TRUMP ROMPE CON KIEV PER SPEZZARE I BRICS da IL MANIFESTO e IL FATTO
Trump rompe con Kiev per spezzare i Brics
Nuova Finanza pubblica La rubrica settimanale a cura di Nuova finanza pubblica
Matteo Bortolon 08/03/2025
La clamorosa rottura fra Trump e Zelensky andrebbe collocata nel contesto geopolitico del nostro tempo. Il presidente Usa ha fretta di chiudere il conflitto, marginalizzando senza troppe cerimonie gli alleati europei, nemmeno considerati per sedere al tavolo delle trattative; per molti versi ancora outsider della politica tradizionale, e circondato da un entourage lontano dalle dinamiche della Guerra Fredda, non pare considerre più importante il ruolo del continente europeo, presumibilmente a vantaggio del conflitto verso la Cina e il consolidamento dell’alleanza con il premier israeliano Netanyahu. Uno degli aspetti più importanti sarà capire come questo incida sulla costruzione di un polo geopolitico alternativo, e cioè i Brics.
Tale raggruppamento nasce in modo informale nel 2006 e istituzionalmente nel 2009: le quattro principali potenze non occidentali (Brasile, Russia, India, Cina) cui l’anno successivo si è aggiunto il Sudafrica iniziano un livello di sempre maggiore cooperazione al termine dell’era Bush. Nella nuova epoca di Obama gli Usa si rivelano sempre più protezionisti, a dispetto del nuovo multilateralismo promosso dal nuovo inquilino della Casa bianca, ed inaugurano un nuovo impegno in Asia, lasciandosi alle spalle l’oramai screditata priorità della guerra in Iraq: è il momento del pivot to Asia. Proprio mentre i rapporti dell’Occidente con Mosca si fanno più difficili con la crisi Ucraina di Euromaidan, con il vertice di Fortaleza del giugno 2014, i Brics danno il via libera alla creazione della New Development Bank (Ndb): un istituto multilaterale con 100 mld $ di capitale, controllato in maniera perfettamente paritetica – una netta diversità rispetto al Fmi e Bm in cui gli Usa hanno un sostanziale potere di veto. In tal modo essi affermano un profilo più marcato sulla cooperazione commerciale e la promozione dello sviluppo, anziché politico in senso militare. A questo è finalizzata l’istituzione di una banca di sviluppo.
Ma tutto ciò è sempre interno ad un sistema finanziario dominato dagli Usa, e ad una globalizzazione sempre più logorata (vediamo infatti a livello mondiale una decisa prevalenza delle misure protezionistiche rispetto a quelle liberiste, con grande costernazione del Centre for Economic Policy Research, importante pensatoio di Londra e della Commissione europea). Con la guerra del 2022 si raggiunge un punto di rottura di questo precario equilibrio. L’esclusione della Federazione Russa dal sistema globale dei pagamenti, lo Swift (Society for Worldwide Interbank Financial Telecommunication) e il congelamento di circa 300 miliardi $ di riserve bancarie russe pone all’ordine del giorno il ruolo sempre più oppressivo di quella sorta di monopolio che è un sistema finanziario dollarocentrico, strumentalizzato dalle oligarchie occidentali per colpire i loro avversari. Il tema è stato affrontato da due studiosi nordamericani, Henry Farrell e Abraham L. Newman nel loro testo Underground empire: how America weaponized the world economy (“Impero sotterraneo: come l’America ha strumentalizzato l’economia del mondo) in cui esaminano i modi con cui le reti globali vengano strumentalizzate come un’arma (il termine usato è weaponized) dagli Stati più potenti.
Al vertice di Kazan, ottobre 2024, la presidenza dei Brics, in carico alla Federazione Russa, ha presentato un interessante rapporto dal titolo poco appariscente quale “Improvement of the international monetary and financial system” (“Miglioramento del sistema monetario e finanziario internazionale”), che mostra come i paesi occidentali riescano ad trarre numerosi vantaggi dall’assetto attuale, per esempio attirando negli Usa capitali di investimento a dispetto di una remuneratività interessante che potrebbero avere, per esempio, in Cina.
Il tono del Brics, del documento della Banca di Russia e dal ministero delle finanze di Mosca, appare molto moderato. Si parla di un riequilibrio fra sviluppo produttivo e industriale e assetto del sistema finanziario. Il vertice dello scorso ottobre non pare aver dato luogo ad eclatanti rivelazioni, ma pare che il lavorio per tale ambizioso obiettivo fosse avviato. Ora la nuova politica di Trump riuscirà a sabotare tali sforzi?
La Ue non può intimorire Mosca perché non ha forza nucleare
Alessandro Orsini 8 Marzo 2025
L’Unione europea approva un gigantesco piano di riarmo. Gli obiettivi della Commissione europea sono due. Il primo è stabilire la deterrenza sulla Russia: la deterrenza è la capacità di dissuadere un nemico dal fare qualcosa sotto minaccia di una punizione. Il secondo è quello di attrezzarsi per combattere una guerra con la Russia. I problemi sono due.
Il primo è che l’Europa non ha deterrenza sulla Russia dalla fine della Seconda guerra mondiale. Nessuno capisce come possa stabilirla oggi. L’idea che la Russia fosse debolissima e l’Europa fortissima è stata spazzata via dalla guerra in Ucraina. L’idea della superiorità militare dell’Europa rispetto alla Russia era un’illusione eurocentrica aggravata da un mancato aggiornamento. L’Europa non era aggiornata. L’Europa era convinta che la Russia del 2022 fosse la Russia del 1992: la Russia allo sbando che perse la prima guerra cecena combattuta dal 1994 al 1996 sotto Eltsin. L’esercito russo fu sconfitto da un gruppo di ribelli. Ma poi la Russia ha vinto la seconda guerra cecena combattuta dal 1999 al 2009 sotto Putin. L’Europa pensava che la Russia del 2022 fosse la Russia del 1998, andata in bancarotta ad agosto. Tutti ricorderanno la previsione del Corriere della Sera secondo cui la Russia sarebbe andata in bancarotta poche settimane dopo l’inizio dell’invasione. Negli anni della presidenza di Putin, iniziata nel gennaio 2000, la Russia ha recuperato le forze e l’Europa le ha perse.
Il secondo problema con il grande piano di riarmo è che l’Unione europea avrà tanti nuovi carri armati e tanti nuovi aerei. Ma la Russia ha 6000 testate nucleari. Nello scontro tra un carro armato e una bomba atomica vince la seconda. Ursula von der Leyen progetta di lanciare tanti carri armati, missili e soldati contro la Russia in caso di guerra. Peccato che la classe dirigente russa abbia stabilito, dopo l’esercitazione Zapad 99, che una guerra con la Nato in Europa potrebbe essere soltanto una guerra nucleare. Ciò è dimostrato dalla facilità con cui Putin ha pensato di colpire l’Ucraina con le testate nucleari. Era il settembre 2022. A Kherson i russi sovrastavano gli ucraini, i quali riuscirono a danneggiare il ponte Antonovsky con un Himars americano. I russi rimasero intrappolati. Quel ponte collega le due sponde del fiume che attraversa la città, il Dnipro. Il danneggiamento del ponte Antonovsky impediva la logistica russa. Gli ucraini furono salvati dall’attacco nucleare grazie a un accordo tra russi e americani. L’accordo prevedeva che gli ucraini non avrebbero sparato sui soldati russi che attraversavano il fiume su imbarcazioni di fortuna.
Le armi nucleari hanno creato una situazione eterna. La Russia non potrà mai essere né sconfitta, né attaccata dall’Europa. Per l’eternità. L’Unione europea ha una sola possibilità di stabilire la deterrenza sulla Russia: costruire 6000 testate nucleari e pure i missili ipersonici (che non ha). La Francia ha 290 testate nucleari. Un po’ poco per pensare di spaventare la Russia. All’Europa non resta altro da fare che ricordare che la Seconda guerra mondiale l’ha condannata all’inferiorità rispetto alla Russia. È meglio investire nella pace e nei rapporti commerciali con la Russia piuttosto che in un gigantesco piano di riarmo che non cambierebbe i rapporti di forza. Gli esiti storici della Seconda guerra mondiale non possono essere cambiati. Sono d’accordo che le scorte dell’esercito italiano debbano essere ricostituite. Ma il piano di riarmo di Ursula von der Leyen è tutta un’altra cosa.
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