ALCUNE COSE SUL CONFLITTO TRA RUSSIA E STATI UNITI da 18BRUMAIOBLOG
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
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ALCUNE COSE SUL CONFLITTO TRA RUSSIA E STATI UNITI da 18BRUMAIOBLOG

Alcune cose sul conflitto tra Russia e Stati Uniti

 Olympe de Gouges   lunedì 20 febbraio 2023

Scrive Sergio Fabbrini sul Sole 24 ore di ieri: «La guerra russa all’Ucraina è iniziata il 27 febbraio 2014, non già il 24 febbraio 2022. Nove anni fa, le truppe russe entrarono in Crimea e occuparono alcune aree delle regioni orientali del Paese, annettendole alla Federazione russa».

Già qui si rileva, ad essere benevoli, un’imprecisione: nel 2014 è avvenuta da parte russa la destabilizzazione del Donbass, ma non è avvenuta alcuna formale annessione delle regioni orientali del Donbass alla federazione russa.

Per quanto riguarda la Crimea, va ricordato, cosa che Fabbrini evita di fare, che secondo il trattato del 1997, la Russia aveva ottenuto dall’Ucraina di mantenere la base di Sebastopoli per un periodo di vent’anni, e, nel 2010, l’Ucraina aveva firmato un nuovo accordo che estendeva l’affitto fino al 2042.

A seguito dei fatti di Kiev del febbraio 2014, la situazione politica mutò radicalmente quando Washington scelse i membri del nuovo governo ucraino. L’11 marzo il nuovo governo filorusso della Crimea dichiarò la propria indipendenza dall’Ucraina. Il 16 marzo fu tenuto un referendum sull’autodeterminazione della penisola, popolata in grandissima parte da russi, segnando la vittoria del “Sì” con il 95,32% dei voti: le autorità della Crimea firmarono il 18 marzo l’adesione formale alla Russia.

Fabbrini omette anche il fatto che nel 2014 Kiev sottoscrisse il Protocollo di Minsk, e il successivo memorandum, sotto l’egida della Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE). L’accordo fu sistematicamente violato dalle milizie ucraine, così come il successivo Protocollo di Minsk II.

Continua Fabbrini: «Allora, la reazione Ucraina fu debole, quella occidentale ambigua. Un anno fa, invece, l’aggressione russa ha incontrato ben altra risposta, sia da parte degli aggrediti che dei loro alleati occidentali. […] La guerra russa ha creato uno Stato l’Ucraina. Dopo il 2014, l’Ucraina ha avviato un processo di costruzione statale a cominciare dai suoi apparati militari non dissimile da quello esperito in Europa nel passato. […] L’Ucraina dopo il 2014 è uno Stato-nazione, mentre non lo era l’Ucraina precedente al 2014».

La reazione della Nato fu ambigua per il semplice fatto che serviva guadagnare tempo per armare e addestrare la NATO, come confermato dalla Merkel e da Hollande. Dunque, anche la firma dei trattati, sotto l’egida dell’OCSE e dei leader europei, era semplicemente un espediente.

Inoltre, Fabbrini dice chiaramente che l’Ucraina precedente al 2014 non era uno Stato- nazione perché i suoi governi e segnatamente i suoi apparati militari erano dissimili da quelli europei, cioè non erano ancora disponibile alle strategie della Nato. Se non sei colonia dell’impero americano, non sei nulla oppure uno Stato canaglia.

Fabbrini avrebbe invece potuto soffermarsi sul fatto che l’Ucraina ha ereditato un territorio post-sovietico che non era destinato a funzionare come stato indipendente, poiché l’ovest del paese è per lo più di lingua ucraina, mentre l’est e il sud sono per lo più di lingua russa. Dunque che ciò a cui punta Mosca è il recupero del Donbass, che è stato uno dei i gioielli industriali dell’URSS. Insomma, un approccio un po’ meno manicheo e un po’ più onesto.

Da un punto di vista funzionale, l’Ucraina ha ereditato dall’URSS anche una funzione economica di transito degli idrocarburi russi verso ovest. Questo gli garantiva un approvvigionamento energetico ma anche un reddito, in virtù di un accordo con la Russia. I due Stati avevano firmato un accordo che riconosceva i reciproci confini e nel 1995 avevano risolto le questioni in sospeso (in particolare la denuclearizzazione dell’Ucraina e l’affitto della base di Sebastopoli alla Russia).

Dunque, che cosa è venuto a turbare questa situazione? La Russia non aveva interesse a guastare le relazioni tra Mosca e Kiev. L’Ucraina indipendente è diventata un attore a sé stante, fondamentale nella strategia accerchiante della NATO, una testa di ponte, un avamposto, una delle chiavi della contesa geopolitica per il controllo dell’Eurasia.

Questo modo falso e anodino di ricostruire la vicenda da parte di Fabbrini, serve a nascondere la triste verità della situazione, ossia che l’Ucraina non è un soggetto, ma un oggetto di politica internazionale. Ciò che è avvenuto negli ultimi nove anni in Ucraina è servito agli Stati Uniti e in subordine all’Europa per mascherare le loro reali intenzioni, ossia quelle di erigere una nuova cortina di ferro ai confini della Russia in attesa di sovvertirne la situazione interna.

La Russia ha delle buone ragioni da far valere a profitto delle sue tesi, anche se possiamo chiederci se la forma di ciò che è avvenuto risponde ai principi del diritto internazionale. Chiedersi parimenti sulla base di quali principi agiscono in ogni anglo del mondo gli Usa, che si valgono di una impunità in materia di diritto internazionale assicurata sia dalla potenza di fuoco, dal dominio sui mezzi di comunicazione di massa e sia dal ruolo nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Bisogna anche tener conto, nel caso dell’espansione della Nato ad est e nella vicenda dell’Ucraina, che Mosca ha provato in tutti i modi di dissuadere Washington e i suoi satelliti dal proseguire con la minaccia ai propri confini.

Verso la fine del secondo conflitto mondiale, la politica estera delle grandi potenze, Stati Uniti, Urss e GB, era guidata da un concetto fondamentale quale unica alternativa ad un nuovo conflitto, più disastroso di quello che stava per finire: il desiderio di andare d’accordo. Siccome non c’era un principio a cui realmente credevano tutti e tre e su cui essere d’accordo, l’intesa poteva incentrarsi solo sulla base di una serie di compromessi, naturalmente a spese di terzi. La conferenza di Yalta del febbraio 1945 produsse l’accordo di spartizione dell’Europa in sfere d’influenza, destinando a Mosca un vasto spalto difensivo di fronte a un’Europa da cui erano partiti gli ultimi due tentativi di invasione della Russia.

Questo compromesso, bene o male, si è mantenuto fino al 1989, o poco dopo. Venuto meno tale antico accordo, s’è aperta una nuova fase storica, laddove però gli Stati Uniti, data la debolezza di ciò che rimaneva della Russia dopo l’implosione dell’Urss, potevano giocare a fare l’asso pigliatutto. Ed è ciò che hanno effettivamente fatto, spingendo la propria ingerenza ed egemonia, anche militare, sempre più ad est.

Salvo che a un certo punto, dopo averne minacciato seriamente la sicurezza, hanno minacciato l’esistenza stessa della Russia, secondo un disegno strategico che ha di mira una serie di obiettivi: dividere economicamente l’Europa dalla Russia, rivalutare l’appartenenza degli europei alla NATO puntando al rialzo dei loro bilanci militari, mettere le mani sulle risorse russe e disarmarne il potenziale bellico, controllare la rotta artica, il Mar Nero e l’Asia centrale e, non ultimo, accerchiare la Cina (obiettivo strategico principale). Le sanzioni contro la Russia costringono l’UE ad accelerare la diversificazione e la transizione energetica, diventando fortemente dipendenti degli Stati Uniti e dei Paesi fornitori di idrocarburi suoi alleati.

Ne deriva di conseguenza che per le questioni territoriali in Ucraina si sono adoperati non i principi della sicurezza internazionale e dell’autodecisione dei popoli, ma dei principi geopolitici d’ordine egemonico.

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