“LA DIFESA EUROPEA NON È IL PIANO RIARMO: L’UE PENSI A TRATTARE” da IL FATTO
“La difesa europea non è il piano riarmo: l’Ue pensi a trattare”
Salvatore Cannavò 4 Aprile 2025
L’intervista: “La pace è la cosa più importante: senza di essa non si possono affrontare le altre crisi”
Jeffrey Sachs è in Italia per una serie di convegni tra cui Rethink Europe organizzato da Pensareinsieme il 9 aprile a Roma alle 17 (presenti, tra gli altri, Carlo Rovelli, Pasquale Tridico, Luisa Morgantini, Luigi De Magistris) e sarà presente alla manifestazione di domani organizzata dai 5 Stelle.
Perché questa partecipazione?
La questione più importante al mondo oggi è la pace, compresa quella in Ucraina e in Medio Oriente. L’Europa non potrà prosperare o essere sicura finché non ci sarà la pace. Il mondo non potrà affrontare le profonde crisi strutturali, come il cambiamento climatico globale, finché non ci sarà la pace. I popoli e i movimenti politici di tutto il mondo devono alzare la voce per la diplomazia, la sicurezza collettiva, il diritto internazionale e una pace duratura.
Cosa pensa della politica europea di riarmo?
L’Europa ha bisogno di una politica di difesa e di una capacità di difesa, ma non certo di una politica di guerra. L’Europa deve essere in grado di difendersi, ad esempio per resistere a un’invasione statunitense della Groenlandia, ma deve sempre riconoscere che la diplomazia è il suo strumento più importante. Il complesso militare-industriale (Mic) statunitense vuole vendere più armamenti all’Europa. Questo approccio è inutile per Bruxelles, puro spreco di denaro, poiché rafforzerebbe la sudditanza nei confronti del Mic statunitense. L’Europa dovrebbe rafforzare le proprie difese basandosi sulla produzione e sui sistemi europei, non sugli armamenti statunitensi. L’Europa ha bisogno di autonomia strategica, soprattutto alla luce della crescente instabilità e degli errori di orientamento delle politiche statunitensi.
Quale dovrebbe essere l’approccio europeo al negoziato tra Russia e Usa?
L’Ue dovrebbe aprire una diplomazia diretta con la Russia, basata sulla sicurezza collettiva e sul rispetto reciproco e smettere di essere russofoba, guerrafondaia e di fare nomi e cognomi. Dovrebbe anche smettere di incolpare Putin di tutti i torti e capire che l’arroganza degli Stati Uniti e la ricerca errata dell’egemonia globale hanno portato a questa guerra. Washington non avrebbe mai dovuto spingere per l’allargamento della Nato, partecipare al colpo di stato di Maidan e minare l’accordo di Minsk II. Non avrebbe dovuto abbandonare il Trattato Abm nel 2002 e il Trattato Inf nel 2019. E sostenere il processo di pace di Istanbul nel marzo-aprile 2022, che avrebbe potuto porre fine alla guerra 3 anni fa.
L’iniziativa di Trump avrà successo?
Gli Usa non sosterranno il proseguimento della guerra, ma il raggiungimento della pace è un’altra questione. L’attuale attenzione al “cessate il fuoco” non è di gran lunga sufficiente. È necessaria una soluzione fondamentale al conflitto, basata sulla neutralità a lungo termine dell’Ucraina, sulla fine permanente dell’allargamento della Nato verso Est, su un nuovo quadro di sicurezza collettiva europea, sul rispetto reciproco di Usa, Ue, Ucraina e Russia e sulla fine delle sanzioni economiche a Mosca. Dovranno essere fatte alcune concessioni territoriali, soprattutto perché gli Stati Uniti hanno rifiutato l’approccio pacifico e non territoriale dell’accordo di Minsk II.
Sarà una vera pace?
Una vera pace è davvero possibile. La pace sarebbe stata mantenuta se non fosse stato per l’allargamento della Nato verso est a partire dagli anni ‘90, per il colpo di Stato di Maidan del 2014 (in cui gli Stati Uniti hanno avuto un ruolo attivo), per la mancata attuazione dell’accordo di Minsk II da parte dell’Ucraina dopo il 2015 e per l’opposizione degli Stati Uniti al Processo di Istanbul nel 2022.
Qual è ora il vero obiettivo di Trump?
Nessuno può esserne certo. Le politiche sono disarticolate, contraddittorie, volatili e imprevedibili. Sembra chiaro che Trump voglia porre fine all’impegno degli Stati Uniti in Ucraina, ma se voglia la pace globale è un’altra questione. È palesemente imperialista nella sua retorica su Canada, Groenlandia e Panama. Sostiene l’estremismo violento di Israele ed è circondato da integralisti nei confronti della Cina.
Quali sono gli obiettivi della nuova politica dei dazi?
La politica commerciale di Trump è piena di idee primitive e di errori e causerà danni significativi all’economia statunitense. Il resto del mondo dovrebbe mantenere un commercio aperto, esclusi gli Usa. In altre parole, mentre gli Stati Uniti lasciano l’Organizzazione mondiale del commercio, il resto del mondo dovrebbe rafforzare il commercio globale nell’ambito dell’Omc. Questo significherà un continuo avanzamento globale e un crescente isolamento economico autoinflitto degli americani.
Perché il motto “se vuoi la pace prepara la guerra” è sbagliato
Alessandro Orsini 4 Aprile 2025
Il 5 aprile a Roma si terrà la manifestazione per la pace organizzata da Giuseppe Conte. I senatori più esaltati gridano contro i pacifisti: “Se vuoi la pace, prepara la guerra!”. Questo motto, con riferimento alle relazioni Europa-Russia, è completamente sbagliato. Quando parliamo di superpotenze, la preparazione della guerra in funzione della pace scatena il “dilemma della sicurezza”, esposto da John H. Herz. Gli Stati, temendosi a vicenda, cercano di accrescere il proprio potere militare. Nel far ciò, rendono insicuri gli altri Stati, i quali reagiscono impiegando la stessa strategia offensiva.
Accade così che uno Stato, nel tentativo di dissuadere i governi da eventuali attacchi, materializzi quegli stessi pericoli da cui vorrebbe preservarsi. Gli Stati, per utilizzare l’esempio di Thomas C. Schelling, sono spesso nella condizione del proprietario di casa che, nel cuore della notte, si trovi faccia a faccia con uno scassinatore. Se entrambi sono armati, c’è il rischio di una sparatoria che nessuno vorrebbe scatenare. È un effetto non desiderato. Ciò che è realmente decisivo non è la volontà dei singoli attori, ma l’intenzione che ognuno attribuisce all’altro, a causa della situazione di pericolo che scandisce il ritmo dell’interazione. Un esempio? La Nato ha armato l’Ucraina a partire dal 2014 in base al motto: “Se vuoi la pace, prepara la guerra”. A furia di preparare la guerra, l’Ucraina l’ha subita come effetto perverso del dilemma della sicurezza. In sociologia, un “effetto perverso” è un risultato negativo rispetto a quello previsto.
Se un governo taglia la spesa sociale per il riarmo, e poi viene rovesciato dal popolo affamato, questo è un effetto perverso. Il governo aveva deciso di comprare tante armi per proteggere la sicurezza del Paese che, alla fine, si ritrova distrutto da una guerra civile scatenata dai suoi stessi cittadini. Proverò a essere più chiaro. Se la Finlandia punterà i missili americani contro la Russia in base al motto Si vis pacem, para bellum, le probabilità di una guerra con la Russia aumenteranno anziché diminuire. Un’altra prova? La Russia ha investito nella costruzione dei suoi missili più letali dopo che la Nato ha avviato la costruzione del sistema di difesa anti-missile in Polonia nel 2008. Il missile russo Sarmat o Satan 2 è in grado di caricare fino a quindici testate nucleari viaggiando per 18.000 km dal punto di lancio. Ogni guerra ha il suo slogan per istupidire le persone. Il nuovo slogan è Si vis pacem, para bellum. Questo slogan è un tipico esempio di “senso comune”. Il senso comune è un pensiero non pensato. È una frase ripetuta pappagallescamente da milioni di persone che si afferma non in virtù dell’evidenza o della sua potenza logica, bensì in virtù del grande numero. Il senso comune è la negazione dello spirito critico, la sua antitesi diretta.
Un altro esempio di senso comune è: “Se daremo tantissime armi all’Ucraina, la Russia si spaventerà”. Questa proposizione bivariata, invece, è un esempio di spirito critico: “Per ogni proiettile della Nato che l’Ucraina lancerà contro la Russia, la Russia lancerà dieci proiettili contro l’Ucraina”. La tragedia del tempo presente è che il senso comune è al potere. Ecco perché l’Unione europea si prepara alla guerra contro la più grande superpotenza nucleare del mondo mentre si impoverisce con i dazi di Trump che ritira il suo impegno militare dall’Europa. Tutti si interrogano sulle armi che l’Unione europea produrrà con il riarmo, ma nessuno si interroga su quelle prodotte dalla Russia. Il missile russo Sarmat o Satan 2 può caricare fino a 15 testate nucleari. L’Unione europea investirà in armi convenzionali; la Russia in quelle nucleari. Terminati i rispettivi riarmi, l’Europa sarà più vulnerabile di prima.
L’E
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