2 IDEE PER L’OPPOSIZIONE, MA I 5S SCAVALCHINO IL PD da IL FATTO e IL MANIFESTO
2 idee per l’opposizione, ma i 5S scavalchino il Pd
DI PIERO BEVILACQUA 23 GENNAIO 2024
Se si dovessero individuare i temi programmatici su cui far leva per dare una direzione all’opposizione al governo e per invertire il corso rovinoso che trascina in basso il Paese, l’esercizio risulterebbe abbastanza semplice. Sarebbe sufficiente privilegiare due obiettivi generali: la riforma del fisco e quella del sistema elettorale in senso proporzionale.
Una riforma organica che preveda una decisa progressività, criteri ben definiti di lotta all’evasione e all’elusione, un’imposizione equa sui patrimoni, e una tassa di successione su standard europei. Senza ovviamente escludere un intervento sui superprofitti. Una tale riforma sarebbe in grado in poco tempo di capovolgere l’andamento dell’economia e della vita civile del nostro Paese. Secondo dati Banca d’Italia il 5% delle famiglie italiane possiede oggi il 46% della ricchezza netta totale, con una impressionante tendenza alla tesaurizzazione. Cresce la ricchezza privata e aumenta la povertà pubblica. Ridistribuire il carico fiscale favorendo i ceti più deboli accrescerebbe la domanda, soprattutto facendo affluire risorse nelle casse dello Stato in grado di accrescere il “salario differito” con l’aumento della spesa pubblica per casa, sanità, scuola, trasporti. Un più elevato introito fiscale consentirebbe di affrontare nei prossimi anni la spesa in interessi sul debito, che rischia di strangolare l’economia nazionale stretta nei ceppi del Patto di stabilità. Senza considerare l’effetto etico-civile: verrebbe rispettato un principio fondante della Costituzione, (art. 53) e gli italiani percepirebbero l’equità fiscale come un nuovo patto di giustizia sociale tra cittadini e istituzioni.
La riforma della legge elettorale in senso proporzionale potrebbe restituire agli elettori il diritto costituzionale di scegliersi i propri rappresentanti, consentirebbe a tante culture politiche di avere voce in Parlamento, ridarebbe a milioni di italiani la fiducia nel potere della rappresentanza, riducendo l’astensionismo. Debbo osservare che le ultime leggi elettorali, di fatto incostituzionali, hanno emarginato soprattutto le forze della sinistra radicale, che non sono solo riducibili tutte a settari estremisti. Occorre ricordare che in esse si riconoscevano milioni di italiani che votavano per il Pci. Costoro sono stati in parte ereditati dal Pd, avendo per inerzia immaginato che esso continuasse un’antica storia riformatrice, in parte si sono dispersi. Ma il Pd, nato per fondare il bipartitismo angloamericano, ha di fatto veicolato il consenso di una larga parte di opinione pubblica progressista verso una politica moderata, atlantista, sotterraneamente avversa agli interessi popolari. Ridare la possibilità di rappresentanza alla sinistra radicale – che dovrebbe chiamarsi sinistra e basta – ridarebbe la parola a tanti giovani, gruppi e movimenti, intellettuali, artisti, scienziati, ricercatori. Al netto della sua litigiosità, la parte più generosa dello scenario politico italiano, pungolo ideale di una politica riformatrice anche per i partiti maggiori.
Chi potrebbe farsi carico di questi due obiettivi programmatici? Io non vedo al momento altra forza parlamentare che i 5S di Giuseppe Conte, l’unica rilevante novità politica italiana degli ultimi 15 anni, frutto di una rivolta della società civile e perciò inevitabilmente carica di contraddizioni e di ambiguità. Una decisa caratterizzazione in senso progressista dei 5S potrebbe fare della riforma fiscale una battaglia costituzionale, in grado di parlare al Paese, anche alle sue classi dirigenti, dei vantaggi collettivi di una ripartizione equa del carico, oltre che della sua giustezza morale. Ma Conte potrebbe fare agli italiani un discorso drammatico sulla sua necessità: nel quadro burrascoso dell’economia internazionale, senza una redistribuzione della ricchezza, la pressione sui ceti popolari nei prossimi anni diverrà insostenibile e il quadro democratico potrebbe precipitare. E su questo fronte oggi si troverebbe accanto la Cgil di Landini.
Per quanto riguarda la riforma della legge elettorale i 5S potrebbero trovare consensi nel Paese e in Parlamento oltre che in parte del Pd.
Ed Elly Schlein? Ovviamente andrebbe sfidata su questi obiettivi in un rapporto di cooperazione/competizione. Ma è evidente che un suo ruolo, necessario e possibile, passa attraverso un ridimensionamento del Pd. Questo partito è troppo grande per i suoi meriti e per la sua utilità pubblica. È opportuno, come voleva Domenico De Masi, che esso intercetti i voti di un’area progressista moderata, ma vanno sciolte le sue enormi ambiguità. La Schlein non può coesistere con gli atlantisti. Oggi il sostegno militare a Kiev maschera l’ossequio servile a Washington, e costituisce il danno maggiore che si può fare al popolo ucraino, bisognoso di pace, quanto il popolo russo e tutti gli altri popoli.
Il messaggio delle piazze tedesche è a tutte le forze politiche
GERMANIA. Le manifestazioni dei giorni scorsi hanno trasmesso ai diversi partiti un preciso messaggio: non è riconfezionando in formato democratico i temi che Afd colloca al centro della sua propaganda, che si combatte una involuzione autoritaria
Marco Bascetta 23/01/2024
Un milione e mezzo di persone in piazza, decine e centinaia di migliaia nelle grandi città, e ancora migliaia in una miriade di centri minori, cortei sospesi per eccesso di partecipanti, da est a ovest, da nord a sud con una sorprendente capillarità e una determinazione senza precedenti.
Questo è successo tra sabato e domenica nella Repubblica federale tedesca contro una destra estrema sempre più scoperta e aggressiva nei suoi intenti xenofobi e autoritari, soprattutto contro il partito che i sondaggi accreditano al secondo posto, sopra il 20%, e che rappresenta la sponda, il punto di riferimento e il raccoglitore di questo arcipelago di raggruppamenti identitari, islamofobi, antisemiti, neonazisti e nostalgici del Reich guglielmino. Quell’Afd che, nato come partito borghese incline all’egoismo nazionale, si è radicalizzato in direzione di un neofascismo non più solamente implicito.
Non sono stati però i partiti o le istituzioni a organizzare questa incredibile mobilitazione alla quale tutti hanno poi partecipato, dalla Spd alla Cdu-Csu passando per Verdi, Fpd e Linke, dal presidente della Repubblica Steinmeier al governatore della Bundesbank, ma una alleanza ad hoc di associazioni, gruppi di base e realtà di movimento che non ne potevano più di assistere passivamente all’ascesa dell’Afd verso posizioni di governo nei Länder dell’Est o addirittura verso un peso determinante nella politica federale.
L’immagine, restituita dai partiti di una grande mobilitazione unitaria di “gente per bene” in difesa dell’“arco costituzionale” è piuttosto fuorviante. Al contrario le manifestazioni dei giorni scorsi hanno trasmesso alle forze politiche un preciso messaggio: non è riconfezionando in formato democratico i temi che Afd colloca al centro della sua propaganda, che si combatte una involuzione autoritaria. Dal cancelliere Scholz che prometteva di procedere a «respingimenti in grande stile», alla passione verde per il riarmo, dai politici democristiani sempre all’inseguimento della destra sui suoi più insidiosi terreni, alle frange interne di Cdu e Csu che non vedono l’ora di collaborare con Afd, i partiti si sono mossi finora in direzione del tutto antitetica rispetto allo spirito delle mobilitazioni dello scorso fine settimana. Le quali non mostrano affatto di voler restituire credito all’attuale governo, risollevandolo dalla profonda crisi di gradimento in cui è precipitato, ma esprimono anche toni fortemente critici nei confronti dei partiti maggiori.
Vedremo nei prossimi giorni se e in qual modo l’insorgenza antifascista si incrocerà e interagirà con gli scioperi e le manifestazioni di contadini, ferrovieri, lavoratori della logistica contro la politica di austerità del governo di Berlino, magari tenendone lontane le infiltrazioni della destra radicale.
Quanto al bersaglio diretto delle manifestazioni, l’Afd, che molti vorrebbero messa fuori legge (ma è una procedura né semplice, né veloce e politicamente pericolosa), non sembra, secondo i sondaggi, aver minimamente risentito dell’ondata di proteste. La quale ha però evidenziato il livello di polarizzazione e di scontro che si produrrebbe nel caso che l’Afd si avvicinasse in una forma o nell’altra al potere. Il radicamento profondo della destra è ormai un dato di fatto e c’è poco da illudersi sulla possibilità di riconquistare la maggior parte di quanti si sono schierati da quella parte a uno spazio politico democratico.
La presa di parola dal basso, nelle incredibili proporzioni che abbiamo visto in Germania, non sembra prevedere mediazioni, timidezze né opportunismi elettorali, e ha ben messo in chiaro dove, in quali comportamenti e su quali temi il nuovo fascismo si annida e si manifesta.
Ne potremmo trarre qualche insegnamento nel paese in cui ci si appassiona alla stucchevole disputa sulla posizione giuridica del saluto romano. Quando un potere centrale pretende di imporsi in una questione che dovrebbe riguardare solo il rapporto tra un sindaco e i suoi cittadini come sta accadendo a Bologna, ebbene lì si manifesta il fascismo. Quando l’esecutivo pretende di imporre limiti al diritto di sciopero, lì si manifesta il fascismo. Nella amichevole collaborazione con i mercanti di schiavi libici si articola una politica squisitamente fascista, anche quando a esercitarla è uno sbirro di sinistra. Al governo di Roma siedono gli amici e alleati di quella Afd che studia, insieme ai neonazisti, piani di deportazione di massa e contro la quale la grande maggioranza dei tedeschi si è rivoltata. Ne condividono, nella sostanza, gli orientamenti. Ma l’opposizione in
Italia fatica a vedere e nominare il fascismo lì dove è, abbagliata dalle recite in camicia nera.
No Comments