BUONI(ISRAELE) E “CATTIVI”(IRLANDA) da IL FATTO
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
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BUONI(ISRAELE) E “CATTIVI”(IRLANDA) da IL FATTO

Ora Israele punisce l’Irlanda: chiusa l’ambasciata a Dublino

La guerra di Gaza – Netanyahu rompe le relazioni con il Paese più filopalestinese dell’Unione. Telefonata tra il premier e Trump

 Michela A.G. Iaccarino   16 Dicembre 2024

Per “le politiche estremiste ed anti-israeliane del governo”, per aver riconosciuto lo Stato palestinese come sovrano e indipendente, per aver supportato il Sud Africa che accusa Israele di condotta genocida nella Striscia di Gaza alla Corte di giustizia dell’Aja. Per tutti questi motivi, ha detto il ministro degli Esteri israeliano Gideon Saar, Tel Aviv ha deciso di chiudere la sua ambasciata a Dublino. Il governo irlandese è accusato di “azioni e retorica antisemite che hanno radici nella delegittimazione e demonizzazione dello Stato ebraico”. Perfino l’opposizione in Israele non è d’accordo: “Il modo per affrontare le critiche non è scappare, ma rimanere e lottare” ha detto Yair Lapid.

Ma per Saar l’Irlanda – lo Stato più schierato per Gaza nell’Ue e a confermarlo ci sono sondaggi e statistiche – “ha varcato ogni linea rossa nelle sue relazioni con Israele”. Si chiude la porta dell’ambasciata israeliana nell’isola, si apre quella di una nuova sede in uno stato ex sovietico: in Moldavia. Israele sta ridisegnando la sua rete diplomatica in base ai placet, agli allineamenti o al mancato supporto dei governi alla sua guerra; chiude e apre rappresentanze all’estero in base “a posizioni e azioni dei vari Paesi nei confronti di Israele” (parole di Saar). Il Taoiseach (premier irlandese) Simon Harris non è rimasto zitto: ha giudicato “deplorevole” la scelta del governo Netanyahu e ha ricordato che “l’Irlanda non è anti-israeliana, ma a favore della pace, dei diritti umani, del diritto internazionale”. Infatti Dublino in Israele non chiuderà la sua ambasciata, l’ultima sede diplomatica europea ad aprire nel Paese nel 1996.

Israele aveva già richiamato in patria la sua ambasciatrice Dana Erlich per consultazioni quando l’Irlanda, a maggio scorso, ha scelto di riconoscere lo Stato Palestinese insieme a Spagna, Norvegia e Slovenia. Erlich non sarebbe tornata senza miglioramento nelle relazioni bilaterali, quelle che ieri si sono interrotte. A novembre scorso, quando l’Aja ha emesso il mandato d’arresto per Netanyahu (e per il suo ex ministro della Difesa Yoav Gallant), nel tumulto delle cancellerie occidentali per le reazioni contrastanti e potenziale esecuzione della sentenza, Harris ha asserito subito senza dubbi che se il premier israeliano avesse messo piede sulla sua isola, sarebbe stato arrestato. Nello stesso mese, per la prima volta nella storia irlandese, è stata accolta la prima ambasciatrice palestinese: Jilan Wahba Abdalmajid. A settembre invece Madrid ha accolto Husni Abdel Wahed, primo ambasciatore palestinese della storia iberica.

In precedenza c’erano state altre diatribe tra Dublino e Tel Aviv. A settembre il presidente irlandese Michael Higgins ha accusato l’ambasciata d’Israele di aver diffuso una lettera privata che aveva inviato all’omologo iraniano, un documento riguardante anche gli accordi nucleari, una missiva che, divenuta pubblica, è stata condannata non solo dalla politica israeliana, ma anche da quella britannica.

Per paralleli storici evidenti, l’Irlanda – che ricorda la sua sanguinosa battaglia per l’indipendenza contro Londra – è solidale con la Striscia non da questo 2024, ma dai Bloody, sanguinosi Anni 70: è da allora che su muri e memoriali ci sono kefiah e bandiere palestinesi che sventolano a Belfast e Derry, città di proteste e guerra civile nell’Irlanda del Nord; nei quartieri britannici dei lealisti alla Corona di Londra che stanno a due passi, sventola invece il vessillo bianco e blu con la stella di David. Da ottobre 2023, nelle piccole e grandi città irlandesi, si scende in piazza ogni settimana per le vittime dell’operazione militare israeliana a Gaza: ora la conta dei morti sfiora i 50 mila.

Della polveriera mediorientale, degli sforzi per trovare un accordo per la liberazione degli ostaggi e della nuova leadership siriana hanno parlato al telefono Netanyahu e Trump ieri. Non è il primo colloquio telefonico: nei giorni scorsi il presidente eletto non ha nascosto i suoi timori per l’esplosione della crisi iraniana durante il suo mandato e lui, una nuova guerra in cui sarebbero coinvolte le truppe Usa, non la vuole.

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