GUTERRES: “PATTO STORICO O SAREMO CONDANNATI” da IL MANIFESTO
Senza se e senza ma: «Basta Cop»
Marco Bersani 05/11/2022
Sta per iniziare la Cop27 in Egitto e le premesse sono disperanti. Non solo perché l’appuntamento annuale sul clima è ospitato da una dittatura sanguinaria che cercherà di utilizzarlo per rifarsi un ruolo internazionale. Non solo perché se il governo italiano mostrasse un minimo di dignità boicotterebbe quell’appuntamento in risposta al boicottaggio che le autorità egiziane hanno messo in campo per anni contro verità e giustizia per Giulio Regeni.
Ma anche perché i governi del mondo si apprestano alle solite due settimane di ‘lacrime del coccodrillo’ su clima, ambiente, siccità, fame, perdita di biodiversità per poi dedicare le successive cinquanta settimane dell’anno a inseguire il trittico ‘crescita, concorrenza, competitività’, senza soluzione di continuità e dentro il possibile baratro di una terza guerra mondiale. Basti pensare che l’obiettivo più ambizioso della conferenza sarà il mantenimento degli impegni presi: impegni assolutamente insufficienti, ma, nel nuovo contesto mondiale, passibili di ulteriori arretramenti. Del resto, basta vedere i dati per capire come i governi stiano continuando ad operare in direzione ostinata e contraria rispetto a ciò che la gravissima crisi eco-climatica e l’altrettanto grave emergenza sociale richiederebbero.
A scoprire il vaso di Pandora ci ha pensato la rivista scientifica ‘The Lancet’, che nel suo ultimo rapporto, pubblicato il 20 ottobre scorso, ha illustrato chiaramente la situazione. Vediamo solo alcuni dei tanti dati riportati: le morti dovute all’eccesso di calore sono aumentate del 68% tra il 2017 e il 2021 rispetto al periodo 2000-2004 e l’esposizione al rischio di incendio del 61% nel medesimo arco temporale; le temperature insopportabili hanno fatto perdere complessivamente 470 miliardi di ore di lavoro, con un peggioramento del 5,6% dei redditi dei paesi più poveri; le zone che hanno patito siccità estrema nel periodo 2012-2021 sono aumentate del 29& rispetto al periodo 1951-1960, aumentando di 98 milioni il numero di persone che soffre la fame.
Ci sarebbe molto da discutere a Sharm el-Sheikh, anche solo a partire da questi pochi dati. Ma ciò che sicuramente non sarà messo in discussione è quanto i governi continuino a perseverare nel mantenimento di un modello che permette ai pochi di accaparrarsi la ricchezza collettiva, scaricando sui molti gli effetti climatici devastanti che ne conseguono. Anche qui ci vengono in soccorso i dati del rapporto di The Lancet: nel 2019 ammontavano a 400 miliardi di dollari (21 di questi sono italiani) i sussidi governativi alle fonti fossili, con ben 31 Stati nei quali questi sussidi ambientalmente dannosi superano del 10% la spesa sanitaria e addirittura cinque Stati nei quali eccedono del 100%.
In realtà, ciò che nessuna Cop metterà in discussione è l’acclarata insostenibilità di un modello fondato sull’economia del profitto e che vede nel mercato l’unico regolatore sociale.
E quella che tutti i mass media dichiarano essere la Cop decisiva per interrompere la catastrofe climatica non sarà che una nuova tappa del precipizio ambientale nel quale siamo immersi. È maturo il tempo che i movimenti ecologisti e i movimenti sociali boicottino «senza se e senza ma» questi vertici del bla-bla-bla e che si inizi a ragionare sulla costruzione di Cop alternative, costruite dal basso, autogestite da tutte le realtà -a partire dai popoli indigeni- che non hanno rinunciato a voler abitare il pianeta, che vogliono farlo bandendo tutte le guerre, che pensano ancora che la ricchezza sociale debba essere redistribuita secondo il principio per cui a ciascuno secondo i propri bisogni e da ciascuno secondo le proprie capacità.
Guterres avverte la Cop27: «Patto storico o saremo condannati»
Il segretario generale delle Nazioni unite alza il livello di allarme e sprona ad un accordo tra Paesi ricchi ed economie emergenti
Redazione 05/11/2022
«Ci stiamo avvicinando a un punto di non ritorno, con impatti irreversibili, alcuni dei quali difficili persino da immaginare». Sul clima, perciò, dice il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres alla vigilia del vertice Cop27 che si aprirà domenica a Sharm el-Sheikh, nell’Egitto del dittatore Al-Sisi, i Paesi ricchi devono firmare un «patto storico con le economie emergenti», altrimenti «non saremo in grado di cambiare questa situazione». Nella cittadella dove i delegati di quaranta Paesi del mondo si confronteranno fino al 18 novembre, per la prima volta nella storia delle Conference of Parties sui cambiamenti climatici, sarà allestito anche un Padiglione del Mediterraneo, una delle regioni maggiormente a rischio per gli effetti della crisi climatica mondiale.
La Cop di Sharm el-Sheikh, che si svolge in uno dei momenti peggiori nel quadro delle relazioni internazionali, con forti tensioni geopolitiche a causa soprattutto della guerra di Putin all’Ucraina, dovrà però cercare, afferma Guterres, in tutti i modi una soluzione condivisa e senza negare ancora una volta l’evidenza: «Non c’è modo di evitare una situazione catastrofica se il mondo sviluppato e quello in via di sviluppo non sono in grado di stabilire un patto storico, perché al livello attuale, saremo condannati».
Infatti, ripete Guterres che da mesi ha intensificato i suoi allarmi con toni sempre più allarmistici e di segno opposto ad un «tranquillizzante ottimismo» definito «un’illusione», «metà dell’umanità si trova nella zona di pericolo a causa di inondazioni, siccità, tempeste estreme e incendi. Nessuna nazione è immune. Eppure continuiamo ad alimentare la nostra dipendenza dai combustibili fossili».
Come ricordava ieri anche il Guardian, l’Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Service nel 2019 ha documentato in modo scientifico che «un milione di specie sono a rischio di estinzione, gli ecosistemi naturali hanno perso metà della loro superficie a causa delle attività umane, la biomassa degli animali selvatici si è assottigliata dell’82% e il sistema di sostegno vitale della terra è a rischio collasso».
Mettendo da parte il suo aplomb diplomatico, il segretario generale dell’Onu (dal 2017), ingegnere di formazione, ha accusato già nell’aprile scorso «alcuni governi e leader aziendali» di dire «una cosa e farne un’altra»: «In poche parole, stanno mentendo». E a giugno ha ripetuto: «I produttori e i finanziatori di combustibili fossili prendono l’umanità per il collo. Per decenni, l’industria dei combustibili fossili ha investito molto nella pseudoscienza e nelle pubbliche relazioni, con una falsa narrativa per ridurre al minimo la loro responsabilità per il cambiamento climatico e minare le politiche climatiche ambiziose».
Classe 1949, nato a Lisbona da famiglia benestante che gli ha assicurato i migliori studi, Guterres è stato presidente dell’Internazionale socialista e segretario generale del Partito socialista in Portogallo, dove ha assunto il ruolo di primo ministro dal 1995 al 2002. Nel 2005 è stato nominato Alto commissario Onu per i rifugiati. Dunque ne ha viste tante, compresa la corsa agli armamenti nucleari. Eppure il suo grido di allarme si è fatto più intenso negli ultimi tempi, soprattutto sulla giustizia climatica e in particolare rivolto al G20.
Ma c’è anche chi, tra i suoi collaboratori delle Nazioni unite, non condivide appieno i messaggi sempre più «incendiari» dell’anziano leader, considerati alla lunga controproducenti perché, invece di sensibilizzare, potrebbero rendere «refrattarie» le persone, che siano cittadini comuni, manager aziendali o decisori politici. L’allarmismo, spiegano al Guardian, è sempre un’arma a doppio taglio.
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