SE LA GERMANIA PRENDE DI MIRA GLI ARTISTI EBREI ACCUSANDOLI DI ANTISEMITISMO da VALIGIA BLU
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
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SE LA GERMANIA PRENDE DI MIRA GLI ARTISTI EBREI ACCUSANDOLI DI ANTISEMITISMO da VALIGIA BLU

Se la Germania prende di mira gli artisti ebrei accusandoli di antisemitismo

 

 Elizabeth Grenier (Deutsche Welle)  21/09/2024

Nel novembre 2023, una mostra di Candice Breitz è stata annullata dal Saarland Museum. Gli organizzatori hanno voluto evitare di associarsi all’artista sudafricana, sostenendo che avesse firmato una lettera del movimento Boycott, Divestment and Sanctions (BDS), etichettato dal governo tedesco come “antisemita”, e che non avesse condannato gli attacchi terroristici di Hamas del 7 ottobre.

Da allora, Breitz ha ribadito in più occasioni la falsità di entrambe le accuse. Una delle più recenti uscite al riguardo l’ha vista partecipare a una tavola rotonda sull’impatto della posizione peculiare della Germania sul movimento BDS lo scorso 8 settembre al Festival internazionale della letteratura di Berlino (ILB). Pur sostenendo il diritto democratico al boicottaggio, ha dichiarato di non essere una sostenitrice del BDS e di non aver mai firmato alcuna lettera del movimento.

Come scritto dall’artista su Instagram ancor prima della decisione del museo: “È possibile condannare pienamente Hamas (come faccio io, inequivocabilmente), pur sostenendo la più ampia lotta palestinese per la libertà dall’oppressione, dalla discriminazione e dall’occupazione”.

C’è un altro aspetto che ha reso il caso di Breitz particolarmente emblematico: l’artista è ebrea.

“Potrò anche avere la discutibile peculiarità di essere la prima artista ebrea cui la Germania toglie fondi e spazi, ma non sono la prima ebrea ad essere presa di mira”, ha dichiarato l’autrice dopo l’esplosione della polemica. “Un ampio ventaglio di attivisti, artisti e altri operatori culturali sono stati ricoperti di catrame e piume con una rapidità e uno zelo da maccartisti”.

“All’ombra dell’Olocausto”: la Germania e il supporto incondizionato a Israele

Inviti ritirati in risposta ad accuse montate in fretta

Da quando il parlamento tedesco ha approvato la risoluzione del 2019 che condanna il movimento BDS come antisemita, diverse istituzioni culturali del paese hanno disertato gli inviti previsti o cancellato i premi, cercando preventivamente di evitare polemiche e accuse di antisemitismo.

Il fenomeno si è accentuato dopo l’inizio della guerra tra Israele e Hamas alla fine del 2023, in seguito agli attacchi di Hamas che hanno causato la morte di circa 1200 israeliani e la presa di oltre 200 ostaggi.

Tra questi, vi sono casi di persone che hanno criticato pubblicamente le azioni di Israele a Gaza senza includere una condanna diretta di Hamas, venendo così accusate di antisemitismo. Il regista israeliano Yuval Abraham e il suo co-regista palestinese, Basel Adra, lo hanno sperimentato in prima persona alla Berlinale di febbraio, in seguito al loro discorso di accettazione del premio che criticava il governo israeliano.

Criticare il governo israeliano non vuol dire essere antisemiti, un’accusa pericolosa e che mette in pericolo la vita degli stessi ebrei in tutto il mondo

Abraham, che ha subito minacce di morte in Israele in seguito alle accuse, ha criticato funzionari e politici tedeschi per aver svalutato il termine “antisemitismo”.

“La Germania sta strumentalizzando un termine concepito per proteggere gli ebrei, e lo sta facendo non solo per mettere a tacere i palestinesi, ma anche per mettere a tacere gli ebrei e gli israeliani che criticano l’occupazione”, ha dichiarato.

Avvertimenti simili sono giunti da Diaspora Alliance, un’organizzazione internazionale guidata da ebrei impegnata a sfidare la strumentalizzazione dell’antisemitismo e a combattere quello che identificano come vero antisemitismo.

Ebrei o gruppi ebraici presi di mira nel 25% dei casi

Diaspora Alliance sta attualmente compilando un elenco dei casi di censura e deplatforming in Germania legati a denunce di antisemitismo.

I dati, che dovrebbero essere resi disponibili online nel 2025, mostrano non solo che i palestinesi e la più ampia comunità di musulmani e/o arabi sono stati i più direttamente colpiti dalla particolare posizione della Germania, ma anche che un numero altamente sproporzionato di ebrei è stato colpito.

Tra gli 84 casi di deplatforming o cancellazione di eventi documentati nel 2023 da Diaspora Alliance, il 25% ha riguardato ebrei o gruppi ebraici.

Questa statistica è stata confermata a Deutsche Welle da Emily Dische-Becker, direttrice della sezione tedesca dell’organizzazione. Come avvertenza, ha sottolineato che essendo un’organizzazione guidata da ebrei, hano probabilmente più informazioni dirette sui casi che riguardano ebrei.

Gli ebrei rappresentano meno dell’1% della popolazione tedesca.

Qual è la definizione di antisemitismo in Germania?

La risoluzione BDS approvata in Germania nel 2019 si basa sulla definizione di antisemitismo stabilita dall’International Holocaust Remembrance Alliance (IHRA), spesso criticata per aver etichettato come “antisemite” quelle che altri considererebbero legittime critiche a Israele.

La definizione dell’IHRA comprende “paragonare la politica israeliana contemporanea a quella nazista” e “negare il diritto del popolo ebraico all’autodeterminazione, ad esempio sostenendo che l’esistenza di uno Stato di Israele è un’impresa razzista”.

Anche l’autore principale della definizione dell’IHRA, l’avvocato statunitense Kenneth Stern, si oppone all’uso di questa definizione come base di qualsiasi strumento legale. La sua posizione è sostenuta da un’ampia gamma di studiosi dell’antisemitismo, come elencati da Diaspora Alliance, che raccomandano piuttosto una definizione alternativa, la Dichiarazione di Gerusalemme sull’Antisemitismo, disponibile dal 2021.

Il Parlamento tedesco sta comunque elaborando un’altra risoluzione basata sulla definizione dell’IHRA, intitolata “Mai più è ora: Proteggere, preservare e rafforzare la vita ebraica in Germania”. A causa del suo passato nazista – tra le altre ragioni – la Germania considera una propria responsabilità storica il sostegno a Israele.

Più di 150 artisti e intellettuali ebrei criticano la bozza di risoluzione

Alla fine di agosto, il quotidiano tedesco taz ha pubblicato una lettera aperta firmata da importanti artisti e intellettuali ebrei. Dalla sua pubblicazione iniziale, la lettera ha raccolto più di 150 firme.

In essa, i firmatari esprimono i propri timori per una bozza di risoluzione che “mentre pretende di proteggere la vita ebraica in Germania, al contrario promette di metterla in pericolo”.

Nella lettera si sottollinea come uno dei problemi della bozza sia di “fissarsi su artisti, studenti e migranti come i più pericolosi autori di antisemitismo del paese, suggerendo che la minaccia più urgente per gli ebrei proviene da persone associate alla politica di sinistra e da coloro che provengono dall’esterno della Germania”.

“Si tratta di una maliziosa distorsione della realtà, che si basa sulla falsa sovrapposizione tra antisemitismo e qualsiasi critica al governo israeliano. Come ebrei, rifiutiamo in particolare l’idea della risoluzione che l’antisemitismo sia stato importato dagli immigrati in Germania, luogo di nascita del nazismo”.

“Ebrei buoni” ed “ebrei cattivi”?

Stefan Laurin, direttore del Ruhrbarone, un blog le cui denunce di antisemitismo hanno scatenato polemiche che hanno poi portato a varie cancellazioni – e che è noto per aver promosso con un meme l’annientamento di Gaza – è stato ospite della già citata tavola rotonda dell’ILB.

Come ha sottolineato Candice Breitz durante la discussione, l’articolo di Laurin in risposta alla lettera firmata da oltre 150 intellettuali e artisti evitava di menzionare che i firmatari erano ebrei. Si riferiva piuttosto vagamente a loro come membri della “parte antisemita della scena culturale”.

Durante la discussione, Laurin ha provato a giustificare il suo lavoro citando il redattore capo del settimanale tedesco-ebraico Jüdische Allgemeine, Philipp Peyman Engel. Il quale, in un’intervista al quotidiano tedesco Die Welt, ha affermato che i musulmani e la sinistra radicale rappresentano una minaccia antisemita maggiore rispetto all’estrema destra.

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