IL PARADOSSO DI ISRAELE da SIMPLICISSIMUS e IL MANIFESTO
Il paradosso di Israele
ilsimplicissimus 7 Novembre 2023
Oggi lascio la parola ad altri perché è così triste vedere a che punto siamo giunti dopo 75 anni di dittatura delle élite sociopatiche nordamericane che mancano persino le parole. Però ci si guadagna perché riprenderò un discorso su Israele che il filosofo, matematico e agitatore politico scrisse due giorni prima di morire il 31 gennaio del 1970. L’uomo che aveva risolto tanti paradossi logici si è trovato alle prese con un paradosso molto difficile da risolvere, soprattutto con un paradosso che nessuno voleva sbrogliare e cioè che l’aggressività dimostrata dai governi israeliani non portavano alla pace, ma determinavano la determinazione a resistere. Ecco il testo:
“Lo sviluppo della crisi in Medio Oriente è pericoloso e istruttivo. Per oltre 20 anni Israele si è espanso con la forza delle armi. Dopo ogni fase di questa espansione Israele ha fatto appello alla “ragione” e ha suggerito “negoziati”. Questo è il metodo tradizionale del potere imperiale, perché vuole consolidare con la minima difficoltà ciò che ha già preso con la violenza. Ogni nuova conquista diventa la nuova base della negoziazione proposta dalla forza, che ignora l’ingiustizia della precedente aggressione.
Le aggressioni commesse da Israele deve essere condannate, non solo perché nessuno Stato ha il diritto di annettere territori stranieri, ma perché ogni espansione è un esperimento per scoprire quanta ulteriore aggressione il mondo tollererà. I rifugiati che circondano la Palestina, a centinaia di migliaia, sono stati recentemente descritti dal giornalista di Washington IF Stone come “la macina morale attorno al collo dell’ebraismo mondiale”. Molti rifugiati sono ormai entrati nel terzo decennio della loro precaria esistenza in insediamenti temporanei. La tragedia del popolo palestinese è che il proprio Paese è stato “donato” da una potenza straniera ad un altro popolo per la creazione di un nuovo Stato. Il risultato fu che molte centinaia di migliaia di persone innocenti sono rimaste permanentemente senza casa.
Ad ogni nuovo conflitto il loro numero è aumentato. Per quanto tempo ancora il mondo è disposto a sopportare questo spettacolo di sfrenata crudeltà? È assolutamente chiaro che i rifugiati hanno tutto il diritto alla patria da cui sono stati cacciati, e la negazione di questo diritto è al centro del conflitto in corso. Nessun popolo al mondo accetterebbe di essere espulso in massa dal proprio Paese; come si può chiedere al popolo palestinese di accettare una punizione che nessun altro tollererebbe? Un insediamento giusto e permanente dei rifugiati nella loro patria è un ingrediente essenziale di qualsiasi vera soluzione in Medio Oriente.
Ci viene spesso detto che dobbiamo simpatizzare con Israele a causa delle sofferenze degli ebrei in Europa per mano dei nazisti. Non vedo in questo suggerimento alcun motivo per perpetuare alcuna sofferenza. Ciò che Israele sta facendo oggi non può essere perdonato, e invocare gli orrori del passato per giustificare quelli del presente è una grossolana ipocrisia. Non solo Israele condanna alla miseria un vasto numero di rifugiati, ma Israele condanna anche le nazioni arabe che solo di recente sono emerse dallo status coloniale, al continuo impoverimento poiché le richieste militari hanno la precedenza sullo sviluppo nazionale.
Tutti coloro che vogliono vedere la fine degli spargimenti di sangue in Medio Oriente devono garantire che qualsiasi accordo non contenga i germi di un futuro conflitto. La giustizia richiede che il primo passo verso una soluzione sia il ritiro israeliano da tutti i territori occupati nel giugno 1967. È necessaria una nuova campagna mondiale per contribuire a portare giustizia alle popolazioni del Medio Oriente che da troppo tempo soffrono”,
Con estrema chiarezza Russel sbaraglia tutti i falsi argomenti che ancora oggi vorrebbero giustificare una pulizia etnica senza precedenti. Ma leggendo tra le righe ci dice anche un’altra cosa e cioè che questi mostruosi comportamenti non porteranno ad una vittoria finale, ma inaspriranno solo la determinazione degli avversari. E di fatto in questo orrore di Gaza si può facilmente scorgere la disperazione per la vendetta che si preparerà e per l’impossibilità di correggere questa rotta suicida una volta che essa è stata intrapresa.
Impegni delle Ong, è tragedia umanitaria e il governo tace
GAZA SENZA USCITA. Non si possono più accettare il genocidio in atto nella Striscia di Gaza e la gravissima crisi umanitaria che mette a rischio chi riesce a sopravvivere. L’apertura di corridoi umanitari […]
Silvia Stilli 10/11/2023
Non si possono più accettare il genocidio in atto nella Striscia di Gaza e la gravissima crisi umanitaria che mette a rischio chi riesce a sopravvivere. L’apertura di corridoi umanitari in sicurezza deve essere garantita in maniera permanente, non per concessione del governo israeliano. Va preteso immediatamente il cessate il fuoco. L’AOI, l’Associazione delle Organizzazioni Italiane della società civile di solidarietà e cooperazione internazionale, ha condannato Hamas per l’attacco del 7 ottobre, chiesto il rilascio immediato delle persone private della libertà e preteso il rispetto del diritto internazionale a Gaza invasa dalle forze militari di Israele. Il 1 novembre, per ragioni di impossibilità nel garantire l’operatività nella Striscia, gli ultimi cooperanti delle Ong italiane sono stati evacuati. Lo staff locale continua ad essere operativo, nonostante gli uffici distrutti e lo stato di pericolo costante.
AOI, come altre realtà, sta raccogliendo fondi per far arrivare aiuti nella Striscia e già alcuni invii sono giunti a destinazione, grazie alla rete di partner locali e internazionali. Il sostegno alla popolazione civile palestinese, soprattutto quella di Gaza, colpita da una punizione collettiva, non può essere lasciato alla libera iniziativa delle associazioni sostenute volontariamente dai cittadini. Le organizzazioni italiane aspettano una risposta certa da parte del governo per il mantenimento degli impegni presi con le organizzazioni del sistema Onu e con le Ong a Gaza e in Cisgiordania. Impegni che devono essere intensificati in un’emergenza così grande, con più di 1.500.000 civili sfollati in situazioni di assoluta precarietà e centinaia di migliaia persone nella zona Nord isolate, a partire dai feriti ricoverati negli ospedali.
In tutta Gaza non vi sono ‘safe zones’. Gli ultimi dati raccolti parlano di 10.569 morti e 26.745 feriti; 171 le vittime in Cisgiordania, 2386 i feriti; 2.260 dispersi. Cifre impressionanti se paragonate a quelle delle vittime civili dal febbraio 2022 della terribile guerra in Ucraina: 9.806 morti, 17.962 feriti. Il segretario generale delle Nazioni unite chiede il cessate il fuoco e si dichiara «inorridito» dalla situazione umanitaria a Gaza, appellandosi al rispetto del diritto internazionale da parte della potenza occupante. Il capo dell’Ufficio dell’Alto Commissariato dei Diritti Umani a New York ha posto fine al proprio mandato affermando che le Nazioni Unite hanno di nuovo fallito, nel loro dovere di difendere il diritto internazionale. Le sue parole sono pesanti come pietre, e definiscono ciò a cui stiamo assistendo nella Striscia di Gaza «un caso di genocidio da manuale», frutto di «un’ideologia coloniale etno-nazionalista». Il direttore generale dell’OMS si dichiara «completamente scioccato» dagli attacchi ad ospedali e ambulanze. Per il Portavoce dell’Unicef Gaza è un cimitero di migliaia di minori.
A queste voci si uniscono quelle di milioni di persone che nelle piazze di tutto il mondo chiedono la fine dell’assedio e del genocidio nella Striscia; tra loro, molte cittadine e cittadini israeliani. Le violenze di Hamas non giustificano decenni di negazione dei diritti del popolo palestinese, né l’occupazione illegale e l’impunità dei governi di Israele di fronte ad almeno 70 risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che condannano queste pratiche e impongono il rispetto della legalità internazionale. L’atteggiamento prevalente in Italia di stampa e media è discriminatorio verso chi condanna le violazioni e i crimini israeliani, rischiando l’accusa di antisemitismo. Esponenti di governo definiscono razziste associazioni come Amnesty o giustificano pubblicamente le stragi di civili a Gaza come un danno collaterale.
Le Ong sono di nuovo sotto attacco con l’accusa di finanziare partner palestinesi collusi con i terroristi. Le opposizioni in Parlamento devono reagire con una posizione unitaria e forte, perché insieme alla vita di milioni di persone è a rischio la tenuta della democrazia nel nostro Paese.
* Presidente AOI, Associazione Organizzazioni di Solidarietà e Cooperazione Internazionale Italiane
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