QUANDO MAMMA COMANDA…. da IL MANIFESTO
Il cibo artificiale è nemico della transizione
Vandana Shiva 10.02.2022
Come sanare la nostra relazione con il cibo nell’era dell’alimentazione artificiale? In risposta alle crisi del nostro sistema alimentare stiamo assistendo all’ascesa di soluzioni tecnologiche che mirano a sostituire i prodotti animali e altri prodotti alimentari di base con alternative prodotte in laboratorio. I sostenitori del cibo artificiale stanno essenzialmente reiterando la vecchia e fallimentare retorica secondo cui l’agricoltura industriale è indispensabile per nutrire il mondo. Il cibo vero e ricco di nutrienti sta gradualmente scomparendo, mentre il modello agricolo dominante sta esacerbando i cambiamenti climatici e provocando un aumento delle malattie croniche. Eppure, è soprattutto dai piccoli agricoltori che proviene il nostro cibo. Il «vero» non nasce in laboratorio, ma proviene da fattorie biodiverse che si prendono cura della terra adottando il modello dell’agricoltura rigenerativa. Creare un sistema agricolo senza animali non è la risposta alla crisi climatica. Rappresenta una forma di violenza che condanna al pericolo di estinzione. Invece di escludere del tutto gli animali, è importante capire la differenza tra i due sistemi: mentre i piccoli agricoltori integrano gli animali come diversità vitale in un agro-ecosistema funzionale e non torturano e sovrappopolano i pascoli, gli allevamenti intensivi sono caratterizzati da un numero fenomenale di capi stipati in condizioni deplorevoli che, inoltre, contribuiscono enormemente alle emissioni di gas serra.
È possibile e sano avere una dieta completa e nutriente basata su vegetali biodiversi, senza bisogno di diventare sostenitori dell’impero degli alimenti artificiali. I grandi magnati degli allevamenti intensivi sono infatti gli stessi che ora investono nella carne artificiale. Queste soluzioni non rappresentano valide alternative. Sono solo ulteriori fonti di profitto per gli stessi soggetti e sottraggono potere politico agli agricoltori rigenerativi e alle comunità locali.
Queste modalità negano le essenziali relazioni simbiotiche tra esseri umani, piante, animali e microrganismi e, nella stessa ottica, negano anche il loro potenziale per mantenere e rigenerare la rete della vita. La trama della vita è la trama del cibo. Non possiamo separare il cibo dalla vita. Allo stesso modo, non possiamo separare noi stessi dalla Terra. Il cibo non è una merce, non è «roba» messa insieme artificialmente nei laboratori. Il cibo porta con sé i contributi di tutti gli esseri viventi che formano la rete alimentare.
Le soluzioni alle nostre crisi globali esistono già. Derivano dalla costruzione di culture di interconnessione e rigenerazione e dalla guarigione delle nostre relazioni con il cibo, la natura e le comunità. È necessario prendere coscienza di queste connessioni che portano con sé l’opportunità di rigenerare la terra, la nostra salute, le nostre economie del cibo e le culture ad esso legate attraverso un’agricoltura reale che si prende cura della Terra e delle persone.
Occorre dunque lavorare attivamente per rinnovare e rigenerare il Pianeta partecipando ai processi ecologici di reciprocità e ripristinando la biodiversità. Perché questo accada, l’atto di alimentarsi deve tornare ad essere un atto ecologico, in modo che le false soluzioni proposte dai sostenitori degli alimenti artificiali, che non servono minimamente a contrastare l’industria agroalimentare orientata al profitto, non creino ulteriori disconnessioni e ulteriori crisi.
Il voto alla camera, come darsi la zappa sui piedi
Agricoltura biologica. Da 15 anni il Parlamento doveva approvare una legge necessaria per uno dei comparti più vitali della nostra economia, l’agricoltura biologica, e la Camera la rinvia al Senato perché ha abolito l’equiparazione del biodinamico al biologico
Ma che Paese è mai questo? Da 15 anni il Parlamento doveva approvare una legge necessaria per uno dei comparti più vitali della nostra economia, l’agricoltura biologica, e la Camera la rinvia al Senato perché ha abolito l’equiparazione del biodinamico al biologico.
Quindi passerà altro tempo in danno di centinaia di migliaia di imprenditori, con conseguente, ulteriore discredito sui parlamentari italiani, incapaci di decidere su un provvedimento normativo universalmente riconosciuto nella sua utilità economica, sociale e ambientale.
Ricordo che oggi, con circa 2 milioni di ettari, siamo ai primi posti in Ue per superficie coltivata a biologico e biodinamico, nel 2020 abbiamo venduto prodotti per oltre 4 miliardi di euro. Siamo i secondi esportatori al mondo dopo gli Usa, che ci distanziano di poco (2.981mln di euro contro i nostri 2.619) (Osservatorio Sana 2020, Prospettive di mercato e ruolo per il made in Italy, A cura di Nomisma) La legge che era stata approvata al Senato, e serve tra l’altro a dare più fondi alla ricerca scientifica e all’innovazione, si inscrive in una più vasta strategia europea del Green Deal. Europa primo continente a impatto climatico zero entro il 2050 di cui costituisce parte e tappa particolare un obiettivo di politica agricola: il raggiungimento di una superficie del 25% coltivata a biologico entro il 2030. Oggi la media è dell’8,5% mentre noi siamo al 15,5%. E, è bene anche sapere che la riduzione dell’agricoltura industriale rientra nel più generale piano di transizione ecologica – dato del tutto assente dal dibattito intorno al Pnrr – perché essa contribuisce per almeno il 30% al riscaldamento globale. In questo piano rientra l’obiettivo di ridurre, entro il 2030, del 50% l’uso di pesticidi e antibiotici e del 20% quello dei fertilizzanti.
Ora l’agricoltura biodinamica, come illustrato dalle testimonianze di tanti esperti sulle pagine di questo giornale, è uno degli ambiti dell’agricoltura organica dove si praticano con più rigore i protocolli di coltivazione, quello che cura con maggiore scrupolo la rigenerazione del suolo e la sua fertilità, bandisce più rigorosamente la chimica di sintesi, fa della qualità dei prodotti una vera religione. Questo settore viene bandito perché ritenuto antiscientifico, in quanto nelle aziende biodinamiche si applicano pratiche, i cosiddetti “preparati”, ritenute mere superstizioni, come l’uso del corno letame. Ora, a parte il fatto che questo non accade necessariamente in tutte le aziende, sarebbe opportuno chiedersi quanto questo uso danneggi il suolo, le falde idriche, gli animali domestici, gli insetti, la fauna selvatica. Dimostrarlo si dimostrerebbe una sfida piuttosto ardua. Si tratta di una consuetudine senza effetti pratici, non dissimile dalla benedizione delle mucche che ancora si svolge con convinzione in alcune zone delle nostre campagne. Anche se i preparati non sono delle mere credenze religiose. Perché, invece, non chiediamo alcun conto di questo genere all’agricoltura industriale? Probabilmente solo per il fatto che essa danneggia (ma lo fa in maniera scientifica), il suolo con la concimazione chimica, contamina le acque con i diserbanti, diffonde patologie con i fitofarmaci, libera CO2 nell’atmosfera come una normale industria?
Ma perché gli scienziati italiani che si oppongono al biodinamico non si fanno queste domande? Siamo convinti che alcuni di loro siano in buona fede, non subiscano cioè le segrete pressioni dalla potenti lobby dell’agroindustria che tentano tutti i mezzi per sabotare le agricolture alternative. Tra questi c’è senza dubbio Giorgio Parisi, che ha di recente onorato il nostro Paese ricevendo la massima onorificenza che si dà oggi alla scienza. Non voglio rimproverargli un maggiore rispetto per le competenze. A uno scienziato del suo rango non sfugge quanto siano oggi articolati e specializzati i saperi. E chi si occupa di fisica al suo livello è normale che sappia poco di cosa accade nel mondo dell’agricoltura. Ma gli chiedo di non mettere il suo prestigio a favore di una causa ingiusta e sbagliata. Non ascolti i suoi colleghi scienziati, e accetti un consiglio non richiesto: si faccia spiegare come stanno le cose dagli agricoltori biodinamici.
L’Italia contro l’Ue si rimangia il biologico
«Farm to Fork», la camera stralcia l’agricoltura biodinamica dalla legge approvata quasi all’unanimità dal senato
La legge sull’agricoltura biologica dovrà tornare in Senato per l’approvazione definitiva. Dopo 13 anni e tre legislature, nella votazione di ieri la Camera dei Deputati ha approvato il Ddl 988 ma lo ha fatto andando ad emendare e stralciare l’uso del termine «biodinamica» dall’articolo 1 e dall’articolo 8 del testo. L’emendamento lo ha proposto il deputato di +Europa Riccardo Magi.
UNA PARZIALE VITTORIA per chi, come la senatrice a vita Elena Cattaneo, ha fatto da anni ostruzionismo nei confronti della legge, alimentando una campagna mediatica di discredito e rallentando di fatto l’iter di una legge fondamentale nel momento in cui l’Europa lancia una strategia agricola improntata alla sostenibilità, «farm to fork», e si appresta ad avviare la nuova Politica agricola comune (Pac). Secondo Cattaneo e altri scienziati che l’hanno seguita, come il Nobel per la Fisica Giorgio Parisi, le cui tesi hanno fatto breccia anche nel presidente Mattarella, e l’Accademia dei Lincei che ha accolto la notizia del voto di ieri affermando «ha vinto la scienza», la legge avrebbe equiparato una pratica agricola (l’agricoltura biologica) e una pratica esoterica, com’è definita la biodinamica.
AVESSERO LETTO IL TESTO di legge, avrebbero però capito che «il metodo di agricoltura biodinamica» era riconosciuto solo se «applicato nel rispetto delle disposizioni dei regolamenti dell’Unione europea in materia di agricoltura biologica». Se un contadino che fa uso dei preparati biodinamici – il metodo fondato negli anni Venti da Rudolf Steiner – è anche certificato da uno degli enti dell’agricoltura biologica, allora la sua agricoltura biodinamica è anche agricoltura biologica. Un’equazione che conosce bene chi, in Italia, consuma prodotti marchiati dalla fogliolina verde europea. È per questo, che a fronte della decisione della Camera dei Deputati, i sostenitori della legge non si sono scomposti: «Nonostante questo emendamento, il biodinamico continuerà ad essere presente e sostenuto, come lo è stato fino ad oggi, in quanto pratica agronomica che si riconduce al metodo biologico, già riconosciuta fin dal primo Regolamento europeo del 1991 in materia di agricoltura biologica» hanno scritto in un comunicato FederBio, AssoBio e Associazione Biodinamica.
PREMONO ADESSO per «una veloce approvazione della legge fondamentale per supportare la transizione ecologica dell’agricoltura italiana», in quanto «introduce elementi particolarmente significativi come la possibilità di registrare il marchio biologico “Made in Italy”, di istituire distretti biologici che consentano di sviluppare l’agricoltura e l’economia dei territori rurali e di adottare un Piano nazionale per favorire lo sviluppo del biologico italiano come metodo avanzato dell’approccio agroecologico». Ecco perché Maria Grazia Mammuccini, Presidente di FederBio, ha dichiarato: «Contiamo di avere una corsia privilegiata al Senato. Questa legge è urgente e fondamentale. Ci sembra comunque paradossale che il giorno dopo l’inserimento in Costituzione di riferimenti alla tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, si cerchi di umiliare un metodo produttivo basato sul totale rispetto della natura». La stessa richiesta la avanza anche Slow Food Italia: «Subito in calendario al Senato la proposta di legge licenziata oggi alla Camera. Un provvedimento che l’Italia aspetta da troppi anni» sottolinea un comunicato dell’associazione fondata da Carlin Petrini negli anni Ottanta.
«CONFIDIAMO CHE QUANTO successo alla Camera in questi giorni rappresenti solo un piccolo rallentamento del percorso della legge che deve disciplinare un fiore all’occhiello della nostra agricoltura». Agricoltura biologica significa infatti oltre 81mila imprese (+71 in dieci anni) e oltre 2 milioni di ettari di superficie agricole coltivato in modo sano e rispettoso della fertilità del suolo (+88% dal 2010).
CHE DIETRO L’OPPOSIZIONE ideologica della senatrice Cattaneo (unica a votare contro la legge in Senato, nei mesi scorsi) ci possa essere la volontà di affossare la norma sull’agricoltura biologica traspare dalla dichiarazione di voto espressa ieri alla Camera da Maria Chiara Gadda, capogruppo di Italia Viva in Commissione Agricoltura e prima firmataria del provvedimento: «La caricatura che si è fatta di tali imprese [quelle del “bio”, ndr] va contro l’interesse nazionale in un momento in cui la nostra agricoltura rischia di essere in grave difficoltà con il caro costi dell’energia e mancanza di materie prime. Dobbiamo dire con forza che serve più agricoltura e più modelli di agricoltura adatti a diverse condizioni climatiche e territoriali. La scienza oggi più che mai deve partecipare alla sfida della transizione ecologica, ma non usiamola come una clava per nascondere interessi diversi». Quelli di chi, probabilmente, non ama l’agricoltura né i contadini.
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