IL REARM GIÀ NON BASTA PIÙ, L’EUROPA STUDIA NUOVE MOSSE da IL MANIFESTO
Il ReArm già non basta più, l’Europa studia nuove mosse
Ecofin Al vertice dei ministri dell’economia si discute di un fondo comune aperto al Regno unito. Difesa, il nodo dei finanziamenti in attesa del vertice Nato e del Consiglio Ue di fine giugno
Andrea Valdambrini 13/04/2025
Il piano ReArm di Ursula von der Leyen da 800 miliardi di euro sembra già superato. Visto da Varsavia, dove si sono incontrati i ministri della Finanze Ue per un vertice informale, rappresenta una delle ipotesi in campo per finanziare la difesa europea e riarmarsi in funzione anti Putin. Venerdì il gruppo di contatto per la difesa dell’Ucraina riunito nella sede Nato a Bruxelles ha promesso 21 miliardi di aiuti militari a Kiev. La sede dell’incontro Ecofin è invece la capitale polacca, dato che la Polonia è presidente di turno del Consiglio Ue. La Polonia è anche il paese europeo che destina la quota più alta fra tutti alle spese per la difesa, arrivando a sfiorare il 5%. Ed è da questa summit che si moltiplicano le proposte rispetto ai piani per il finanziamento della difesa proposti dell’esecutivo Ue.
TUTTE VARIAZIONI sul tema di un fondo comune tra stati europei, di carattere intergovernativo, aperto a includere magari il Regno Unito. Ma quando si viene al dunque tutto resta ancora in aria e niente è messo a terra. La Commissione, con il responsabile per l’Economia Ue Valdis Dombrovskis, dichiara di essere «aperta a valutare gli strumenti» per aumentare la spesa militare. Rendendo così palese che il roboante ReArm rimane al palo a causa delle divisioni tra le capitali e delle preoccupazioni dei paesi con debito elevato. La presidenza polacca, tirando le fila, non può che constatare l’evidenza: niente di deciso, se ne riparlerà.
LE SCADENZE per tornare sull’argomento sono già segnate in calendario. Dombrovskis in realtà corregge la richiesta della Commissione agli stati di indicare entro fine aprile l’intenzione di attivare le clausole di salvaguardia. Parla ora di un limite temporale non vincolante, anzi solo orientativo, tutt’al più «per garantire coordinamento e sincronizzare le richieste» tra le capitali. Più stringente invece il termine di fine giugno, che prevede il doppio appuntamento del vertice Nato dell’Aja del 24 e 25 e poi del Consiglio europeo del 26 e 27. All’Aja verrà avanzata la richiesta: alzare fino al 3 o 3,5% del Pil le spese nazionali della difesa. Ed è probabile che solo dopo questa indicazione, i paesi che restano ben al di sotto del 2%, come l’Italia, trarranno le loro conclusioni.
Poi c’è l’altra gamba del piano von der Leyen, rappresentato dal Safe, lo strumento di prestiti fino a 150 miliardi. «La presidenza punta a un accordo rapido, già entro maggio», ha auspicato il ministro delle Finanze polacco Andrej Domonski. Ma di nuovo, Safe incontra la contrarietà di diversi paesi, scettici sull’indebitamento. Così, mentre la parola eurobond rimane un tabù, depennata dai summit a causa dell’opposizione di diverse capitali, mentre il piano ReArm soffre, si fanno piuttosto largo le soluzioni creative.
L’IDEA SPAGNOLA, illustrata dal ministro delle Finanze Carlos Cuerpo, ricombina vari elementi. Il primo consiste nel creare uno strumento comune, non solo prestiti ma anche sussidi a fondo perduto per la difesa. I contributi degli stati sarebbero volontari e aperti a paesi non Ue come il Regno Unito. Si menziona l’improbabile ricorso all’«emissione congiunta di debito europeo», ma anche a «finanziamenti già esistenti come il Meccanismo europeo di stabilità», ovvero il Mes. Un mix che assomiglia ad un altro progetto, quello messo sul tavolo dalla presidenza polacca, che appare però maggiormente strutturato.
IN VISTA DEL SUMMIT di ieri, Varsavia aveva infatti commissionato uno studio all’istituto di ricerca Breugel. Il think tank basato a Bruxelles – già presieduto da Mario Monti prima e poi da Jean-Claude Trichet – auspica la creazione di un nuovo meccanismo europeo di difesa, basato sull’accordo dei governi (come il Mes), di nuovo aperto al contributo di Londra. Ma soprattutto capace di creare un mercato unico della produzione bellica attraverso appalti comuni. Un’idea apprezzata da baltici, scandinavi e dalla stessa Polonia. Scettica l’Italia, che con Giorgetti è sola nel riproporre il ricorso al fondo InvestEu. Tanto per adesso le capitali lanciano proposte e prendono le misure. L’unico dato c certo è che il piano von der Leyen non basta più. Se non è una bocciatura, poco ci manca.
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