POVERTÀ: “LE NUOVE MISURE UN FLOP. E ORA IL GOVERNO NASCONDE I DATI” da IL FATTO e QUIFINANZA
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
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POVERTÀ: “LE NUOVE MISURE UN FLOP. E ORA IL GOVERNO NASCONDE I DATI” da IL FATTO e QUIFINANZA

Povertà, Antonio Russo: “Le nuove misure un flop. E ora il governo nasconde i dati”

Presidente Acp – “Il basso reddito per certa politica è una colpa: così tagliano gli aiuti”

 Roberto Rotunno  2 Settembre 2024

“Tutte le volte che si dice a una persona in condizioni di povertà che da domani potrebbe perdere l’Adi perché bisogna ricontrollare tutto, magari chi è protetto da reti sociali del territorio riesce a mantenerlo, ma gli altri ci rinunciano”. Antonio Russo, portavoce dell’Alleanza contro la povertà, è da tempo critico sulla riforma che ha cancellato il Reddito di cittadinanza e introdotto le due nuove misure non universalistiche: l’Assegno di inclusione e il Supporto formazione lavoro.

Le nuove politiche contro la povertà prevedono procedure molto farraginose per i beneficiari, che spesso, anche se hanno rispettato gli obblighi, si vedono negare il sussidio per inefficienze delle piattaforme. Un sistema che sta disincentivando le domande?

Intanto notiamo che c’è un effetto annuncio sulle misure che cambiano: ogni passaggio richiede alle persone di capire qual è la nuova procedura e non dimentichiamo che parliamo di soggetti senza una rete attorno. Per i soggetti più fragili c’è un effetto scoraggiamento soprattutto quando si sentono dire “colpiremo quelli che non avevano diritto”.

Il sospetto è che dietro questo effetto di scoraggiamento ci sia un chiaro disegno politico per rendere esasperante l’iter e ridurre le domande. Insomma, è un effetto voluto per risparmiare fondi?

Questo non lo so, ma sicuramente questi due provvedimenti, l’Assegno di inclusione e il Supporto formazione lavoro, non funzionano. C’è sempre da considerare la vulgata per cui le persone che prendono sostegni al reddito sarebbero poveri per colpa. Io non escludo che una certa politica in qualche modo, ritenendo che si è poveri per colpa, pensi quindi che ci sono margini per poter diminuire la platea di beneficiari.

Nel frattempo il governo non fornisce dati sulle due misure. Non esiste più il bollettino mensile, solo scarne diffusioni a intervalli regolari. Servirebbe maggiore trasparenza?

Servirebbe un monitoraggio continuo nazionale: noi oggi non sappiamo quante domande ci sono, quante in giacenza, le ragioni per cui le domande vengono respinte. L’ho ricordato alla viceministra nel nostro incontro di luglio: dovremmo già avere l’istituzione di un Osservatorio sulla povertà, previsto dalle norme, ma in questo il governo ci ha rassicurati. Poi servirebbe un monitoraggio locale. Abbiamo servizi sociali deboli, soprattutto in alcune parti del Paese molto fragili, anche per mancanza di personale. Stessa cosa per i Centri per l’impiego. Prendiamo i dati di giugno delle domande accolte per Sfl: sono una manciata e questi numeri davvero lasciano un po’ perplessi. Che cosa ha prodotto Sfl per le 96 mila persone alle quali è stata accolta la domanda? Una occupazione effettiva? Se la misura è “lavorista”, ma non si comunicano i dati, come facciamo a sapere quanta occupazione ha creato?

Intanto, malgrado una platea dimezzata, una povertà che in Italia coinvolge 5,7 milioni di persone, tanti disservizi che complicano la vita ai pochi beneficiari delle misure, ancora non si vede una grossa protesta organizzata. Come mai?

Le organizzazioni sociali, non solo quelle che sono dentro l’Alleanza, hanno usato toni molto duri, non ci siamo risparmiati. Tuttavia, le forme di protesta oggi vedono la gente un po’ isolata, la sensazione è che si tenda a vivere una difficoltà in solitudine. Quarant’anni fa sarebbe stato diverso. C’è una scarsa fiducia nei confronti delle istituzioni e una silente opposizione a queste politiche che si fa ogni giorno nei Comuni. La contrapposizione in pratica si è spostata ai livelli istituzionali di prossimità: se parli con i sindaci, ti dicono che non riescono a svolgere il loro ruolo. Chi non prende l’Assegno di inclusione va prima a protestare ai servizi sociali, in solitudine, e poi va dai sindaci.

Occupazione in aumento in Italia ma salgono soprattutto le partite Iva: cosa succede

L’occupazione in Italia cresce grazie alle partite Iva e alle donne: male i giovani, tra i quali sono sempre più comuni gli inattivi

Matteo Runchi  1 Settembre 2024

I dati Istat e Eurostat di luglio hanno mostrato un aumento dell’occupazione in Italia e in tutto il continente. Il nostro Paese si è portato quasi perfettamente in pari con la media europea, ma i dati che emergono da questa rilevazione non sono del tutto positivi. Alcuni dettagli mostrano situazioni anomale o preoccupanti.

Da una parte, la quasi totalità dell’aumento degli occupati dipende da una netta crescita delle partite Iva, quindi degli autonomi, all’interno del nostro mercato del lavoro. I dati sugli uomini rimangono stabili mentre migliora nettamente l’occupazione femminile. Ancora seri problemi per i giovani, tra cui crescono fortemente gli inattivi, coloro che non cercano lavoro pur non essendo occupati.

Boom di autonomi a luglio: i dati dell’occupazione italiana

Dati postivi da parte dell’Istat, l’istituto nazionale di statistica, per quanto riguarda l’occupazione in Italia a luglio. Le persone che lavorano nel nostro Paese toccano un nuovo record storico in valori assoluti arrivando a oltre 24 milioni, il 62,3% del totale di coloro che sono in età lavorativa. Un netto aumento in confronto sia al mese precedente, +56mila lavoratori, che a un anno fa, quando erano impiegate quasi mezzo milione di persone in meno.

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Questi dati si accompagnano a un buon risultato dell’occupazione europea, che raggiunge i migliori risultati dal 2008 con un tasso medio di disoccupazione del 6,4%. Si tratta di un solo decimale in meno del dato italiano, che con i recenti ottimi risultati si è riportato in media con l’Ue. Alcuni dettagli però nascondono indizi preoccupanti per diverse categorie di lavoratori.

In primo luogo, quasi la totalità dell’aumento è dovuto all’apertura di nuove partite Iva. Il lavoro autonomo ha costituito quasi tutta la crescita dell’occupazione, mentre i dipendenti sono calati di 18mila unità. Discorso simile per il lavoro femminile, che costituisce 54mila delle nuove 56mila assunzioni. Questi dati si aggiungono ai dubbi legati al forte aumento dell’occupazione in un periodo di moderata crescita economica, che sottintende una bassa produttività del lavoro e una scarsa tendenza agli investimenti.

La situazione dei giovani: crescono gli inattivi

Sono i giovani però la categoria ancora più in difficoltà nel mercato del lavoro in Italia. Le persone tra i 25 e i 34 anni in particolare fanno registrare ancora un altissimo tasso di disoccupazione, pari al 20,8% del totale. Questo dato è calato a luglio, ma la ragione per cui è avvenuta questa riduzione non ha a che fare con la creazione di nuovi posti di lavoro, ma al contrario con un fenomeno preoccupante: l’aumento degli inattivi.

Secondo i dati riportati da Istat, tra giugno e luglio sono 73mila in più le persone con meno di 34 anni che hanno smesso di cercare un lavoro e si sono rassegnate al loro stato di inoccupazione. Questa categoria, gli inattivi, nei dati è distinta da quella dei disoccupati, che invece non hanno un impiego ma lo stanno attivamente cercando. Un calo della disoccupazione quindi non è sempre legato a un aumento dell’occupazione, ma può anche essere letto in chiave negativa per il mercato del lavoro se buona parte del flusso di lavoratori si è spostato nella categoria degli inattivi.

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