SENZA LIMITI: LA PULSIONE A PRENDERE TUTTO da IL MANIFESTO e IL FATTO
Senza limiti: la pulsione a prendere tutto
Governo assoluto L’arroganza istituzionale che tracima in violenza verbale, e si concretizza in forzature come il decreto legge sui paesi sicuri adottato ieri sera dal governo, rischia di travolgere i principi fondamentali della democrazia e del costituzionalismo
Alessandra Algostino 22/10/2024
L’arroganza istituzionale che tracima in violenza verbale, e si concretizza in forzature come il decreto legge sui paesi sicuri adottato ieri sera dal governo, rischia di travolgere i principi fondamentali della democrazia e del costituzionalismo. Affiora la protervia di un potere che pretende di essere senza limiti, nell’imporre la propria volontà.
Senza limiti nel non rispettare le istituzioni: la magistratura, ma anche le stesse istituzioni che si rappresentano e dalle quali provengono gli attacchi, governo e presidenza del senato; senza limiti nel violare vite, dignità e diritti.
È un potere feroce contro le persone, disumanizzate e ridotte a pedine nel gioco politico, come propaganda spicciola ma anche come tassello nella costruzione di una (non)cultura intrisa di un razzismo coloniale e suprematista.
Le persone divengono meri strumenti di una guerra ibrida condotta sui migranti e contro i migranti; quei migranti – ricordiamolo – che sono laboratorio dove sperimentare restrizioni dei diritti.
Non è la magistratura che esonda, ma è il governo che non rispetta gli argini costituzionali, dalla separazione dei poteri alle norme in materia di asilo e libertà personale al rispetto del diritto internazionale e sovranazionale ai quali il nostro ordinamento si conforma in attuazione del principio internazionalista.
Un inciso. Lasciamo per un momento il compito di puntellare gli argini della democrazia continuamente erosi dal fiume di parole e provvedimenti del governo. Il diritto di asilo costituzionale sancisce il diritto di ingresso nel territorio della Repubblica e l’effettività che lo percorre rende evidente il contrasto in sé con l’adozione delle finzioni giuridiche (truffe giuridiche?) che sottostanno alle procedure in frontiera, delocalizzate e non.
Torniamo agli argini. La separazione dei poteri e la garanzia dei diritti, assi portanti del costituzionalismo sin dalla Dichiarazione francese del 1789, radicati in una storia secolare e sanciti nella Costituzione, sono trattati come un fastidioso orpello, un limite da rimuovere.
L’attacco alla magistratura è parte della deriva autoritaria: si vuole un giudice che applichi – citare Montesquieu è scontato ma necessario – fedelmente le «leggi tiranniche», magari quelle come il disegno di legge sicurezza in discussione, che si faccia «oppressore» al servizio del capo.
Le parole denigratorie si accompagnano a falsità populiste che distorcono il senso dell’indipendenza della magistratura, che non deve rispondere al popolo, ma amministrare la giustizia «in nome del popolo», con una funzione di salvaguardia rispetto al principio di maggioranza, a tutela dei diritti e delle minoranze.
Che il giudice sia soggetto soltanto alla legge è garanzia di indipendenza, usare la legge ad hoc per torcere pronunce giurisdizionali è una eterogenesi dei fini: una discrezionalità del legislatore (alias, ormai, il governo) che sconfina nel mancato rispetto della separazione dei poteri.
Con l’adozione del decreto legge sui paesi sicuri, per cercare di derogare al sistema di garanzie in tema di diritti come alla separazione dei poteri, stiamo regredendo di secoli, dai vincoli del lex facit regem alla pretesa che rex facit legem. Non solo, assodata, e non concessa, la continua violazione dei presupposti del decreto legge, in questo caso pare di scorgere dietro l’urgenza quasi uno spirito vendicativo, un primitivismo politico che adotta una prospettiva di scontro istituzionale che tracima in delegittimazione e disconoscimento. La distanza rispetto allo spirito di collaborazione tra istituzioni – richiamato dal presidente Mattarella -, nel comune intento di esercitare e garantire il principio democratico, è siderale. Le istituzioni non si reggono in se stesse e per se stesse ma sono al servizio dei cittadini (tutti e nella loro plurale espressione). Sono le persone e i diritti ad essere al centro; la soggezione del giudice solo alla legge, la sua indipendenza (articoli 101 e 104 della Costituzione) assicurano che ciò avvenga, tutelando dagli arbitri dell’esecutivo, come Costituzione rigida e giustizia costituzionale limitano il legislatore. Sono i fondamenti di una democrazia costituzionale.
E sia chiaro, un decreto legge non può sovvertire diritti e principi costituzionali, tra i quali il rispetto del diritto internazionale e la sovraordinazione del diritto dell’Unione europea (per cui, in presenza di un contrasto, le norme del decreto dovranno essere disapplicate); forse il governo dimentica che la nostra non è una costituzione flessibile come lo Statuto albertino, che non siamo nel ventennio.
“ORA TOCCA A NOI DIFENDERE I MAGISTRATI”
Adriano Sansa 22/10/2024
I nostri giudici non sono nostri giudici. Sono la voce delle leggi che ci siamo dati per vivere civilmente. Sono, insieme a tutti noi, i custodi della Costituzione che ci siamo dati dopo aver vissuto per vent’an – ni nell’abiezione del fascismo. E quando la legge dev’essere applicata alle diverse vicende della vita a loro tocca di interpretarle con cura, indipendenza, onestà. Talvolta sono chiamati ad avere un particolare coraggio, che noi tutti insieme possiamo sostenere. Quando il terrorismo di differenti matrici ci ha spaventati e colpiti, molti di loro sono stati uccisi perché restavano al loro posto: mai nella storia era avvenuta una simile strage. Quando le mafie che impestano il Paese hanno capito che i magistrati le stavano colpendo con efficacia, li hanno ammazzati insieme agli agenti e ai carabinieri che lavoravano con loro. Quando hanno applicato la legge ai corrotti, ai potenti arroganti e criminali, sono state scagliate contro di loro minacce e calunnie. Se hanno difeso, applicando le nostre leggi, i diritti dei più deboli e soli, come i migranti arrivati qui nella disperata speranza, i promotori dell’odio contro i diversi, gli sfruttatori dei nostri stessi peggiori istinti, li hanno aggrediti. Uomini e donne di governo, membri elevati del Parlamento, hanno disprezzato la separazione dei poteri, hanno deviato le nostre istituzioni per il proprio contingente vantaggio politico ed elettorale. Quando i magistrati hanno sbagliato, violando essi stessi le leggi e le regole dell’etica pubblica, ci hanno gravemente feriti, ledendo la fiducia che avevamo in loro. Non sono infatti diversi dagli altri uomini, hanno bisogno di essere seguiti, criticati, puniti come ogni altro cittadino. Ma quando fanno il loro dovere, come normalmente avviene, e decidono per noi, non devono avere paura né speranza di vantaggi. Chi li custodirà se non noi cittadini? E dunque chi saprà reagire quando saranno minacciati e offesi da un potente di turno, da un buffone travestito da ministro, da un fascista ricomparso, da un villano rifatto? Poiché infine i nostri giudici siamo noi quando vogliamo vivere da persone libere e civili.
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