STRAGI, “DIFESA DEI CONFINI” E MAGDEBURGO da IL MANIFESTO e IL FATTO
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
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STRAGI, “DIFESA DEI CONFINI” E MAGDEBURGO da IL MANIFESTO e IL FATTO

Stragi, «difesa dei confini» e Magdeburgo

Natale di menzogne Sul “terrorismo” coda di paglia di Gasparri, Salvini e Meloni per il loro silenzio sulle stragi in corso a Gaza. L’attentatore è ateo, contro l’Islam, sta con i neonazisti Afd, odia Merkel per l’asilo ai migranti, ama Musk. Ma la destra europea e italiana, «rivendica» per la sicurezza e la difesa dei confini

Tommaso Di Francesco  24/12/2024

Sul mercatino di Natale di Magdeburgo e l’attentato che ha causato cinque vittime una riflessione appare necessarie. A colpire naturalmente è il profilo dell’attentatore, già definito nelle prime ore da giornali quotati «lupo solitario della diaspora jihadista». Con tanto di scheda sugli ‘attentati con auto’ e ai mercatini di Natale inesorabilmente definiti «simbolo» dell’Occidente.

No, è un “lupo unico”, più unico che raro. Medico psichiatra, Taleb al Abdulmohsen attivo nell’assistenza ai rifugiati, ma ateo e con convinzioni anti-Islam, perdipiù sostenitore dell’Afd, l’estrema destra neonazista tedesca, e che aveva dato una intervista alla Faz, oltre che alla Bbc, nella quale accusava la Germania, che pure gli aveva dato l’asilo, di accogliere islamisti e di rifiutare l’asilo agli anti-islamisti, e per questo accusatore “a morte” della ex cancelliera Angela Merkel, nonché ammiratore di Elon Musk.

CERTO ALLE CINQUE vittime dell’attentato questa “novità” importa poco. Ma è una novità. Difficile valutarne la misura o la credibilità. Non sarebbe il primo caso di uno psichiatra di origini islamiche, impegnato nel soccorso ai rifugiati o nelle carceri, a trasformare il suo ruolo in una sindrome punitiva dell’ambiente in cui vive e di se stesso. È già accaduto a Guantanamo e nelle prigioni speciali americane, ma lì il gesto era di rivendicazione integralista della fede islamica.

Qui, a meno di non avere la sorpresa di una dissimulazione, il protagonista è un uomo dalla non-fede, anzi che rivendica la sua laicità contro il mondo dell’integralismo islamista e l’Europa troppo «accogliente»; e che, per l’eterogenesi dei fini, alla fine con il suo gesto lucidamente folle sostiene la destra estrema anti-migranti: appunto, come l’Afd che subito lo «rivendica» come dimostrazione della necessità di «difendere i confini».

Fatto sta che nonostante sia emersa questa incredibile novità, anche in Italia una destra tracotante e miserabile quanto di governo, vedi Gasparri, Salvini e la presidente Meloni, che intanto porta a casa l’assoluzione per un crimine di non soccorso a mare per i migranti disperati, ha avuto il coraggio di recitare la litania pronta nei cassetti per fare propaganda sempre contro l’Islam e contro chi, testimone delle nostre guerre e del mondo neoliberista diseguale, fugge dai conflitti e dalla miseria. Ma l’attentatore stavolta è proprio uno che la pensa come loro.

Si tratta dunque di pura coda di paglia: quel che accade in Medio Oriente fa temere chi ha mantenuto il silenzio complice sui massacri in corso a Gaza, un «oggettivo» ritorno di violenza. Perché gli occhi di quei bambini gazawi in fila per una ciotola di cibo e acqua, fatti a pezzi sotto le bombe mirate quanto terroriste di uno degli eserciti più potenti al mondo, quello israeliano, sono per il tempo lungo. E, se non li ammazzano tutti, avranno modo di farsi sentire, di ribellarsi alla condizione subumana alla quale li abbiamo condannati e di rivendicare i loro diritti umani che tanto disprezziamo tacendo.

IL RISCHIO È CHE quando alzeranno la testa li chiameranno «terroristi», come accade ai giovani che combattano in Cisgiordania contro la cacciata dei palestinesi da parte dei coloni integralisti protetti dai fascisti del governo Netanyahu.

Che poi tutto questo sia accaduto nelle stesse ore in cui una delegazione Usa arrivava a Damasco – ne arriverà una anche italiana – per incontrare la leadership dell’Hts, criminali jihadisti ex al Qaeda, che ha preso il potere alla guida di al Julani nella capitale dell’ex Siria – come la chiama Alberto Negri – dove la spartizione è ormai avviata, la dice lunga. Tanto più che subito, immediatamente, l’Hts è stata eliminata dalla lista nera Usa dei terroristi, dove invece rimane il Pkk per molti Paesi occidentali.

Non è mica la prima volta che gli Stati uniti si alleano, per strategie di destabilizzazione, con formazioni che fino all’ultimo ha considerato terroriste: famoso l’inviato Richard Holbrooke in Kosovo che parla nel 1999 con un leader in armi dell’Uck, formazione già nella lista nera americana, poco prima dello scatenamento della guerra di bombardamenti aerei della Nato sull’ex Jugoslavia; con l’Uck che diventa alleato e fanteria dei raid aerei “umanitari”; oppure il sostegno ai mujaheddin in Afghanistan (e in Bosnia) e quello agli stessi talebani poi ridiventati nemici. Per non dire delle ombre saudite che ancora restano sulle vicende tragiche legate all’11 settembre 2001.

TERRORISMO che va, terrorismo che viene. Alla fine il regime siriano è caduto. Dopo dieci anni di sforzi della coalizione degli Amici della Siria (dalla Germania alla Gran Bretagna, dagli Usa all’Arabia saudita) e commistioni per abbattere il raìs Assad in alleanza perfino con i terroristi dell’Isis da parte della baluardo sud della Nato, la Turchia di Erdogan. Con il Sultano già pronto alla resa dei conti verso i curdi, che con i jihadisti, non con i protagonisti laici della primavera di Damasco, ha fatto affari e continua a farli – i giornalisti turchi che hanno denunciato i legami perversi sono dovuti fuggire dal loro Paese per questo.

Non sono mancati finanziamenti miliardari e invii di armi per gli insorti «democratici» in realtà finiti più o meno consapevolmente, come ammise l’allora capo di Stato maggiore Austin, nelle mani jihadiste. Alla fine Assad è caduto, meglio, è stato evacuato a Mosca; il suo esercito, si è dileguato. Era difeso solo da pasdaran iraniani, Hezbollah e russi.

LA RUSSIA – chiamata in Siria da Obama e Alleanza occidentale visti i fallimenti sul campo contro il jihadismo – ha ceduto, pochi se ne sono accorti, sulla Siria di Assad ormai indifendibile, per avere in cambio la posta ucraina ben più decisiva. Le prime due realtà sono state eliminate da Israele, e al Julani ringrazia tacendo, sia sull’aggressione israeliana alla Siria dal Golan, sia sul massacro in corso nella Striscia.

Lì ogni giorno uccidono decine di palestinesi, siamo a più di 45mila persone uccise, ma non fa più notizia: è scontato.

È un crudele terrorismo di Stato, di uno Stato amico e «unica democrazia» del Medio Oriente. Lì non ci sono mercatini, ma è Natale anche a Gaza, dove i bambini non scartano regali ma bombe dall’alto dei cieli e questo non commuove Meloni. E noi dovremmo inorridire dentro.

Bombe su Gaza. Dal 7 ottobre c’è una “vera” Meloni contro la “finta”

ALESSANDRO ORSINI  24 Dicembre 2024

Uno dei fatti più impressionanti dell’informazione in Italia è che nessuno abbia mai chiarito la posizione ufficiale di Giorgia Meloni verso il bombardamento di Gaza. Per capire la “vera” Meloni, occorre ricostruire le sue decisioni verso Gaza dal 7 ottobre 2023 a oggi. Soltanto in questo modo potremo distinguere ciò che Meloni dice da quel che fa. Tutti sentono dire che Meloni vorrebbe una tregua a Gaza. In realtà, Meloni opera affinché Gaza venga bombardata per tutto il tempo che Netanyahu riterrà necessario. Esibisco alcuni documenti.

Il 28 ottobre 2023, Giorgia Meloni si è rifiutata di votare in favore di una tregua umanitaria all’Onu per interrompere lo sterminio dei palestinesi a Gaza. In quell’occasione, Meloni ha dichiarato, per bocca dell’ambasciatore italiano all’Onu: “Sempre solidali con Israele”. Il 26 gennaio 2023, quando la Corte internazionale di giustizia dell’Onu ha avviato il processo per genocidio contro Israele, Meloni si è schierata dalla parte di Netanyahu contro i palestinesi. Meloni si è sempre opposta alle indagini della magistratura sui crimini di Netanyahu a Gaza. Prove? Il 19 maggio 2024, quando il procuratore capo della Corte penale internazionale, Karim Khan, ha chiesto un mandato d’arresto contro Netanyahu, Meloni ha definito la richiesta “del tutto inaccettabile” per bocca di Tajani. Il 21 novembre 2024, quando la Corte penale internazionale ha spiccato il mandato di cattura contro Netanyahu, Meloni ha delegittimato i suoi giudici per bocca di Tajani. Secondo Meloni, il mandato di cattura è l’atto politico fazioso di un gruppo di giudici che vuole attaccare ingiustamente Netanyahu.

Meloni ha dato a Netanyahu, a sterminio in corso, le seguenti armi: bombe, granate, siluri, mine, missili, cartucce e altre munizioni, proiettili e loro parti, per un valore di 730.869,5 euro a dicembre 2023, quasi raddoppiati a 1.352.675 euro a gennaio 2024. Il 19 settembre 2024, Meloni si è rifiutata di votare in favore di una risoluzione Onu che chiede a Israele di porre fine all’occupazione dei territori palestinesi in solidarietà con Netanyahu che, in quei luoghi, uccide i palestinesi tutti i giorni. L’11 ottobre 2024, nell’ultimo MeD9 a Cipro, Meloni ha impedito l’inserimento di un brano contro la vendita di armi a Israele – richiesto da Macron e Sanchez – nella nota con cui Francia, Italia e Spagna hanno condannato l’attacco israeliano contro Unifil. Il 15 ottobre 2024 alla Camera, Meloni ha dichiarato di continuare a fornire assistenza militare a Netanyahu. Meloni ha chiarito che sta rispettando i contratti di fornitura militare autorizzati prima del 7 ottobre 2023. Non ne ha firmati di nuovi, ma rispetta quelli vecchi. L’8 dicembre 2024, quando Israele ha occupato nuove porzioni di territorio siriano, Meloni si è rifiutata di condannare Netanyahu, nonostante la condanna dell’inviato speciale Onu per la Siria, Geir Pedersen.

Il 20 dicembre 2024, Netanyahu ha dilaniato con le bombe 12 membri di una famiglia a Jabalia tra cui 7 bambini, a nord di Gaza. Due giorni dopo, il 22 dicembre, Giorgia Meloni ha inviato Crosetto a Tel Aviv per stringere le mani del ministro della Difesa israeliano responsabile della strage, Israel Katz, e assicurargli l’appoggio dell’Italia. Meloni avrebbe potuto annullare l’incontro per protesta contro quell’eccidio, ma non l’ha fatto perché Meloni è schierata con Netanyahu contro i palestinesi. Eccoci giunti alla nostra conclusione “realista” che distingue i discorsi dai comportamenti. C’è una “finta” Meloni che chiede la tregua, e una vera Meloni che opera affinché Gaza continui a essere bombardata.

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