PER I “CARICHI RESIDUALI” OPERAZIONE DI POLIZIA da IL MANIFESTO e IL FATTO
Per i «carichi residuali» operazioni di polizia
BARBARIE DI GOVERNO. Al netto delle dichiarazioni che dimenticheremo, al netto delle responsabilità che saranno verificate, c’è un problema centrale. Perché il primo a occuparsi dei naufraghi è il ministro dell’interno?
Ascanio Celestini 03/03/2023
Il capo di Gabinetto fa carriera. Piantedosi è chiamato da Salvini al ministero dell’interno e ci resta con Lamorgese. Garantisce la continuità di un comportamento istituzionale che non è mutato nella sostanza almeno dai tempi di Minniti.
Cambia la punteggiatura, ma non il contenuto. Gli accordi con la Libia li votano (quasi) tutti. Quelli che prevedono il sostegno alla cosiddetta guardia costiera libica. E conosciamo (o dovremmo conoscere) le storie dei migranti che in Libia vengono carcerati e torturati. Gli uomini venduti come schiavi e le donne stuprate. Non sempre, ma spesso.
Ma perché il ministro dell’interno sta in prima linea quando si parla di migranti? Perché non quello degli esteri visto che provengono da terre oltre i confini? Persino il ministro della Sanità potrebbe interessarsene. In un paese civile dovrebbe essere lui a prendere la parola. Proprio un medico, Orlando Amodeo, lo dice poche ore dopo il naufragio che si poteva intervenire e provare a salvare i naufraghi.
Un’imbarcazione con circa 200 persone stipate è partita dalla Turchia. Donne, uomini e soprattutto tanti ragazzi e bambini che scappano dall’inferno dell’Iraq, Iran, Afghanistan e Siria. Non si fermano in Grecia dove rischiano il primo respingimento. Se passassero quello ne rischierebbero altri lungo i Balcani. Così puntano all’Italia. E dovrebbe essere una gioia che qualcuno ci consideri un paese democratico.
Un aereo di Frontex li avvista e sostiene di aver subito avvisato le autorità italiane. L’imbarcazione è precaria, viene colpita da un’onda o sbatte contro qualcosa. Si rovescia, si spezza e finiscono tutti in acqua. Stanno a poche decine di metri dalla spiaggia di Steccato di Cutro, interviene la Guardia di Finanza che fa subito dietrofront. Per le sue imbarcazioni il mare è troppo grosso.
Infatti la prima notizia è che non si poteva operare un salvataggio perché la tempesta lo impediva. Ma il medico Amodeo, che per anni ha salvato naufraghi in mare, lo dice subito in diretta televisiva che la Guardia Costiera può uscire anche in quelle condizioni.
Anche peggiori. Il ministro questurino Piantedosi lo redarguisce, quasi lo minaccia. Ma la dichiarazione è smentita pochi giorni dopo dal comandante della capitaneria di porto di Crotone, Vittorio Aloi. «A noi risulta che domenica il mare fosse forza 4, ma motovedette più grandi avrebbero potuto navigare anche con mare forza 8».
E allora perché s’è mossa la Finanza e non la Guardia Costiera? Il ministro competente è l’ex capo di Piantedosi. È Salvini e si occupa di infrastrutture e trasporti. Viene chiamato in causa mercoledì 1 marzo dalla neo segretaria del Pd Elly Schlein che menziona anche Giorgetti, ministro di economia e finanze, quello competente in merito alla Guardia di Finanza. Schlein chiede le dimissioni di Piantedosi anche solo per le dichiarazioni che appaiono subito scandalose.
Prima dice che i migranti non dovrebbero partire, che è da irresponsabili soprattutto per i genitori che portano i bambini. Poi si corregge e dice che andrà lui a prenderli direttamente nei loro paesi. Poi ne dice una più grossa. «Io non partirei se fossi disperato perché sono stato educato alla responsabilità». Lui resterebbe a battersi per il suo paese! E lo dice a Cutro, a pochi metri dalle decine di bare in fila dentro un palasport.
Al netto delle dichiarazioni che dimenticheremo, al netto delle responsabilità che saranno verificate, c’è un problema centrale. Perché il primo a occuparsi dei naufraghi è il ministro dell’interno?
Cerco una definizione ufficiale per capire il suo ruolo. La trovo nel primo articolo della legge 121/81. Leggo che «è responsabile della tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica». Questo è il problema centrale. Tranne la breve esperienza dell’operazione Mare Nostrum, dai tempi di Maroni fino a i nostri governi la migrazione è un problema di ordine pubblico. Gli stranieri sono potenziali criminali che vengono a rubare e stuprare, altre volte sono indecorosi nullafacenti che campeggiano nelle piazze col telefono in mano. Insomma sono nemici, invasori.
Domenica 26 febbraio 2023, prima dell’alba, a pochi metri dalla costa calabrese, si muovono i finanzieri, non i soccorritori.
Per il governo non hanno bisogno di aiuto, ma di controllo. Come trafficanti di sigarette, come oggetti in un container.
In fondo Piantedosi è quello che faceva scendere i migranti a singhiozzo da una nave che li aveva salvati. E definiva i naufraghi che stavano ancora a bordo con una parola tecnica, ricordate? Carico residuale.
EMIGRARE È UN DIRITTO, IMPEDIRLO È UNA FOLLIA
GAD LERNER 03/03/2023
L a nota diramata da Palazzo Chigi all’in – domani della strage di migranti nel mare di Calabria proclamava in tono perentorio: “Il governo è impegnato a impedire le partenze…”. Vasto programma, impedire le partenze dall’Asia e dall’Africa afflitte da povertà, guerre e calamità naturali, non c’è che dire. Ma, siccome alla patriota Meloni piace far la voce grossa, la nota specificava subito dopo che il nostro governo è impegnato a impedire le partenze “anzitutto esigendo il massimo della collaborazione agli Stati di partenza e di provenienza”. L’italiano è claudicante, ma il riferimento è di certo a Stati come la Turchia, l’Afghanistan, il Pakistan, l’Iran, la Siria, l’Ira q . Chissà come avranno tremato i regimi di laggiù nel leggere quell’“esigendo ”. Come impedire le partenze verso l’Italia, dunque, in un pianeta che ha superato quota 90 milioni di profughi? Di “blocco navale ”, per fortuna, non si vaneggia più. Né, temo, basteranno i rimproveri indirizzati ai migranti che mettono a repentaglio la vita dei loro figli pagando somme esorbitanti pur di imbarcarsi in 200 su un caicco di 20 metri, invece di battersi per rendere migliore il proprio Paese. Abbassati i toni, Giorgia Meloni si è rivolta a Bruxelles proponendo di “disincentivare le partenze illegali anche con fondi straordinari”. Pure questo è un déjà vu: abbiamo foraggiato profumatamente Libia e Turchia perché trattenessero quei poveretti con metodi spicci, e il risultato è sotto gli occhi di tutti. Più di una volta ci siamo accorti di aver stipendiato scafisti travestiti da guardia costiera, lesti a tornare al mestiere originario quando ciò gli convenga. Sono i famosi “dittatori che ci servono” di draghiana memoria. La situazione è tale che perfino la destra, dopo essersi vantata per anni di saper fermare con la forza le partenze illegali, adesso, a costo di deludere i suoi elettori, comincia a prendere in considerazione una soluzione più realistica: il ripristino di canali d’immigrazione legale e controllata, tramite l’allargamento delle maglie del decreto Flussi e il rinforzo dei corridoi umanitari. Roba che, quando a ipotizzarla erano gli avversari, suscitava a destra l’urlo dissennato: “Invasione ” dei nostri “sacri confini”! Naturalmente quest’ultima benvenuta timida apertura, inevitabile ma pur sempre considerata impopolare dai cattivisti di professione, viene controbilanciata dalla promessa che verranno moltiplicati i rimpatri forzosi dei non aventi diritto, costosissimi e quasi sempre inutili. Si trova un p o’ spiazzato quello spiritosone di Vittorio Feltri, fiore all’occhiello di Fratelli d’Italia in Lombardia, quando twitta: “Agli extracomunitari ricordo un vecchio detto italiano: partire è un p o’ morire. State a casa vostra”. Ma l’imperativo di fermare i migranti sul bagnasciuga della sponda Sud del Mediterraneo resta pur sempre il credo che la destra ha inculcato nel suo popolo, e che deve fingere di perseguire. Anche se nessuno se la sente di teorizzarla, prevale l’idea che le vite dei poveracci con la pelle scura (a differenza di quelle degli ucraini) valgano meno delle nostre. E che, in ogni caso, la loro sorte non ci riguardi. Solo così si spiega che da molti anni l’omissione di soccorso su vasta scala venga tollerata nel Mediterraneo, se non addirittura praticata illudendosi di disincentivare così le partenze di chi non ha più niente da perdere. Il naufragio di Crotone desta momentaneo scalpore perché avvenuto a un centinaio di metri dalle coste calabresi. Ma due settimane fa, i 73 annegati al largo della Tunisia non hanno meritato neanche un trafiletto sui giornali. Se l’Italia volesse davvero assumere un ruolo di leadership nell’area mediterranea, anziché limitarsi a piagnucolare per le inadempienze dell’Ue, dovrebbe dichiarare sua priorità la salvezza dei migranti. Le partenze non si possono fermare. Si possono regolamentare e controllare utilizzando traghetti e voli charter, rompendo il monopolio degli scafisti (criminali, ma spesso miserabili come le persone che depredano). Certo, rovesciare l’or – dine delle priorità – salvare le vite in pericolo prima di tutto – implica la fine della propaganda odiosa scaricata addosso ai volontari delle Ong desiderosi di supplire all’omissione di soccorso. Ma, prima ancora, implicherebbe l’accettazione di un principio che la civiltà occidentale ha fatto proprio da secoli: lo ius migrandi, ovvero il diritto naturale, sancito nel 1948 anche dall’articolo 13 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, per cui “ogni individuo ha diritto di lasciare qualsiasi Paese”. Dare concreta applicazione a questo principio è complicato, lo so. Ma calpestarlo è antistorico e velleitario, oltre che immorale. La promessa di “impedire le partenze” de ve essere sostituita dall’impegno a “regolare le partenze” se vogliamo scongiurare un futuro catastrofico della nostra civiltà.
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