TINA TINA TINA??? da IL MANIFESTO
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
Cultura, Saperi, Università, Dialogo
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TINA TINA TINA??? da IL MANIFESTO

Il futuro senza bellezza che ci aspetta

Profezia thatcheriana. Il processo di imbarbarimento politico ha trasformato in una poltiglia incolore quanto di buono e di bellezza era emerso durante la pandemia

Enzo Scandurra  20.02.2022

La sciagurata e cinica profezia thatcheriana rischia di avverarsi: forse un altro mondo non è davvero possibile, o, almeno, tutto rema in esso perché non si realizzi. Può sembrare una riflessione disfattista, antipolitica, eppure basta posare lo sguardo su ciò che ci circonda: quello che vediamo sono solo le macerie di ciò che invece sognavamo.

Dalla pandemia si poteva uscire migliori, con il Pnrr ci sarebbe stata la possibilità di ri-allinearci con la natura, dalla disastrosa esperienza della didattica a distanza avremmo dovuto avere la conferma che la scuola non è solo un insieme di nozioni impartite dall’alto, ma un sistema di relazioni complesso dove il contatto fisico, il guardarsi negli occhi, è inseparabile dall’atto di apprendere. Invece manganellate a chi protesta, a chi quel sistema, fatto a immagine di una grande azienda privata, vuole cambiarlo.

Il rincaro delle bollette energetiche ha fatto sentire l’urgenza di disporre di fonti di energia alternativa. A tutto questo si è aggiunto il rombo dei tamburi di guerra, come se la parentesi che ci separa dai due conflitti mondiali fosse stata troppo lunga e fosse venuto il momento di interromperla.

Questo nel solo mondo privilegiato dell’Occidente, perché se si allunga lo sguardo oltre, il paesaggio è quello dell’orlo dell’abisso: guerre, fame, carestie, desertificazione, alluvioni, bambini che muiono per fame. Perché facciamo soffrire i bambini? Si chiedeva il Papa, intervistato da Fazio, senza saper rispondere.

Solo due anni fa, quando la pandemia costringeva le persone a stare in casa, si celebrò quel rito collettivo, durante il quale tutti si affacciarono alle finestre e ai balconi delle loro case per cantare insieme la voglia di una rinascita. Quella gioiosa manifestazione di solidarietà di specie durò solo un breve arco di tempo e i nostri governanti nulla fecero per raccogliere quella invocazione; sarebbe stato ricordato come l’ultimo attimo di bellezza civile. Da allora il teatrino della politica, ha continuato a svolgersi indisturbato producendo assuefazioni, sconforto, disillusioni e morte delle sia pur tiepide speranze che per un momento si erano riaccese.

Il processo di imbarbarimento politico ha trasformato in una poltiglia incolore quanto di buono e di bellezza era emerso durante la pandemia. L’approvazione europea di gas fossile e uranio nella tassonomia delle energie “sostenibili”, rappresenta, da ultimo, la resa incondizionata al destino di una prossima catastrofe climatica.

In questa dostoevskijana e impari lotta tra Bene e Male, tra bellezza e squallore, prevale indubbiamente il secondo termine, quasi a dimostrazione del pensiero di Hobbes che l’uomo è violento e predatore e, dunque, causa primaria della propria infausta sorte.

Questa bruttezza ci viene ogni giorno restituita e rappresentata dai telegiornali televisivi come l’unico spettacolo “degno” di essere raccontato: Renzi contro la magistratura, il minuetto Salvini Meloni, le gesta del Cavaliere, il narcisismo dei politici, la manomissione della memoria collettiva e, a seguire, i femminicidi consumati da uomini ancora convinti del loro potere sulle donne, gli stupri di gruppo, e ora, da ultimo, i venti di guerra agitati dalle potenze mondiali per motivi che nessuno di noi conosce o capisce.

Semmai scoppierà un terzo conflitto mondiale, ci dovremmo chiedere dove eravamo quel giorno che tutto è iniziato e che cosa abbiamo fatto perché non accadesse. Perché anche il grande movimento della pace che alcuni anni fu definito come “la quarta potenza mondiale”, si è troppo rapidamente sciolto.

Analogo discorso vale per gli equilibri della biosfera minacciati e danneggiati irreversibilmente dalla nostra aggressività e voracità. Eppure c’è ancora bellezza che resiste in questo mondo: comunità virtuose che si ostinano a contrastare il degrado, giovani che scendono in piazza a contestare le scelte fatte dal ”palazzo”, insegnanti e medici che si prodigano per combattere i virus dell’odio e la sempre più diffusa cultura antiscientifica, associazioni di volontariato, gli appelli inascoltati del Papa e perfino il sorriso dolce del Nobel Giorgio Parisi mentre spiega i fenomeni complessi.

La bellezza si è ritirata da questo mondo e nessuno pare più disposto a cercarla e a riesumarla: quella bellezza civile che si manifesta nella solidarietà di specie e nella convivenza con altre forme di vita: animali, piante, fiumi, montagne e tutto quanto che fa parte del meraviglioso mondo della creazione.

L’aumento dei prezzi del gas tra profitti da capogiro

Energia. In Italia non è chiaro chi fa la politica energetica, e nell’interesse di chi. Il Paese ha diritto a una risposta, dall’Eni e dal governo, principale azionista

Federico M. Butera  20.02.2022

“Il direttore finanziario della compagnia petrolifera e del gas BP, Murray Auchincloss, ha detto agli investitori questa settimana: «È possibile che stiamo guadagnando più soldi di quanti sappiamo cosa farne». Le compagnie petrolifere e del gas hanno riportato profitti da capogiro, poiché la crisi del gas aumenta il prezzo al quale possono vendere i loro combustibili fossili, senza aumentare il costo della loro estrazione”. Così inizia un articolo del Guardian online dell’11 febbraio, e aggiunge che anche i profitti della Shell sono stati eccezionalmente elevati.

SPOSTIAMOCI A CASA NOSTRA. Un articolo dell’Ansa online del 18 febbraio titola: «Eni: nel 2021 Ebit +400%; utile a 4,7 miliardi, top dal 2012». Ma allora tutti i soldi che vengono drenati dalle nostre tasche a causa delle bollette gas e luce più care, vuoi vedere che vanno nelle tasche degli azionisti dell’Eni, della Bp, della Shell, e così via? Inoltre, è logico presumere che l’Eni (e con lei altre aziende Oil&Gas che operano in Italia) abbia sottoscritto contratti a lungo termine ai prezzi pre-crisi con la Russia (sostengono gli analisti che è lì il problema, il ricatto che ci prende per la gola). Ma se è così perché mai aumenta il prezzo del gas ai livelli dei prezzi spot? E che li abbia sottoscritti lo ha pubblicamente affermato Putin nel corso dell’incontro con i responsabili delle grandi imprese italiane, come riporta il Sole24Ore del 26 gennaio: «Roma, ha osservato Putin, è stata in grado di acquistare gas a prezzi più bassi, direi molto più bassi rispetto ai cosiddetti prezzi di mercato spot, che sullo sfondo della pandemia e del deficit di offerta sono notevolmente cresciuti». E questo, ha notato Putin, grazie al fatto che «le compagnie energetiche italiane continuano a lavorare con Gazprom sulla base di contratti di lungo termine».

MA ALLORA? PUTIN MENTE? Ammettiamo pure che la domanda di gas sia improvvisamente schizzata ben al di sopra dei livelli pre-covid (e così non è), tanto che le previsioni garantite dai contratti a lungo termine si sono rivelate inadeguate e si è costretti a ricorrere al mercato spot, a prezzi molto alti. Pure in questa irrealistica ipotesi, le quantità a prezzi spot sono comunque molto piccole rispetto al totale che viene acquistato, al più qualche percento. E dunque, come è possibile che i prezzi di questo piccolo percento, possano fare raddoppiare o triplicare il prezzo del tutto? Ecco, credo che gli italiani abbiano diritto a una risposta chiara, da Eni e dal governo, principale azionista, non dimentichiamolo.

È UN QUADRO, specialmente in Italia, estremamente poco limpido, inquietante, questo dell’aumento del prezzo del gas, per le manovre che si susseguono come conseguenza. Ne cito alcune.
1. Tassare i profitti dei produttori di energia rinnovabile invece di tassare gli extra-profitti delle compagnie petrolifere, Eni in testa
2. Continuare a non affrontare in modo organico e deciso lo scandalo dei 19 (o più) miliardi di sussidi ambientalmente dannosi che diamo ogni anno alle aziende del fossile
3. Investire nella estrazione delle modeste riserve di gas nazionali, che possono incidere ben poco sulla emergenza che stiamo vivendo (coprirebbero poco più del 2% del consumo totale), che è un pessimo segnale, che va contro il percorso di decarbonizzazione aumentando l’estrazione e immettendo nuove risorse finanziarie nel fossile
4. Il presidente del consiglio e il ministro della transizione ecologica invitano l’Ad dell’Eni per chiarimenti sulla possibilità di usare le riserve di gas nazionale. Ma non poteva un funzionario del Mite chiedere a un tecnico dell’Eni? Vuoi vedere che non era una informazione tecnica di cui avevano bisogno ma di indicazioni strategiche?
5. La scandalosa richiesta fatta alla Commissione Europea di allentare ulteriormente le briglie della tassonomia europea sul gas come fonte energetica “verde”, attraverso l’innalzamento del limite di 270 g CO2 eq/kWh come emissione ammissibile delle centrali a gas. Per fortuna la richiesta non è stata accolta, ma il marchio infamante rimane
6. Il nucleare IV generazione, la fusione. Messaggi da parte del governo e dell’Eni che tendono a indurre nell’opinione pubblica la convinzione che la soluzione a tutti i nostri problemi sia dietro l’angolo, e che quindi è inutile stare ad affannarsi con il solare e l’eolico, che sono pure brutti e deturpanti, mentre le centrali nucleari sono belle e moderne
7. Il piano industriale dell’Eni prevede un aumento degli investimenti nelle prospezioni, alla ricerca di nuovi giacimenti. Ma l’Iea non ha forse messo nero su bianco che se si vuole restare entro i limiti di 1,5 °C di incremento di temperature, le nuove prospezioni devono essere fermate, tutte?
Insomma, non è chiaro chi fa la politica energetica in Italia, e nell’interesse di chi.

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