STATO SOCIALE, UN FUTURO CHE PASSA PER LA POLITICA E LA RIPRESA DEL CONFLITTO da IL MANIFESTO
Stato sociale, un futuro che passa per la politica e la ripresa del conflitto
Scaffale «Prima gli italiani. Welfare, sciovinismo, risentimento» di Enrico Gargiulo, Enrica Morlicchio e Dario Tuorto. Il volume del Mulino evidenzia come la svolta neoliberale pesi più delle varie scelte politiche
Roberto Ciccarelli 24/09/2024
Lo sciovinismo è un nazionalismo che esclude il riconoscimento dei diritti degli altri, a cominciare dagli stranieri. Oggi è andato al potere, a cominciare dall’Italia. Nei palazzi della politica risuona lo slogan dell’estrema destra: «Prima gli italiani». Enrico Gargiulo, Enrica Morlicchio e Dario Tuorto hanno decostruito l’espressione. La tesi del loro libro Prima gli italiani. Welfare, sciovinismo, risentimento (Il Mulino, pp. 224, euro 22) è rilevante: lo sciovinismo del welfare non è riducibile al risentimento dei «perdenti», ossia a quel senso di rancore, sperimentato da chi rimane fuori dai benefici delle trasformazioni economiche in corso, abilmente sfruttato dalle destre estreme e conservatrici.
L’IDEA CHE PRESTAZIONI e benefici sociali debbano essere appannaggio esclusivo della popolazione autoctona ha radici più profonde. Risale all’impianto originario dello Stato sociale (il welfare state) e all’affermazione di azioni legislative e prassi amministrative orientate al controllo su chi ha diritto a ottenere qualcosa e su quando e come ottenerlo.
Uno dei problemi politici del Welfare è l’accesso condizionato ai diritti in base al possesso della cittadinanza nazionale. è diventato evidente da trent’anni almeno con le crisi economiche, il taglio e l’aziendalizzazione dello Stato sociale. Lo sciovinismo del Welfare non è sempre stato uguale. Oggi è una forma di nazionalismo che tende a riservare i servizi sociali alla maggioranza autoctona. Il criterio di base è «la meritevolezza», cioè il riconoscimento da parte dello Stato del diritto ad ottenere un servizio o un sussidio temporaneo e decrescente sulla base dell’identità nazionale. Il «merito», dunque, non è soltanto un criterio che misura la produttività e la qualità delle prestazioni di un individuo, ma dipende anche da dove sei nato. Questo Welfare – definito più propriamente Workfare – crea discriminazioni anche tra i cittadini nazionali. Usa l’ideologia del «merito» per definire un accesso discrezionale e al lavoro e ai diritti e incita alla competizione su risorse scarse per accedere a un lavoro senza diritti pagato sempre peggio.
CONSERVATORI, POPULISTI e progressisti oggi dipendono culturalmente dalla svolta neoliberale degli anni ’70/’80. La continuità non è quasi mai avvertita. La contrapposizione tra un «liberalismo impolitico» contro l’«illiberalismo autoritario» porta a sottovalutare il razzismo istituzionale e il carattere escludente delle democrazie liberali, nonostante le loro pretese di universalismo e di inclusione. Lo dimostra la deriva di alcune esperienze «di sinistra». In Danimarca i «socialisti» interpretano l’agenda dell’estrema destra. In Germania crescono politici «conservatori di sinistra» che solfeggiano lo spartito sociale delle destre. La solidarietà e l’internazionalismo sembrano avere, di nuovo, ceduto il passo alla xenofobia che si è già affacciata nella storia delle classi operaie.
Alla base del libro c’è un’idea rilevante: la politica sociale non è riducibile a prassi tecniche ed amministrative. È l’espressione di grandi scontri politici e culturali che attraversano la sovranità, l’economia o i massmedia. Il suo futuro dipende dalla lotta politica. Una lotta abbandonata da una «sinistra» che ha cogestito la trasformazione neoliberale e autoritaria del Welfare. Il discredito che la perseguita è giustificato dalla sua incapacità di trovare argomenti contro la declinazione nazionalistica del Welfare.
Gargiulo, Morlicchio e Tuorto analizzano come uno dei Welfare più iniqui d’Europa, quello italiano, abbia incorporato elementi di sciovinismo. Basti pensare al cosiddetto «reddito di cittadinanza». Nel 2019 i 5 Stelle e la Lega nel governo Conte 1 esclusero gli stranieri residenti in Italia da meno di dieci anni. Solo una procedura di infrazione della Commissione Ue, e il deferimento alla Corte di giustizia europea, ha spinto il governo Meloni a diminuire il bando a cinque anni nell’attuale «assegno di inclusione». La Corte di giustizia europea ha condannato l’Italia per avere truffato centinaia di migliaia di stranieri residenti in una recente sentenza. Lo stesso problema è emerso con l’assegno per i figli. L’Italia è stata deferita alla Corte europea per avere escluso i lavoratori stranieri «mobili» non residenti da almeno due anni.
LO SCIOVINISMO DEL WELFARE inquieta perché è sistemico. La sua analisi permette di comprendere come il compromesso politico e sociale che stava alla base del welfare è stato il prodotto di rapporti di forza, e di culture che non sono fisse, univoche e omogenee. I confini tra la cittadinanza e la razza non sono certi, così come non lo sono quelli tra la classe e il sesso o tra il capitalismo e la democrazia. Politica significa trasformarli.
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