LE CARTE TRUCCATE SUL PNRR: I SOLDI CI SONO MA SOLO UN TERZO È STATO SPESO da IL MANIFESTO
da IL MANIFESTO
Pnrr, i soldi ci sono ma solo un terzo è stato speso: il resto non si sa
Il caso Dopo anni di battaglia la fondazione Openpolis è riuscita a ottenere la trasparenza dei dati. Il piano al quale ben tre governi, compreso l’ultimo, hanno agganciato il futuro del paese risulta più indietro di quanto si dica nei talk show. Bisogna spendere 137 miliardi in 14 mesi. In tre anni e mezzo ne sono stati spesi 57. L’alternativa è restituire i soldi a Bruxelles
Roberto Ciccarelli 04/02/2025
Nonostante il trionfalismosulla nomina di Raffaele Fitto a una delle vicepresidenze della Commissione Europea il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) al quale è stato agganciato il futuro del paese è più indietro di quanto si dica nelle conferenze stampa e nei talk show televisivi.
Dopo una battaglia condotta insieme alla coalizione Dati bene comune e all’Osservatorio civico Pnrr , in nome della democrazia dei dati, ieri la fondazione Openpolis ha comunicato che su 269.299 progetti «è stato speso meno di un terzo dei fondi», il 30,5% delle risorse disponibili, pari a poco più di 57 miliardi di euro. È il risultato di tre anni e mezzo di piano. Restano quattordici mesi per spendere 137 miliardi.
«Fin dal 2021, anno di approvazione del piano, abbiamo lavorato affinché venisse fatta più luce possibile sull’andamento di investimenti e riforme. Non è possibile valutare compiutamente questa ingente mole di risorse se non c’è la minima trasparenza. La chiediamo da sempre e continueremo a farlo fino alla fine» ha detto Vittorio Alvino, presidente della Fondazione Openpolis.
In base alle stringenti regole sottoscritte con la Commissione Ue, i fondi non spesi del Pnrr andranno restituiti. L’Italia corre il rischio di confermare la storica e strutturale incapacità di spendere i fondi europei. Tuttavia il Pnrr era stato presentato, tra l’altro, come l’occasione di invertire il corso della storia. Si comprende allora la ragione per cui, entro certi limiti, anche l’attuale esecutivo si sia dimostrato restìo a svelare la realtà dei dati. Il loro contenuto, in effetti, è politico, e non solo statistico.
Oltre al costante monitoraggio condotto da Openpolis, di recente un documento della Corte dei conti ha confermato la stessa realtà. Nello scorso dicembre risultavano spesi di più i fondi dedicati a digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura (70%) e alla transizione ecologica (68%). , Lo ha dimostrato ieri l’annuncio del presidente del consiglio di Stato Luigi Maruotti secondo il quale, grazie alla digitalizzazione, è stato smaltito l’arretrato dei faldoni pendenti sia al Consiglio di Stato che al Tar con due anni di anticipo.
Che qualcosa non funzioni è emerso ieri dal lato del governo. Il neo-ministro alla rogna, Tommaso Foti, ha annunciato un nuovo piano per le aree interne. Nel Pnrr ci sono 1,2 miliardi stanziati, sono stati spesi 180 milioni. «Bisogna cambiare il meccanismo di intervento perché evidentemente non funziona» ha detto.
Le carte truccate sul Pnrr: enfasi sulle misure attivate, non sui progetti avviati
Bilancio È arrivata la quinta rata: Meloni «primi in europa», l’Italia è solo quarta nel rapporto risorse erogate e fondi totali
Roberto Ciccarelli 06/08/2024
«Siamo primi in Europa». Così la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha salutato ieri l’arrivo della quinta rata (su 10) del piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), pari a 11 miliardi di euro. La consueta, eccessiva, enfasi data dal governo al mero calcolo degli gli «obiettivi» raggiunti in rapporto con l’importo complessivo da 194,4 miliardi di euro risulta dissonante rispetto all’incertezza in cui versa il Sacro Graal dell’economia italiana.
Incertezza, in primo luogo, politica. Raffaele Fitto, il ministro delegato alla grana di inizio secolo, è stato candidato a ricoprire un ruolo da commissario europeo. Se così fosse, lascerebbe vacante il suo posto. Vista l’oscurità e la difficoltà dell’incarico potrebbe essere un modo per complicare ancora un percorso sempre più in salita. La seconda incertezza è che il governo sa già che non riuscirà a rispettare la scadenza di giugno 2026. È questa la data entro la quale dovrà avere speso tutti i fondi europei. Impresa complicata. A giugno di quest’anno sono stati spesi 51,3 miliardi. All’appello mancano 143 miliardi da spendere in meno di due anni. Non a caso il ministro dell’economia Giorgetti ha chiesto, più volte, di rinviare la scadenza. Ipotesi che è stata respinta, senza tanti complimenti, dalla Commissione Ue uscente.
Nel frattempo il governo spera di accelerare la spesa, ma gli osservatori dubitano fortemente del suo percorso. Anche perché il Pnrr non ha pace. Fitto ha annunciato una revisione che dovrebbe riguardare l’attribuzione del 40% dei fondi al Sud.
È possibile vedere oltre la cortina fumogena o sul Pnrr. Lo facciamo con il nuovo fact-checking pubblicato ieri dalla fondazione Openpolis che ha analizzato la quinta relazione del governo sul Pnrr. Anche qui è stata messa molta enfasi sulle «misure attivate», cioè gli investimenti già finanziati e in corso di esecuzione: sono l’85% degli importi, il 92% se si considerano quelli tramite bandi.
Tale indicazione però non dice molto sullo stato di avanzamento dei diversi progetti. Un’indicazione più rilevante riguarda la spesa sostenuta. Questa ammonta a meno di 10 miliardi nel 2024. I fondi spesi finora sono il 26% circa del totale.
Per quanto riguarda le risorse già ricevute, l’Italia si trova al primo posto: 102,45 miliardi di euro. Il secondo dato più elevato è quello della Spagna che però si ferma a 38,41 miliardi. Segue la Francia con 30,86 miliardi. Occorre però tenere presente che l’importo dei Pnrr varia da paese a paese. L’Italia è prima perché ha una ricevuto più soldi di tutti (194,4 miliardi di euro) e ha più rate da conseguire. Altri hanno ricevuto meno e vanno più veloci. Il rapporto percentuale tra scadenze già raggiunte e il totale di quelle previste. Al primo posto troviamo invece la Francia (67%).
L’Italia è solo nona. Il governo, semplicemente, non lo dice. Sul rapporto tra risorse erogate e dotazione finanziaria totale al primo posto troviamo la Francia (76,6%). L’Italia è quarta (52,7%). Anche includendo le scadenze italiane riguardanti la quinta rata il rapporto percentuale del nostro paese sale al 38% circa. Dato ancora non particolarmente elevato.
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