PAESI SICURI, GOVERNO BOCCIATO ANCHE DOPO LA CASSAZIONE da IL MANIFESTO e IL FATTO
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
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PAESI SICURI, GOVERNO BOCCIATO ANCHE DOPO LA CASSAZIONE da IL MANIFESTO e IL FATTO

Paesi sicuri, governo bocciato anche dopo la Cassazione

Migranti Il tribunale di Catania libera un richiedente asilo egiziano: lo Stato di diritto lì non esiste. Prima disapplicazione della nuova legge. Tra una settimana la competenza passerà alle Corti d’appello, ma cambierà poco

Giansandro Merli  05/01/2025

Attraverso le schede del ministero degli Esteri e le fonti qualificate indicate dalla normativa europea il tribunale di Catania ha constatato che in Egitto persistono «gravi violazioni dei diritti umani che investono, in maniera generale e costante, non solo ampie categorie di persone, ma anche il nucleo stesso delle libertà fondamentali che connotano un ordinamento democratico». La conseguenza, scrive il giudice Rosario Cupri, è questa: «In Egitto non è “configurabile uno Stato di diritto che si possa definire realmente sicuro per tutti”». Ci sono le doppie virgolette perché l’ultima frase cita l’ordinanza interlocutoria firmata dalla Cassazione giovedì scorso. Quella su cui gli esponenti della maggioranza erano intervenuti in batteria dicendo: «dà ragione all’esecutivo» (Sara Kelany, FdI), «conferma la linea del governo» (Nicola Molteni, Lega) o «boccia sinistre giudiziarie e politiche che ci boicottano» (Maurizio Gasparri, Fi).

Meno di una settimana dopo, proprio basandosi su quella decisione, le toghe etnee hanno liberato un richiedente asilo egiziano di 30 anni che l’altro ieri era stato rinchiuso nel centro di Modica-Pozzallo. È la prima disapplicazione della legge varata due mesi e mezzo fa dal governo Meloni per rendere la lista dei «paesi sicuri» norma primaria. «Nel momento in cui l’elenco è inserito in una legge il giudice non può disapplicarla, se ritiene sia incostituzionale può fare ricorso alla Corte [costituzionale, ndr]», aveva detto il 22 ottobre scorso il ministro della Giustizia Carlo Nordio annunciando la misura pensata per rispondere alle non convalide dei trattenimenti in Albania. A differenza di quanto sostenuto dal Guardasigilli, però, anche una norma primaria può essere disapplicata se contrasta con il diritto europeo.

COSÌ HANNO FATTO a Catania seguendo ciò che ha stabilito la Corte del Lussemburgo prima e la Cassazione poi: il giudice deve verificare che la designazione di un paese come sicuro, che spetta al governo, sia legittima. Ovvero rispetti i criteri della direttiva 32/2013. Per il massimo tribunale nazionale questa classificazione è corretta anche se le condizioni di sicurezza sono prevalenti e non assolute, cioè se esistono dei rischi per alcune categorie di persone. A patto che «la presenza di eccezioni soggettive tanto estese nel numero, accompagnata da persecuzioni e menomazioni generalizzate ed endemiche, non incida, complessivamente, sulla tenuta dello Stato di diritto». In caso contrario sarebbe violata la direttiva e si pregiudicherebbe il valore costituzionale della dignità.

Proprio quello che secondo il tribunale di Catania avviene in Egitto, dove si ritrovano: pena di morte, per impiccagione, con un numero di esecuzioni tra i più alti; detenzioni arbitrarie e arresti senza mandato; sparizioni forzate; violazioni verso avvocati, attivisti, giornalisti e oppositori; discriminazioni di minoranze religiose, donne, persone lgbt; uso sistematico di tortura e maltrattamenti. Lo dice la stessa scheda-paese redatta dai ministeri italiani per inserire, a maggio 2024, lo Stato nordafricano tra quelli sicuri: un’evidente finzione che è andata a sbattere contro l’esame dei giudici.

ERANO DUE MESI che i richiedenti asilo non venivano messi dietro le sbarre del centro di Modica-Pozzallo per sottoporli alle «procedure accelerate di frontiera» sulla loro domanda d’asilo. Nello stesso periodo era rimasta vuota anche l’analoga struttura di Porto Empedocle, dove cinque cittadini del Bangladesh sono stati rinchiusi martedì scorso, il giorno dopo l’ordinanza della Cassazione. I giudici di Palermo li hanno liberati in 48 ore, ma seguendo un’altra strada giuridica. La doppia mossa è stata un test per l’Albania, dove il governo vuole riprendere i trasferimenti.

Da sabato prossimo, intanto, la competenza su queste convalide passerà dalle sezioni specializzate in immigrazione alle Corti d’appello. Lo ha stabilito la legge approvata il 4 dicembre scorso. L’esecutivo spera di ottenere risultati migliori, ma non si capisce in base a quali presupposti: anche per i tribunali di secondo grado valgono diritto Ue e pronunce di Cassazione e Corte del Lussemburgo. Tra l’altro a Roma sono stati arruolati dal presidente Giuseppe Meliadò, per esigenze tecniche, i giudici che si sono già espressi sull’Albania dal tribunale ordinario, dove erano stati aggiunti per far fronte all’aggravio di lavoro. A Catania la sezione della Corte cui spetteranno le convalide sarà presieduta da Massimo Escher: era a capo della locale sezione immigrazione del tribunale civile e prenderà servizio nei prossimi giorni. Il trasferimento è stato proposto all’unanimità dalla commissione del Consiglio superiore della magistratura (Csm) a fine settembre, quando lo spostamento di competenze non era neanche un’ipotesi, e deliberato dal plenum il 20 novembre, quando la modifica era solo una proposta.

IN OGNI CASO più che le toghe conta la legge: se la Cassazione ha sospeso il giudizio sul tema per attendere la decisiva sentenza della Corte Ue è difficile credere che le Corti d’appello possano dare il via libera ai trattenimenti. O non li convalideranno o rinvieranno tutto in Lussemburgo, liberando comunque i richiedenti asilo. La decisione dei giudici europei è attesa per la primavera. Prima di allora i centri di trattenimento in Albania, o quelli in Sicilia, non si riempiranno.

Gasparri, il cotechino e l’accoglienza

antonio padellaro  5 Gennaio 2025

“Ho appena inoltrato al ministro della Giustizia una interrogazione per chiedere un’ispezione a carico del magistrato Luigi Patronaggio. Mi sono anche rivolto al Csm perché valuti eventuali provvedimenti dopo un incredibile articolo scritto da quel magistrato. Patronaggio andrebbe allontanato dall’ordinamento giudiziario”.
Maurizio Gasparri, capogruppo di Forza Italia al Senato

Il 29 dicembre scorso l’“Avvenire” pubblica un commento sulla sentenza Open Arms (quella che a Palermo, nove giorni prima, ha assolto Matteo Salvini) scritto da Luigi Patronaggio, procuratore generale presso la corte d’Appello di Cagliari. Le osservazioni contenute nell’articolo dal titolo “Un amaro spartiacque” presentano una particolare autorevolezza. Quella del giornale dei vescovi italiani che ospita con rilievo lo scritto del magistrato, già procuratore della Repubblica di Agrigento, da sempre in prima linea nel contrasto alle organizzazioni mafiose. Per Gasparri è davvero troppo e lo immaginiamo mentre allo scoccare del Capodanno è lì che verga trafelato una pila di esposti, denunce, censure, deferimenti, notifiche, conditi di improperi e minacce. I famigliari lo attendono per il tradizionale cenone e voci impazienti lo reclamano: dai, Maurizio, sbrigati che il cotechino con le lenticchie si raffredda. Ma lui, niente. La comicità del personaggio (beniamino della satira a reti unificate) non minimizza la gravità dell’attacco sferrato.

Gasparri presiede i senatori di Forza Italia, di quel partito sovente collocato nella parte moderata dello schieramento, impreziosito da una patina di garantismo peloso. Si preferisce dimenticare che costoro si considerano gli eredi legittimi del fu Silvio Berlusconi, nemico numero uno di ogni forma di giustizia che ostacolasse i suoi interessi. Patronaggio, pur nel rispetto della sentenza, esprime amarezza per un contrasto all’immigrazione che a partire dal 20 dicembre “non sarà più quello che, pur nella severità dei controlli dovuti per la sicurezza nazionale, ha contraddistinto l’Italia come un Paese dell’accoglienza rispettoso del diritto delle genti e del mare, dei trattati internazionale e della Costituzione repubblicana”. Per Gasparri e i suoi sodali l’importante è farla pagare a Patronaggio: nell’agosto 2019 fu lui a salire a bordo della nave della Ong spagnola Open Arms e a sequestrarla, permettendo uno sbarco vietato dal Viminale retto all’epoca dall’attuale segretario della Lega. Imputato poi per sequestro di persona e abuso di ufficio. Trattasi dunque di una ritorsione a orologeria tipica di certi ambienti. Dove l’esecutore agisce su preciso mandato. Patronaggio non nasconde la sua amarezza non – ovviamente – sull’esito del processo, ma “dalla vulgata secondo cui, d’ora in poi, per difendere i confini nazionali sarebbe legittimo imporre fantasiosi quanto impraticabili blocchi navali, ordinare alle navi delle Ong di percorrere, dopo pericolosi e sfiancanti salvataggi in mare, migliaia di miglia nautiche per raggiungere un porto sicuro scelto dall’autorità nazionale secondo estroversi disegni elettoralistici”. Questo farebbe venire meno i pronunciamenti della Corte costituzionale e della Corte di cassazione ma anche degli appelli del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, e soprattutto l’immagine dell’Italia come un “Paese di accoglienza rispettoso del diritto delle genti e del mare, dei trattati

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