VALDITARA ANNO II: SOVRANISMO E CLASSISMO da IL MANIFESTO
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
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VALDITARA ANNO II: SOVRANISMO E CLASSISMO da IL MANIFESTO

Valditara, anno II: sovranismo e classismo

La scuola della destra annaspa nei provvedimenti identitari, tra patria e disciplina ma non affronta il precariato: record di supplenze

Luciana Cimino  24/08/2024

Al secondo anno di governo Meloni si delinea con più nettezza il profilo neoliberista e sovranista che la destra sta tentando di imporre alla scuola. Tra misure di forma e di sostanza, come la riforma a pezzettini del ciclo di secondaria superiore, il ministro Valditara sta orientando ideologicamente l’istruzione, senza risolvere alcuno dei problemi decennali che l’affliggono, come il precariato, ma anzi aggravandoli. Con lo spettro dell’autonomia differenziata che potrebbe essere il colpo letale per il sistema di istruzione pubblico e garantito su tutto il territorio nazionale. La cornice ideologica in cui inserire i provvedimenti di marca Valditara solo le linee guida sull’educazione civica, che il ministro ha consegnato da poche settimane al Consiglio superiore della Pubblica istruzione (Cspi): la materia è stata infarcita di nuclei tematici che le scuole dovrebbero trattare in sole 33 ore. Si va dall’educazione alimentare a quella ambientale, dalla legalità all’educazione finanziaria, dallo sport, al codice della strada, valorizzando l’iniziativa economica privata e la promozione dell’educazione finanziaria e assicurativa, al risparmio e alla pianificazione previdenziale. Focus anche sulla «cultura del lavoro». Il tutto fin dal primo ciclo di istruzione.

SOPRATTUTTO, LE LINEE GUIDA delle destra prevedono la promozione del concetto di patria, la formazione alla «identità italiana», la valorizzazione dei territori e la conoscenza delle culture e delle storie locali. Viene confermato anche il divieto dei cellulari in classe, sin dalla materna. Si capisce perché le linee guida hanno avuto il plauso dell’associazione Pro Vita Famiglia mentre sono state bocciate dalla Flc Cgil. «Il vero volto della destra al governo sono le linee guida sull’educazione civica che solo nominalmente si richiamano alla Costituzione, essendo permeate da un approccio individualistico e infarcite di retorica neo nazionalista. Un governo ideologico che cerca di trasformare la scuola in luogo di ingiustizia sociale, dove le differenze di nascita non possono essere rimesse in discussione», il commento di Gianna Fracassi, segretaria generale Flc Cgil.

LA CULTURA DEL LAVORO al quale fa riferimento la destra è quella che vede la scuola come un ufficio di collocamento e non come il luogo della formazione della cittadinanza. In questo senso va inquadrata anche la riforma della filiera tecnologico professionale che l’8 agosto scorso è stata pubblicata in gazzetta ufficiale.

LA RIMODULAZIONE del percorso in 4 anni (più tre eventuali di Its Academy) è il trionfo del classismo del governo e dell’ingresso definitivo delle aziende nel sistema dell’istruzione statale. Il provvedimento prevede infatti l’inserimento di figure delle aziende tra gli insegnanti e incoraggia la stipula di accordi di partenariato per potenziare l’alternanza scuola-lavoro (Ptco) e i contratti di apprendistato. Il testo della riforma è problematico sin dal lessico usato dal ministero. Si parla infatti esplicitamente di «addestramento» degli studenti e non di insegnamento. La riforma dei professionali riesce dove i tentativi precedenti (Moratti nel 2003, poi Gelmini nel 2011 e Renzi nel 2017) avevano fallito: restaurare le vecchie scuole di avviamento professionale, destinando i figli delle famiglie meno abbienti a lavori di manovalanza. «Con l’inserimento dei privati anche nella programmazione dell’offerta formativa e con l’attivazione di percorsi quadriennali si crea una formazione di ridotta qualità – ha spiegato la segretaria generale della Flc Cgil, Gianna Fracassi – si costruiscono modelli segreganti e selettivi agli antipodi con la necessità di innalzare i livelli di istruzione nel nostro Paese, rappresenta l’avvio della privatizzazione del sistema pubblico di istruzione e della regionalizzazione dell’istruzione tecnica e professionale».

A SETTEMBRE studenti e genitori troveranno anche il Liceo del Made in Italy. Voluto fortemente dalla presidente del Consiglio, il nuovo indirizzo disegnato da Valditara e Urso è stato un flop. Hanno aderito solo 171 istituti tecnico professionali pubblici su circa 3mila, per un totale di neanche 2mila iscritti in tutta Italia. Sono per ora ferme invece la riforma della condotta in senso securitario e punitivo. E il ritorno del voto numerico alle scuole primaria, a soli tre anni di distanza dalla precedente riforma che prevedeva quello descrittivo. Anche questo provvedimento è stato giudicato negativamente dai pedagogisti per la cultura della performance che rischia di instaurare fin dall’infanzia.

NONOSTANTE GLI ANNUNCI del ministro che ha più volte dichiarato di aver sconfitto il precariato, tra 15 giorni le scuole si apriranno con il record di precari, tra docenti e Ata (personale amministrativo). Secondo i calcoli dei sindacati saranno almeno 250mila le supplenze da attivare (il 25% dell’organico complessivo) mentre nelle segreterie si stimano 20mila posti vacanti. Un aumento del 72% in soli 7 anni. Per il presidente dell’Anief Marcello Pacifico «è a serio rischio la continuità didattica. Il problema non è la mancanza di candidati, formati, specializzati e già selezionati da tempo, ma la persistenza delle modalità cervellotiche per stabilizzarli che rendono il sistema macchinoso e quasi bloccato».

PER QUANTO RIGUARDA GLI ATA i continui tagli e le assunzioni precarie e stagionali rischiano di mandare in tilt le segreterie scolastiche. La cronica carenza di personale rende impossibile la corretta gestione dei progetti del Pnrr e la ricerca delle supplenze. «Idee vecchie e riciclate quelle del ministro Valditara, come la riforma della secondaria di secondo grado che compromette la funzione di ascensore sociale della scuola o il ritorno del voto in condotta» ha chiosato Fracassi.

Il trucco di Valditara e l’ambiente sparisce dai programmi

Scuola. Molto c’è da dire, e altri non hanno mancato di farlo, sul sapore «patriottico» contenuto nelle nuove linee guida dell’educazione civica stabilite dal ministero dell’istruzione e del merito

Federico Butera  23/08/2024

Molto c’è da dire, e altri non hanno mancato di farlo, sul sapore «patriottico» contenuto nelle nuove linee guida dell’educazione civica stabilite dal ministero dell’istruzione e del merito. Ma c’è dell’altro. Secondo le linee guida precedenti, l’educazione civica, in 33 ore annuali, doveva affrontare tre macroaree: costituzione, sviluppo sostenibile e cittadinanza digitale. Durante il governo Draghi, il ministero aveva dato ampio spazio all’educazione ambientale, lanciando il piano RiGenerazione Scuola che affrontava il tema in modo completo e sistematico, impiegando anche specifici finanziamenti. Il piano, col nuovo governo, è stato brutalmente cancellato, in linea con la posizione governativa secondo cui considerare prioritaria la difesa dell’ambiente e la lotta al cambiamento climatico ha come inevitabile conseguenza la deindustrializzazione del paese. Quindi è necessario depotenziare l’educazione ambientale, per evitare di formare soggetti pervasi da “ambientalismo ideologico” e come tali “eco-terroristi”. Come fare? Semplice, basta imbottire l’insegnamento di educazione civica con un bel numero di argomenti aggiuntivi, da trattare sempre in 33 ore, riducendo quindi il tempo a disposizione per formare consapevolezza ambientale.

Suggestivi sono i nuovi argomenti inseriti, fra i quali spiccano: cultura d’impresa (i bambini devono subito mettere su una bancarella), educazione stradale (si poteva non accontentare Salvini?), educazione finanziaria e assicurativa (fondamentale, se un bambino vuole assicurare la sua bicicletta).

L’educazione ambientale viene appena citata nel lungo elenco, con poche parole: «È evidenziata l’importanza della crescita economica, nel rispetto dell’ambiente e della qualità della vita dei cittadini». Cioè, prima la crescita economica, con l’ambiente ostacolo alla crescita ma che purtroppo va rispettato. A parte l’errore di considerare l’ambiente come altro da noi, invece di considerarcene parte integrante, si vede che il ministro (che evidentemente non ha mai seguito un corso di educazione ambientale) e i suoi esperti non sono al corrente delle modifiche apportate agli articoli 9 e 41 della Costituzione, che pure va insegnata nell’educazione civica. Questi articoli dicono, rispettivamente, che la Repubblica tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni e che l’iniziativa economica privata deve svolgersi in modo da non recare danno all’ambiente. Quindi la crescita economica non deve fare danno all’ambiente, che è molto più che rispettarlo, cioè non fargli troppo male.

Inoltre, l’articolo 9 implicitamente attribuisce una nuova grande rilevanza alla educazione ambientale, sottolineando la necessità di difendere le future generazioni, la cui consapevolezza ambientale è quindi condizione essenziale. Indicazione che le nuove linee guida disattendono, anzi contrastano.

Non basta. Nel comunicato stampa c’è l’affermazione, da trasmettere agli studenti come verità rivelata, che la crescita economica (leggi crescita del Pil) crea benessere. Cioè più il Pil cresce, meglio si sta. Sicuro? Peccato che premi Nobel come Joseph Stiglitz e Amartya Sen, e altri insigni economisti non siano affatto d’accordo. Già, perché il Pil aumenta anche se la minoranza più ricca guadagna più dell’anno prima e la maggioranza più povera come prima o meno, e quindi sta peggio. Certo è, invece, che con l’aumento del Pil aumenta l’estrazione di risorse dall’ambiente, risorse che non sono infinite e quindi il Pil non può crescere senza limiti senza mettere in crisi l’ambiente e sottrarre benessere alle nuove generazioni. Anche questo andrebbe insegnato ai ragazzi, ma non si può: se lo sanno diventano eco-terroristi.

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