AMNESTY: “QUESTA PUNIZIONE COLLETTIVA DI GAZA È CRIMINE DI GUERRA ” da IL FATTO
Guerra in Israele, Riccardo Noury (Amnesty): “Questa punizione collettiva di Gaza è crimine di guerra”
IL PORTAVOCE DELL’ORGANIZZAZIONE PER I DIRITTI – “La Quarta convenzione di Ginevra vieta di ‘vendicarsi’ sui civili per colpire il nemico”
ROBERTA ZUNINI 14 OTTOBRE 2023
“Il blocco delle forniture di acqua, energia e carburante nei confronti di un’intera popolazione è una forma di punizione collettiva vietata dal diritto internazionale e pertanto ciò che Israele sta attuando a Gaza è un crimine di guerra, anzi più crimini”. Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia utilizza la Quarta Convenzione di Ginevra per spiegare perché “la vendetta” israeliana contro Hamas si è tramutata in un crimine contro tutti i civili palestinesi – anziani, donne e bambini compresi – che risiedono nella Striscia e, di conseguenza, richiede un’accelerazione dell’indagine già aperta dalla Corte Penale Internazionale”. Va anche ricordato che Israele ha cominciato l’assedio della Striscia nel 2007, quando Hamas ha preso il potere e, di conseguenza, l’attuale punizione collettiva esaspera ulteriormente le condizioni dei civili di Gaza già duramente provati da quasi vent’anni di restrizioni che hanno colpito di fatto solo i civili. Mentre la leadership di Hamas non ha subito di fatto danni ed è rimasta al proprio posto”.
La Quarta Convenzione di Ginevra del 1949 riguarda espressamente la protezione delle persone civili in tempo di conflitti e i doveri delle potenze occupanti nei confronti dei civili che vivono nelle zone occupate. Tra questi c’è il divieto di esercitare forme di violenza contro la vita e le persone; la cattura di ostaggi; l’oltraggio alla dignità personale, e in particolare i trattamenti umilianti e degradanti; l’emissione di sentenze di condanna e le esecuzioni effettuate senza regolare processo e il trasferimento forzato dei civili.
A suo avviso anche l’intimazione da parte di Israele ai civili di Gaza di evacuare la zona settentrionale della Striscia per andare nella parte meridionale è una punizione collettiva?
Sì, e dirò di più. In questo caso siamo di fronte a una doppia punizione collettiva dato che costringere i civili a lasciare le proprie case dopo aver loro tolto il carburante per spostarsi è una forma di ulteriore accanimento. Inoltre mandarli nel sud della Striscia significa lasciarli nel pericolo, essendo già stata bombardata anche questa area. I civili palestinesi stanno insomma pagando da ben 16 anni la lotta di potere tra i gruppi armati palestinesi e tra questi e Israele.
Vi risulta che Israele abbia usato armi incendiarie al Fosforo bianco?
Sì, per ora abbiamo evidenza di un caso, ma con altre organizzazioni umanitarie stiamo continuando a indagare. Per quanto ci riguarda, i nostri analisti hanno potuto verificare foto, video e testimonianze che mostrano chiaramente l’uso di questa arma contro un hotel sulla spiaggia di Gaza.
Cioè in un centro abitato?
Esattamente, e il diritto internazionale vieta categoricamente l’uso di queste bombe incendiarie nelle zone urbane o comunque abitate. Il fosforo bianco era nato per illuminare le postazioni del nemico, non per colpire obiettivi civili date le terribili conseguenze sui tessuti umani e, in generale, su tutto ciò che è vivente.
Anche l’Egitto nel chiudere il valico di Rafah ha compiuto un crimine vietato dal diritto internazionale?
Certo. Ostacolare il diritto dei civili in fuga dalle bombe, alla ricerca di un riparo sicuro va contro tutte le Convenzioni così come lo è impedire il transito di beni umanitari destinati alle popolazioni colpite.
Ma è Israele a impedire l’apertura di un corridoio umanitario e a minacciare l’Egitto a non far passare beni di prima necessità?
E infatti Israele sta punendo collettivamente i civili palestinesi anche in questo modo, ma ciò non toglie che in questo caso anche il Cairo stia agendo contro il diritto internazionale. Intanto Amnesty ha lanciato un appello alla comunità internazionale chiedendo di prendere tutte le misure necessarie affinché i diritti umani dei palestinesi e degli israeliani siano pienamente protetti e siano garantite alle vittime giustizia e riparazione. L’organizzazione umanitaria fa appello anche a tutti i gruppi amati palestinesi di liberare immediatamente e senza condizioni tutti i civili presi in ostaggio.
Guerra in Israele, bavagli e censure: ora è vietato esporre la bandiera palestinese
MEDIO ORIENTE E NUOVO MACCARTISMO – Si allunga l’elenco di chi finisce nella lista nera dei “pro-Hamas”. E il ministro della Cultura bolla anche il vessillo
SALVATORE CANNAVÒ 14 OTTOBRE 2023
A furia di vietare le prese di parola, stigmatizzare gli intellettuali, intimidire gli avversari politici, governo e stampa amica stanno creando un clima da nuovo maccartismo. Come il senatore Joseph McCarthy, che nel 1947 diede la caccia ai “comunisti” negli Usa, qui si cacciano gli “amici di Hamas”.
Basta avanzare un dubbio per passare qualche guaio. Dopo i casi di Rosy Bindi, Patrick Zaki, Moni Ovadia, ieri è andata in onda a reti unificate la bastonatura mediatica della nostra collaboratrice Elena Basile, ex ambasciatrice (e privata anche di questo titolo, che di prassi spetta a chi ha guidato missioni importanti come Belgio o Svezia).
Ma il clima è talmente saturo di veleni che si è presa di mira la stessa bandiera palestinese. Il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, ha dichiarato che “non ci sarà alcun tipo di tolleranza verso coloro che permetteranno di esporre striscioni o vessilli a favore di Hamas sui beni culturali delle città italiane”. Il riferimento è ad alcuni attivisti che hanno sventolato sul Castel dell’Elmo di Napoli, la bandiera palestinese, simbolo fin dal 1917 della rivolta contro l’Impero ottomano. Non certo quella a sfondo verde che porta la scritta Shahadah, testimonianza di fede musulmana, usata da Hamas. Eppure Sangiuliano dice che “viste le manifestazioni annunciate per le prossime ore, ho chiesto al Direttore generale dei Musei la massima attenzione affinché nessuno utilizzi i siti culturali statali per esibire simboli anti-Israele”.
Le cose stanno sfuggendo di mano. Rosy Bindi, linciata dal Giornale per aver detto che Israele dovrebbe fare “un esame di coscienza”; Laura Boldrini accusata di antisemitismo dal post-fascista Giovanni Donzelli di Fratelli d’Italia. Francesca Albanese, relatrice speciale Onu sui Territori occupati, che scrive sui social di essere stata “oscurata” all’Aria che tira su La7 da David Parenzo. Patrick Zaki, per aver attaccato a testa bassa Benjamin Netanyahu, è stato linciato dai giornali di destra facendo ritirare la sua presenza a Che tempo che fa e alcune presentazioni del suo libro: “In Egitto sono stato perseguitato per tre anni e mezzo per le mie opinioni – diceva ieri al manifesto – è triste che venga attaccato in Italia per le mie opinioni”.
E poi Elena Basile. Ieri Corriere della Sera e Repubblica hanno messo in campo le loro firme per infangarla con epiteti lievemente misogini – “l’algida signora” – puntando a screditarla personalmente – “un altro Vannacci”, “un’altra Orsini”, “una vittimista” – più che a confutarne le tesi. Film già visti sulla guerra in Ucraina, spesso con gli stessi attori, ma di intensità crescente e francamente inquietante, perché rivolte contro chiunque osi criticare una adesione ideologica, di campo e di guerra: ieri la Nato in Ucraina, oggi l’invasione di Gaza di cui tutti conoscono le conseguenze devastanti.
Anche Giuseppe Conte ha voluto rispondere duramente a Walker Meghnagi, presidente della Comunità ebraica di Milano, che aveva accusato il M5S di “antisemitismo”. “Un insulto gratuito, denigratorio, intollerabile. Una grave offesa alla dignità etica, morale e politica della nostra comunità”, ha risposto indignato Conte che, dopo aver ricordato la vicinanza di Meghnagi a Fratelli d’Italia, ha annunciato querela. “La novità sottesa a queste polemiche politiche – dice poi ponendo il punto politico – è che in Italia, oggi, è diventato uno scandalo parlare di pace”. Il Papa viene bollato come “putinista”, chi critica come “filo Hamas”, sembra di essere tornati al 2001 e al clima da guerra globale imposto da George W. Bush subito dopo l’attacco alle Torri gemelle. Dopo 20 anni lo schema si ripete, solo che non si vedono né un robusto campo democratico né un movimento pacifista.
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