LA PARTE DI PD CHE SOGNA L’AUTONOMIA DI CALDEROLI da IL FATTO
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
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LA PARTE DI PD CHE SOGNA L’AUTONOMIA DI CALDEROLI da IL FATTO

La parte di Pd che sogna l’autonomia di Calderoli

 Massimo Villone  22 Agosto 2024

Le firme referendarie online sulla legge Calderoli giungono alle prime 500.000, e la corsa continua. Per il ministro una notizia buona e una cattiva. Quella buona: i rischi istituzionali da lui temuti per la facilità di raccolta data dalla piattaforma pubblica non esistono. Le altre proposte di referendum rimangono a distanza nelle firme. Quella cattiva: è proprio la sua autonomia differenziata (AD) che non piace al popolo italiano.

A poco vale l’assist ricevuto da Morando e Tonini sul Corriere della Sera (17.08). Contestano al Pd che è sbagliato sostenere il referendum, con la singolare tesi – addebitata per di più all’incolpevole Flick – che il quesito colpisce la Costituzione. È vero il contrario. Colpisce la legge (ordinaria) 86/2024 che dà una incostituzionale lettura dell’autonomia. Ricordano, con la destra, che il Titolo V fu voluto dal centrosinistra. Ammettono che dopo un quarto di secolo si può cambiare idea, ma scelgono il remake di errori antichi. Già negli anni 90 del secolo scorso gli antenati del Pd ospitano un’anima nordista di peso negli equilibri interni, radicata nell’Appennino tosco-emiliano. Si adotta la tesi di lasciar correre la parte del Paese in grado di farlo: la “locomotiva del Nord”. Da qui viene l’AD. Compare nella proposta D’Alema-Amato di riforma del titolo V (XIII leg., AC 5830) e si traduce poi nell’art. 116.3 vigente con un emendamento di maggioranza (Camera, 21.09.00, em. 4631). La Lega non vota contro, e si astiene. Si legge spesso che il centrosinistra volle la riforma per contrastare la Lega secessionista. Vero, ma c’era anche altro. Nella memoria eterna della Rete troviamo (Sole 24 Ore, 19.09.06) un Laboratorio del Nord dei riformisti della Margherita, che vuole avvicinare l’offerta politica “alle esigenze di modernizzazione delle Regioni più dinamiche del Paese”. A Milano (La Stampa, 22.04.08) una turbolenta riunione di Veltroni con i segretari regionali di Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna discute di un Coordinamento del Nord in un partito effettivamente federale. Segue ( La Stampa, 11.01.09) un Coordinamento Pd comprendente tutto l’arco delle regioni del Nord. Il giornale titola “Si presenta il Pd del Nord”. E nel frattempo (21.12.07) il Prodi-2 approva un ddl di attuazione dell’art. 116.3 non lontano dal Calderoli-pensiero. Sorprende di meno, allora, che un governo Pd, l’Emilia-Romagna e due Regioni leghiste firmino i preaccordi del 28.02.18, a soli quattro giorni dal voto, e dunque violando il limite degli affari correnti. Scrosciano gli applausi anche in Emilia-Romagna (Corriere del Veneto.it, 28.02.18). Non per caso, Bonaccini tiene sempre a sottolineare che erano proprio tutti d’accordo. La legge di iniziativa popolare per il ritiro della firma ai preaccordi portata in consiglio da 6.000 firme non fa un passo. E nelle polemiche crescenti dopo i preaccordi il Pd rimane sostanzialmente in silenzio. Tanto che Letta presenta per il voto 2022 una Carta di Taranto per il Sud che tace sull’AD. Le cose cambiano solo con Schlein. Ma gli anni trascorsi hanno ormai chiarito che sono in campo due prospettive – e politiche – di sviluppo per l’Italia.

La prima, in atto fin dagli anni 90, è puntare sulla parte del Paese che si ritiene più dinamica e in grado di competere sul piano europeo e globale. È appunto la “locomotiva del Nord”. L’AD in stile Calderoli è un raffinamento o, meglio, un aggravamento di quella politica. Che però si è già mostrata perdente, perché ha portato il Paese sul binario morto di uno sviluppo stentato e inferiore a quello dei maggiori partner europei, con una caduta verticale delle nostre presunte eccellenze regionali nelle classifiche europee del Pil pro capite. Una debolezza che la medicina Calderoli non può curare.

La seconda è affiancare a quella del Nord una seconda locomotiva, rafforzando il sistema produttivo del Sud e delle aree interne, in specie con una politica industriale degna del nome, e investimenti sulle infrastrutture strategiche. È da sempre la tesi della Svimez, che trova ora sostegno nel libro di Stefano Fassina L’autonomia differenziata fa male anche al Nord. È il solo modo di ridare velocità e competitività a tutto il Paese, a partire dal Nord, in specie nella nuova – e pericolosa – situazione geopolitica. In mancanza, vale lo scenario di un’Italia fatalmente spaccata descritto nel libro di Marco Esposito, Vuoto a perdere. Il collasso demografico.

Una o due locomotive? Due, dicono le firme. Mostrano una crescente consapevolezza del Sud, e un contributo rilevante anche del Centro-Nord. Schlein ha ragione, e non solo per motivazioni di campo largo, Morando e Tonini hanno torto, e non perché fan di Calderoli. Sono la parte del Pd che sbagliava ieri, e sbaglia oggi. Ma errare è umano, perseverare è diabolico.

Autonomia, anche Sardegna e Toscana impugnano la legge

Fq  22 Agosto 2024

Nel giorno in cui anche le firme digitali del referendum contro l’autonomia differenziata hanno superato la soglia delle 500 mila, la Sardegna e la Toscana hanno deciso di impugnare la legge bandiera leghista di fronte alla Corte costituzionale, dopo la Puglia guidata da Michele Emiliano. Il mezzo milione di firme, necessario per proporre un referendum per l’abrogazione del ddl Calderoli, in realtà era già stato raggiunto nelle scorse settimane. Ma ieri l’obiettivo è stato centrato anche online. La campagna per il referendum abrogativo aveva visto la luce a fine luglio e in pochi giorni, tra i banchetti e la piattaforma online, erano state raccolte tutte le firme necessarie. E adesso andranno contabilizzate le migliaia di firme raccolte ai banchetti: solo la Cgil ne ha certificate 164.711, con il record delle 32 mila in Sicilia, seguita dall’Emilia-Romagna (16.150), Puglia (16.693) e Campania (13228). “Si tratta di una legge ingiusta che va combattuta”, ha detto la presidente sarda, Alessandra Todde (M5S), motivando la delibera della sua giunta con cui la Regione a statuto speciale impugna la legge del centrodestra. Una scelta criticata da Fratelli d’Italia perché così “si abbandona una storica battaglia della Sardegna”. Si moltiplicano così i fronti della battaglia legale contro il provvedimento voluto dal ministro leghista delle Autonomie Calderoli, che detta il quadro normativo dei futuri accordi tra Stato e Regioni a statuto ordinario per la devolution di competenze su 23 materie, tra cui la tutela della salute. Oggi, invece, il presidente della Toscana, Eugenio Giani, in conferenza stampa presenterà il ricorso della Regione contro il governo per la dichiarazione di illegittimità costituzionale della legge sull’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario.

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