LEZIONE TEDESCA IGNORATA: PARIGI PUNTA AL TECNICO da IL FATTO e IL MANIFESTO
NIFESTO
Lezione tedesca ignorata: Parigi punta al tecnico
Beaudet premier? – In Germania Afd e Bsw spazzano via i centristi, ma Macron vuole ‘Ciampi’ francese
Salvatore Cannavò 3 Settembre 2024
Dalle ultime indiscrezioni, il presidente francese Emmanuel Macron potrebbe conferire l’incarico di formare il governo a un “tecnico” e non a un politico, ammesso che la distinzione sia corretta. Si tratta di Thierry Beaudet, sconosciuto al grande pubblico, che rappresenterebbe l’importazione oltralpe di un metodo sperimentato ampiamente in Italia. Un Draghi alla francese, forse meglio un Ciampi.
La soluzione che potrebbe essere annunciata martedì, è associabile alla clamorosa ascesa dell’estrema destra in Germania dove l’Afd, che non esita a recuperare motti e slogan nazisti, ha sfiorato il 33% in Turingia, primo partito davanti alla conservatrice Cdu ed è diventata il secondo partito con il 30% in Sassonia. Un voto che ormai rappresenta una tendenza di fondo, anche se viene bollato come risentimento populista, quasi che non avesse cause o motivazioni forti. Si prenda la reazione consegnata a X del commissario Ue italiano, Paolo Gentiloni: “Exploit della peggiore destra europea (e ottimi risultati della peggiore sinistra) in #Sassonia e #Turingia. Amici dei russi in quella che fu la Germania satellite dell’Urss. Nemici dei migranti nell’area tedesca con meno immigrazione. Vince il rancore contro tutto e tutti”.
Il voto in cui l’Afd viene commisurata ai risultati del partito di Sahra Wagenknecht che ottiene l’11,8 in Sassonia e il 15,8% in Turingia, surclassando il resto della sinistra, viene presentato come una calamità naturale, quasi non avesse padri e madri. Invece rappresenta una crescente sfiducia nei confronti dei vari centristi, in particolare di sinistra. A essere colpiti direttamente sono infatti i tre partiti della coalizione di governo, la Spd di Olaf Scholz, i Verdi e i liberali della Fdb per i quali si apre una situazione di riflessione profonda. La Cdu ha iniziato la sua offensiva e molti parlamentari conservatori hanno ieri dichiarato che con l’Afd non è impossibile governare magari con una politica di ferro contro l’immigrazione. Centristi e destre possono sempre trovare un accordo, come dimostra anche il caso italiano.
Al momento non è questo l’obiettivo di Macron, che vuole tenersi lontano sia da Marine Le Pen sia dalla France Insoumise ed è ben lieto di raccogliere il “sollievo” del presidente del Medef, la Confindustria francese, Patrick Martin, rassicurato dall’eliminazione dal campo di gioco del Nfp. E così avanza la figura del “tecnico” che sembrerebbe adatta a spaccare la sinistra.
Beaudet, 62 anni, è presidente del Consiglio economico, sociale e ambientale (Cese), una sorta di Cnel che rappresenta la terza Camera costituzionale francese. Un organismo quindi che punta a tenere in equilibrio gli interessi dei lavoratori e quelli delle imprese. Beaudet poi ha lavorato principalmente nel settore delle mutue finendo a capo della Federazione Nazionale della Mutualità Francese, dal 2016 al 2021. Uno che ne capisce di welfare, insomma, e che dopo le Legislative di luglio a caldo aveva dichiarato: “Ancora una volta queste elezioni hanno messo in luce le profonde fratture che attraversano la nostra società. Non possono più essere ignorate. (…) La nostra democrazia è vulnerabile. Per preservarla bisogna agire con rigore e coinvolgere pienamente i cittadini e gli organismi intermediari”. Una grande concertazione alla francese, insomma, che permetta di mettere alle strette settori consistenti della sinistra, e probabilmente, del sindacato. Dall’Italia arriva il plauso di Renato Brunetta, appunto presidente del Cnel: “Beaudet è un tecnico che incarna perfettamente la società civile. L’interesse per un profilo come il suo conferma il ritorno al protagonismo dei corpi intermedi”. Sembra di assistere a un ritorno, per quanto riguarda l’Italia, ai primi anni 90, quando la crisi provocata dall’ingresso nell’Europa di Maastricht fu affrontata con il sostegno del sindacato con conseguenze sociali disastrose. In Francia si spera possa andare diversamente.
Un muro contro Afd, Sahra Wagenknecht ago della bilancia
Germania. In Sassonia il leader della Cdu, riconfermato, non esclude accordi Così in Turingia, dove però i fascio-populisti sono arrivati primi
Sebastiano Canetta, BERLINO 03/09/2024
Michael Kretschmer, premier Cdu della Sassonia, non si lascia sfuggire neppure per sbaglio la parola alleanza, ma le sta spalancando veramente le porte del governo di Dresda: «Noi democristiani e Sahra Wagenknecht in teoria siamo compatibili: sul suo partito non pende alcun veto, come invece su Afd e sulla Linke». Lei non se lo fa ripetere due volte: «Parliamone di persona». Mentre nega di essere interessata alla poltrona: «Non chiedo alcun ministero per me».
Non sono trascorse nemmeno ventiquattro ore dall’esito delle urne in Sassonia e Turingia che ha sconvolto il governo di Berlino (e la Commissione di Bruxelles) e già si profila la nuova era politica inimmaginabile anche solo una settimana fa. Per il momento l’ipotesi di coalizione fra i conservatori di centro e i «conservatori di sinistra» – così Wagenknecht definisce ufficialmente la sua Alleanza – è talmente inedita che non si è ancora trovata la bandiera giusta in grado di riassumerla. Tuttavia non è più fanta-politica, anzi.
Michael Kretschmer, 49 anni, astro crescente della Cdu, si avvia al secondo mandato dopo aver vinto per un soffio la sfida elettorale di domenica scorsa contro Afd. L’Unione democristiana con lui candidato ha conquistato il 31,9% contro il 30,6% del fascio populista Jörg Urban. Alle loro spalle l’annunciato boom dell’Alleanza Sahra Wagenknecht (Bsw): grazie all’11,8% non solo vola al parlamento di Dresda ma diventa pure la terza forza politica nel Land. Nove mesi fa nemmeno esisteva, due giorni fa ha drenato una tal massa di voti dalla Linke da farla finire sotto la soglia di sbarramento (ha raccolto il 4,5%). La Sinistra è rientrata nel Landtag grazie ai mandati diretti nella città di Lipsia.
DUE DEI TRE PARTITI del governo Scholz sono riusciti in qualche modo a contenere l’effetto governo rivelatosi devastante sia in Sassonia che Turingia. Spd e Verdi raccolgono rispettivamente il 7,3% e il 5,1% restituendo la prova della loro scarsa rilevanza fra i tedeschi dell’Est. Eppure entrambi potrebbero risultare decisivi nel caso del patto fra Kretschmer e Wagenknecht che li vedrebbe coinvolti come partner ultra-minoritari necessari per raggiungere una solida maggioranza. A proposito di numeri, ieri è stato limato di poco il risultato annunciato domenica. Cambia poco o nulla, se non che dopo il riconteggio finale Afd ha perso la quota della «minoranza di blocco» che le permetteva di fare ostruzione con peso superiore agli effettivi seggi in Parlamento.
Se volete formare una coalizione con noi, dovete parlare anche con me. Penso che una conversazione personale è più appropriata di una telefonata
IN TURINGIA, INVECE come era stato ampiamente previsto da tutti sondaggi, a dare le carte è stata solo Afd, ormai padre-padrone del Land conquistato con il 32,2% del consenso nonostante la netta sconfitta del filo-nazi Bjorn Höcke, spitzenkandidat dei fascio-populisiti con chiare tendenze antisemite, incapace di vincere il mandato diretto nella propria circoscrizione: è entrato nel Landtag soltanto per merito della lista di Afd in grado di esprimere addirittura il seggio in più per il primo dei non-eletti, cioè lui. Chi immaginava che la vera chiave del successo degli alternativi neri fosse il braccio teso di Hoecke si sbagliava non poco, mentre la tesi della disaffezione del voto vacilla di fronte all’incontrovertibile dato dell’affluenza alle urne, più che sintomatico della rivoluzione politica in corso in Germania.
IL RIFIUTO DEI PARTITI tradizionali – Spd, Verdi e liberali in testa – non si è tradotto nell’aumento dell’astensionismo ma l’esatto contrario: in Sassonia domenica scorsa si è presentato al seggio il 74,4% degli elettori (record nella storia di tutte le elezioni del Land) e anche in Turingia sono visibilmente cresciuti rispetto a un lustro fa, fino al 73,6%. In teoria, sotto il profilo strettamente tecnico, sarebbero quote da trionfo della democrazia liberale; in pratica quest’ultima verrà salvata soltanto se in Turingia resisterà il cosiddetto «cordone democratico» di tutti i partiti contro l’alleanza con Afd. Qui la Cdu è arrivata quasi dieci punti dietro ad Afd (23,6%) e ormai il suo concorrente diretto è la Bsw di Wagenknecht (15,8%).
Come in Sassonia anche in Turingia la Spd con il 6,1% non perde granché rispetto alle scorse elezioni ma gli ambientalisti restano fuori dal parlamento per colpa del magro 3,2% raccolto.
Anche qui, l’ago della bilancia sarà il Bsw forte del 15,8% anche se la Linke a differenza della Sassonia ha centrato un target superiore ai sondaggi (13,1%) e in teoria può ancora giocare un ruolo fondamentale nel Land che ha governato per dieci anni consecutivi.
«Dopo le elezioni in Sassonia e Turingia sono necessarie nuove elezioni federali» tuona Alice Weidel, leader nazionale di Afd. Ancora prima di Sahra Wagenknecht, e a maggior ragione dopo lo scivolone elettorale di Höcke, la capa degli alternativi è la donna che sta cambiando il volto della Germania per ora dell’Est. «Il prossimo passo è convincere anche i tedeschi dell’Ovest» è il suo obiettivo non più a lungo termine.
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