressore che si sta macchiando di crimini enormi. Dobbiamo parlare con il nemico. Tutti, governo e opposizione devono rispondere a questa domanda: qual è la vostra strategia? Come farete a proteggerci, ad evitare che l’Italia venga travolta dalla guerra?

Sembra che nemmeno il centrosinistra sia così deciso a sostenere un percorso di pace.

C’è un’assenza della politica, tutta. Non ha assunto un ruolo. Hanno delegato alle armi la soluzione del problema. Questa alternativa tra sottomissione e guerra la rifiutiamo. Serve trovare un altro modo per difendere gli ucraini, altrimenti faranno la fine dell’Afghanistan.

Chi sentite vicino al vostro movimento?

Accanto a chi vuole la pace c’è solo papa Francesco. Lo dico con gratitudine ma anche preoccupazione. Non c’è leader mondiale alla pari. Il segretario dell’Onu pronuncia parole preoccupanti che vengono ignorate. Dalla parte delle vittime, l’unica guida politica e morale è Bergoglio.

Per molti anche i comportamenti del presidente Zelensky sembrano essere talvolta un po’ fuori luogo.

C’è un aggressore e ci sono degli aggrediti. Pensare che la pace la facciano i russi e gli ucraini è una speranza mal riposta serve l’impegno di tutti gli altri attori, a cominciare dall’Europa, che deve assumersi la responsabilità di fare cose diverse da quanto proposto dagli Stati Uniti. Tutto questo non è pacifismo o altro, ma il minimo di buon senso. Non do giudizi.

In questi giorni sono tante le manifestazioni organizzate. È cambiato il clima o c’è ancora distrazione?

C’è rassegnazione. La gente non ha capito cosa sta realmente accadendo. Quel movimento di cittadini per la pace è tutto da costruire. Mi auguro che questi tre giorni servono per arrivare a fare un lavoro quotidiano, una pressione politica più forte. Altrimenti tra un anno rischiamo uno scenario ancora più tragico.

In sciopero contro l’invio delle armi

OPERAI E PORTUALI CONTRO LA GUERRA. In una ventina di fabbriche del Modenese gli Rsu Fiom hanno deciso due di protesta a fine turno. Domani l’Usb manifesta in tutti i porti con presidio a Genova alle 14,30

Massimo Franchi  24/02/2023

Metalmeccanici e portuali contro la guerra. In una ventina di fabbriche del Modenese e qualcuna del Bolognese questa mattina le Rsu della Fiom hanno proclamato una o due ore di sciopero a fine turno mentre per domani l’Usb ha da tempo lanciato lo sciopero in tutti i porti italiani, con manifestazione nazionale alle 14,30 nel porto di Genova.

Centro della protesta è Modena dove l’elenco delle fabbriche in cui si sciopererà contro la guerra è lungo e coinvolge buona parte del tessuto produttivo della città e del circondario: si va dalla Motovario, azienda di componenti per la trasmissione in cui la partecipazione sarà più alta, alle grandi Maserati e Cnh del gruppo Stellantis più moltissime aziende più piccole come Annovi, Wam, Omr, Manitou, Pfb, Goldoni, 2b Box, Centauro, Angelo Po, Emmegi per un totale di alcune migliaia di lavoratori coinvolti.

Lo sciopero rafforza la partecipazione della Fiom e di tutta la Cgil ai presidi che si terranno nel pomeriggio per Europe for peace e riprende l’emendamento proposto dal documento di minoranza «Le radici del sindacato» e fatto proprio dalla segreteria al recente congresso nazionale della Fiom a Padova: «È prioritario continuare la mobilitazione contro il governo Meloni che continua a sostenere la guerra, come il governo Draghi faceva prima, a partire dalle mobilitazioni che le Rsu sceglieranno di mettere in campo a partire dalle manifestazioni del 24 e 25 febbraio di Europe for peace».

«L’importanza dello sciopero deriva dal fatto che le parole d’ordine sono contro il riarmo e contro l’invio di armi in Ucraina, non è uno sciopero testimoniale per il primo anniversario della guerra», spiega Giovanni Iozzoli, uno degli Rsu Fiom che lo ha proclamato nella piccola azienda in cui lavora, la Pfb.

Sciopero molto più ampio ha invece deciso di fare l’Usb Mare e porti che domani unirà la protesta contro la guerra alla strage sul lavoro. Lo sciopero infatti è stato deciso all’indomani dei due portuali morti il 9 e 10 febbraio (Paolo Borselli, 58 anni a Trieste e Alberto Motta, precario di 29 anni a Civitavecchia). «L’unica guerra da combattere è quella contro gli omicidi sul lavoro», proclama l’Usb: «La giornata del 25 febbraio vedeva già i lavoratori portuali di Usb schierati contro tutte le guerre e l’economia di guerra e per rendere i nostri porti liberi dal traffico di armi e di morti a un anno dallo scoppio del conflitto in Ucraina», sottolinea l’Usb.

No Comments

Post a Comment

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.