ALMASRY: L’ITALIA OBBLIGATA A TRATTENERLO, NE HA, INVECE, AGEVOLATO LA FUGA da IL FATTO
“L’Italia obbligata a trattenerlo, invece ha agevolato la fuga: un comportamento pericoloso”
Silvana Arbia – “Per neutralizzare la Cpi basta disapplicarne le decisioni: non ci sono sanzioni”
Ferruccio Sansa 25 Gennaio 2025
Gli uomini di Almasry sono accusati di aver perfino violentato un bambino di cinque anni. E l’Italia invece di arrestarlo lo ha caricato su un jet di Stato e l’ha riportato a casa. La ragion di Stato può giustificare tutto?
Assolutamente no. Mettiamocelo in testa: l’Italia aveva l’obbligo di arrestare Almasry. Peraltro la Corte il 19 gennaio aveva contattato le autorità italiane invitandole a consultarsi se ci fossero state difficoltà. Nulla è stato fatto.
Silvana Arbia, lei è stata procuratrice del Tribunale Penale Internazionale sul Rwanda e responsabile amministrativa della Corte dell’Aia. Il comportamento dell’Italia è un precedente pericoloso?
Molto. Qui non solo si è lasciato libero Almasry, ma lo si è anche aiutato nella fuga. Una totale mancanza di rispetto della Corte.
L’Italia rischia qualcosa?
Non esistono sanzioni. Un comportamento così getta, però, grande discredito. Ma soprattutto ci siamo presi l’enorme responsabilità che l’imputato ripeta i crimini e distrugga le prove eliminando i testimoni.
Le istituzioni internazionali, come la Corte Penale, sono sotto attacco. Lei crede che rischi di scomparire?
No. Temo che possa diventare un’istituzione di comodo. I mezzi per erodere il suo potere sono due: non dare esecuzione alle sue decisioni e strozzarla tagliando le risorse.
Lei crede che le richieste della Corte, come l’arresto di Netanyahu, saranno eseguite? C’è chi parla di immunità…
Macché immunità. Non esiste. Nessuna qualifica dell’imputato è opponibile. Questa è la grandezza della Corte nata nel 1998 a Roma.
Pensa che l’Italia arresterebbe il premier israeliano?
Non adesso. Ma gli uomini più potenti non restano per sempre al vertice. E a quel punto la giustizia internazionale può arrestarli. Potrebbe succedere anche per Netanyahu.
Trump vuole lasciare trattati e istituzioni internazionali. In Italia c’è chi dice di volergli andare a ruota. Lei riesce ad avere ancora speranza?
Siamo venuti meno agli obblighi internazionali. L’Italia è uno dei paesi fondatori della Corte Penale. È il terzo finanziatore. E non ne rispetta le decisioni. Assurdo. È anche un pessimo segnale per gli stati meno potenti. Al Tribunale aderiscono 124 paesi e l’Africa, con 33 paesi, è il continente più presente. Per questo la Corte deve perseguire tutti, sennò sembra un tribunale dell’Occidente che processa solo i suoi nemici.
Ma la procedura del Tribunale offre garanzie adeguate?
È decisamente garantista. Il Procuratore presenta le accuse a tre magistrati che devono valutarle. E prima c’è un lungo lavoro per raccogliere le prove, ci sono investigazioni sul campo approfondite. Ma soprattutto vengono ascoltate le vittime.
Ci crede ancora, nonostante la vicenda Almasry?
Sì. Tanti paesi ci credono. Ci sono giovani da oltre cento paesi che si sono formati alla Corte e portano avanti le sue sfide. E c’è l’opinione pubblica, la stessa che nel 1998 ha spinto i governi a far nascere la Corte. Ci credo sempre.
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