CI SAREMO L’8 MARZO CONTRO GUERRA E RIARMO. NON IL 15! da IL MANIFESTO
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
Cultura, Saperi, Università, Dialogo
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CI SAREMO L’8 MARZO CONTRO GUERRA E RIARMO. NON IL 15! da IL MANIFESTO

Ci saremo l’8 marzo contro guerra e riarmo. Non il 15

In piazza Saremo in piazza l’ 8 marzo contro la guerra e il riarmo. Non ci saremo il 15. Il 15 marzo c’è chi ci chiama in piazza per manifestare l’orgoglio europeo. […]

***  08/03/2025

Saremo in piazza l’ 8 marzo contro la guerra e il riarmo. Non ci saremo il 15. Il 15 marzo c’è chi ci chiama in piazza per manifestare l’orgoglio europeo.

Orgogliose di cosa?

Siamo stanche di guerra, di quelle lontane, neo-coloniali, in Africa, di quella più vicina fra Russia e Ucraina , della violenza genocida di Israele sul popolo palestinese; siamo indignate per le complicità del nostro governo, della Ue e degli Stati uniti, con l’invio di armi o una silenziosa immobilità; siamo arrabbiate per la retorica guerresca e la militarizzazione delle coscienze. E come non denunciare la fortezza Europa per le strage di migranti nei Mediterraneo?

800 miliardi. Sono quelli che l’imperturbabile Presidente della Commissione Europea ha destinato al ReArm Europe. Per continuare la guerra in Ucraina e difendersi da non si sa quale impellente minaccia.

Soldi che verranno sottratti alla sanità, alla scuola, ai servizi sociali che già le politiche austere fondate sul debito hanno duramente colpito.

Non saremo in quella piazza .

Non si scherza con la guerra. Non si prende in giro la pace.

Prime firmatarie:

Paula Beatriz Amadio, Anna Amodei, Rosa Amodei, Enrica Anselmi, Emanuela Bartolini, Giuliana Beltrame, Maria Brighi, Fiorella Carollo, Marinella Chieppa, Carla Coletti, Noemi Colombo, Mirella Converso, Maura Cossutta, Lara De Lutis, Monica Di Sisto, Ada Donno, Sarita Feltrin, Milena Fiore, Sancia Gaetani, Luciana Galliano, Chiara Giunti, Celeste Grossi, Paola Guazzo, Nora Haydee Rodriguez, Francesca Lacaita, Teresa Lapis, Laura Marcheselli, Alessandra Mecozzi, Annalisa Milani, Rossana Montecchiani, Angela Maria Paccosi, Paola Paesano, Angela Perri, Sabina Petrucci, Barbara Pettine, Barbara Piccininni, Nicoletta Pirotta, Patrizia Politelli, Carla Quaglino, Marina Rimoldi, Giulia Rodano, Angela Ronga, Rosa Rinaldi, Dolores Rossetti, Gabriella Rossetti, Patrizia Sentinelli, Patrizia Sterpetti, Gianna Tangolo, Halima Tanjaoui, Tania Toffanin, Patricia Uche Leonard, Gianna Urizio, Francesca Vermiglio.

per adesioni: femmsdc@gmail.com

8 marzo, nuovo vocabolario per connessioni possibili

8 marzo La semantica della violenza può essere scardinata solo dalla relazione…

Porpora Marcasciano  08/03/2025

Traggo ispirazione e mi faccio accompagnare da David Bowie dalla sua Where are we now per provare a scrivere dove ci troviamo adesso, quali relazioni possibili o probabili qui e ora? Una sfida diventata pratica costante nel tentativo di trovare una bussola nella bufera dei cambiamenti e delle trasformazioni dentro i quali siamo immersi.

Sempre più spesso mi chiedo dove siamo, che mondo viviamo, quale epoca stiamo attraversando senza riuscire a darmi risposte lucide e chiare. Incertezza e perplessità ci avvolgono mentre osserviamo lo svolgersi delle cose che, apparentemente, precipitano e il nostro senso di impotenza rispetto a ciò aumenta.
Nonostante tutto, credo che riflettere sul qui e ora come pratica personale e collettiva per leggere il mondo non può che farci bene, purché alla riflessione corrispondano azioni e pratiche capaci di intaccare o quantomeno scalfire il monolite patriarcale che ci grava addosso.

Qui e ora punto di arrivo e di partenza, snodo, crocevia e ricamo di un prezioso sistema di relazioni che aldilà di tutto continuiamo a tessere da molto tempo.

Abbiamo incarnato come tante Penelopi le tessitrici che compongono e disfano la tela dei rapporti, delle relazioni, degli schemi imposti ricostruendo un nuovo universo delle possibilità. Dal concetto del partire da sé a quello del personale politico, dalle prime autocoscienze ai gruppi di auto aiuto, ai multiformi seminari come laboratori di conoscenze. Tanta roba che ha riscritto la natura e le forme del nostro quotidiano, tracce profonde e importanti del nostro fare politico per modellare il mondo. Un lasso di tempo di circa settanta anni in cui le nostre pratiche hanno prodotto non quella massimalista, ma tante piccole e grandi rivoluzioni.

Soprattutto sull’agire quotidiano e su quell’assurdo antico sistema di relazioni che per secoli ha incastrato corpi, vite, esperienze. L’autodeterminazione agita e teorizzata è stato l’asse centrale di quella sovversione che ha trasformato l’esistente, soprattutto la qualità delle nostre vite. La messa in discussione del tempo lavoro, il riequilibrio del rapporto lavorativo, salariale, di quello di classe e di genere, una nuova e sana relazione con la natura e l’ecosistema, con la scienza, con la politica.

Imprescindibili le vittorie del divorzio come rottura della gabbia familiare, l’aborto come riappropriazione del corpo delle donne e del loro potere decisionale, il cambiamento di sesso e le transizioni verso il genere percepito. Anche se finita nel dimenticatoio della nostra storia, in tutto questo dovremmo inserire assolutamente la cosiddetta «Rivoluzione sessuale» degli anni Sessanta e Settanta, la Summer Love del «fate l’amore e non la guerra» che ha riportato fuori dalle cupe stanze sessualità, sensualità, sentimenti, desideri e bisogni, liberandoli dalla colpa antica. Come abbiamo parlato, pensato e agito in questo lasso di tempo rappresenta il vero «cambiamento epocale» che oggi sembra neutralizzato nel suo senso e significato da una cultura, prima ancora che da una politica che si è fatta destra, conservatrice e che man mano va delineandosi apparendo più nera di quanto l’avessimo immaginata. La costruzione e la riappropriazione di un nuovo vocabolario di classe, genere e cultura che riportasse la parola come significante delle nostre esperienze umane. Un tesoro inestimabile di elaborazione teorica di liberazione che ci ha fornito e continua a fornire le coordinate di viaggio o meglio di movimento.

Il femminismo che, come un fiume in piena, travolse tutto quel sistema di regole e costrizioni che agivano sui corpi non solo delle donne ma in generale sulla fisicità di genere (mi sia concesso il termine). I movimenti Queer che si riappropriano della storia e di una sessualità/sensualità proibita. I movimenti antirazzisti, ecologisti, libertari. Senza dimenticare il riconoscimento di soggettività o categorie fin qui disconosciute. Tutto quell’insieme di umanità insubordinata che reclamava e determinava la propria liberazione.

Un lavoro di tessitura, di costruzione del mondo avviata, forse, da quel buco nero del ‘900, dalla guerra mondiale con i suoi tragici epiloghi che spinse l’umanità ferita a ricercare nuove modalità esistenziali, a inventare nuove relazioni mai immaginate prima.

È la crisi che funziona come ricerca, possibilità, la cosiddetta «fame che aguzza l’ingegno» che ha funzionato come produttrice di umanesimo, di un universo meno ostile o estraneo che ci somigliasse di più. Questo e tanto altro ancora ha prodotto la magnifica tessitura, il favoloso ricamo di relazioni impensabili prima.

Tutte quelle «cose», le nostre «cose». di faucoultiana riflessione che abbiamo provato a costruire e decostruire cozzando con limiti e contraddizioni lungo il percorso che, definisco e rivendico, di liberazione. Le nuove simmetrie nate dallo scompaginamento dei vecchi codici. Una velocità oramai cronicizzata, entrata profondamente nella vita delle persone non permette di fermarsi a riflettere, a comprendere gli accadimenti, a leggere il mondo che ci sta intorno: proviamo a farlo allora in movimento, a motore avviato e, direi, in riserva di carburante. Facciamolo quindi prima che la macchina si fermi non perché rotta ma perché a secco.

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