IL MONDO IN GUERRA: ARMI PER 2,4 TRILIONI DI $ da IL FATTO
Il mondo in guerra: armi per 2,4 trilioni di $
RECORD DI ACQUISTI: SPESA SU DEL 6,8% – I dati del Sipri. Il 2023 segna l’apice dopo nove anni di rialzo nelle 5 Regioni: Usa e Cina in testa con il 49% del totale degli investimenti militari globali
COSIMO CARIDI 23 APRILE 2024
La spesa militare mondiale segna ancora un aumento, è il decimo anno di fila. Tra il 2022 e il 2023 i fondi per la difesa a livello globale sono cresciuti del 6,8%, il maggior rialzo dal 2009. Secondo l’Istituto Internazionale di Ricerche sulla Pace di Stoccolma (Sipri), lo scorso anno gli Stati hanno perso 2,44 trilioni di dollari in armi. Tutti e cinque i continenti, l’Antartide non è considerata nell’analisi dell’Istituto, hanno registrato un aumento dei costi per gli eserciti. “L’aumento senza precedenti della spesa militare è una risposta diretta al deterioramento globale della pace e della sicurezza”, ha affermato Nan Tian, ricercatore del Sipri. Lo scenario ricostruito non lascia molte possibilità a un’inversione di tendenza per i prossimi anni. “Non c’è una sola Regione del mondo in cui la situazione sia migliorata. Soprattutto in Europa, dove i Paesi continuano a aumentare la spesa per raggiungere l’obiettivo del 2%” spiega l’analista.
Gli arsenali delle super potenze: Usa e Cina
Stati Uniti e Cina sono i due Paesi che destinano più fondi ai militari, combinata la loro spesa vale il 49% del totale mondiale. Sono 916 i miliardi di dollari usati da Washington in armi nel 2023, il 2,3% del Pil. La fetta del Prodotto interno lordo usata da Pechino in Difesa è significativamente più grande (6%) ma in valore assoluto rappresenta meno di un terzo (296 miliardi) dei fondi americani. Gli altri tre Paesi nella cinquina di testa sono: Russia, India e Arabia Saudita. “Con una stima di 109 miliardi di dollari – si legge nel report – la spesa militare russa nel 2023 è stata superiore del 24% rispetto al 2022 e del 57% rispetto al 2014, quando la Russia ha annesso la Crimea. Nel 2023 la spesa militare russa era equivalente al 5,9% del Pil e al 16% della spesa pubblica totale, ovvero i livelli più alti registrati dalla Russia dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica”. I dati su Mosca non possono essere verificati, infatti la federazione dopo l’invasione dell’Ucraina ha reso meno trasparenti i suoi conti pubblici. Va però registrato l’aumento della spesa militare russa nel 2023 in gran parte facilitato dalla performance economica del Paese che ha superato le aspettative nonostante un calo significativo delle entrate legate al petrolio e al gas.
L’Ucraina, tra fondi propri e donazioni internazionali
L’Ucraina con un’impennata della spesa del 51% ha raggiunto nel 2023 i 64,8 miliardi di dollari. Questo rappresenta il 58% della spesa pubblica di Kiev. Nonostante i dati fotografino l’immenso impegno bellico del Paese, la spesa militare dell’Ucraina nel 2023 era pari al 59% di quella della Russia. A chiudere la distanza con i fondi destinati alla guerra di Mosca ci sono gli almeno 35 miliardi di dollari in aiuti militari, di cui 25,4 dagli Stati Uniti, ricevuti da Kiev solo nello scorso anno. Sommando aiuti esterni e spese militari dell’Ucraina si arriva a circa il 91% della spesa militare russa.
L’Europa vola oltre il 2% previsto dalla Nato
“Per gli Stati europei appartenenti alla Nato, gli ultimi due anni di guerra in Ucraina hanno cambiato radicalmente le prospettive di sicurezza – spiega Lorenzo Scarazzato, ricercatore del Sipri–. Questo cambiamento nella percezione della minaccia si riflette in quote crescenti del Pil destinate alla spesa militare, con l’obiettivo Nato del 2% sempre più visto come una linea di base piuttosto che una soglia da raggiungere”. Lo scorso anno undici dei 31 membri dell’Alleanza hanno toccato o superato questo livello, il numero più alto di sempre da quando è stato posto l’obiettivo. L’Europa nel complesso ha aumentato del 16% la spesa per la difesa, la media nei Paesi dell’Est supera il 31%. I membri europei della Nato hanno rappresentato insieme il 28% della spesa totale dell’Alleanza atlantica nel 2023, il livello più alto registrato nel decennio 2014-2023. Di questo gruppo sono solo tre gli Stati in controtendenza. La spesa è diminuita in Grecia (-17%), Italia (-5,9%) e Romania (-4,7%). La Polonia, con un 75% in più rispetto al 2022, segna l’aumento massimo tra i Paesi Nato.
Il record di Nord Africa medio oriente
L’area in cui cresce di più la spesa in armi è il Nord Africa: più 38%. Il record lo stabilisce l’Algeria che ha aumentato la spesa del 76%. In Medio Oriente, dopo l’Arabia Saudita, il secondo Paese che investe di più in difesa è Israele. La guerra a Gaza ha spinto ad accrescere la spesa militare, 24% maggiore rispetto all’anno precedente. Nel report si legge che dal 7 ottobre la spesa mensile in armi di Tel Aviv “è passata da una media di 1,8 miliardi di dollari, a 4,7 miliardi nel dicembre 2023”.
Il totale della regione segna più 9%, con i tassi di aumento più alti di tutto il mondo se si prende in considerazione l’intero decennio 2014-23. Altri due grandi investitori in difesa dell’area sono la Turchia e l’Iran. Teheran ha speso in difesa poco più di 10 miliardi nel 2023, con un piccolo aumento (0,6%) rispetto all’anno precedente. I dati disponibili non sono completi, ma si evince che almeno un terzo di questi fondi vanno alle Guardie della Rivoluzione e si registra un aumento del 27% per l’acquisto di aerei alla Iran Aircraft Manufacturing Industrial Corporation, specializzata nella produzione di droni.
Esplode l’Asia, tra timori cinesi e economia indiana
In Asia da segnalare la crescita della spesa giapponese (+11%) che arriva a 50 miliardi. Anche Taiwan ha aumentato dell’11% la spesa in armi nel 2023, principalmente acquisti fatti dagli Usa. L’India con oltre 86 miliardi di dollari spesi nel 2023 è il quarto consumatore mondiale di armi. Nuova Delhi compra il 75% del suo fabbisogno da aziende che producono internamente al Paese.
Ucraina. Biden spera nella guerra fino a novembre, ma gli aiuti non bastano
alessandro orsini 23 APRILE 2024Biden sta recitando un ruolo in un gioco delle parti. Da una parte, chiede a Netanyahu di uccidere meno palestinesi con le bombe; dall’altra, gli fornisce le bombe che uccidono i palestinesi. La Camera Usa ha appena approvato un pacchetto di aiuti a Israele così distribuiti: 5,2 miliardi di dollari per espandere il sistema missilistico israeliano; 3,5 miliardi per l’acquisto di sistemi d’arma avanzati; 1 miliardo per migliorare la produzione di armi; 4,4 miliardi per altre forniture e servizi. Alcuni ritengono che a Gaza sia in corso un genocidio; altri lo negano. Qualunque cosa sia in corso a Gaza, Biden la rende possibile. I maestri del sospetto – Marx, Nietzsche, Freud – insegnano che gli uomini e gli Stati cercano sempre di apparire migliori di quel che sono. È incredibile che l’Occidente non riesca a prendere coscienza di essere una civiltà sterminatrice nonostante una documentazione storica inoppugnabile. Gaza è soltanto uno dei tanti stermini della civiltà occidentale.
La Camera Usa ha approvato anche gli aiuti a Zelensky. La conseguenza è prevedibile: tra dodici mesi l’Ucraina avrà meno territori di quelli che possiede e molti più morti nelle bare. La regolarità empirica che ho enunciato all’inizio della guerra non cambierà: “Per ogni proiettile della Nato che l’Ucraina lancerà contro la Russia, la Russia lancerà dieci proiettili contro l’Ucraina”. Soltanto una piccola parte dei 61 miliardi sarà spesa per l’acquisto di armi per Zelensky. 23 miliardi verranno utilizzati dagli Stati Uniti per ricostituire le scorte perdute; 14 miliardi saranno usati dal Pentagono per comprare armi per l’Ucraina direttamente dall’industria militare americana; 11 miliardi finanzieranno le operazioni militari statunitensi in Ucraina per migliorare le capacità dell’esercito ucraino, ad esempio, spese per la collaborazione tra l’intelligence di Kiev e Washington e per l’addestramento dei piloti ucraini. Circa 8 miliardi di dollari saranno spesi in assistenza non militare al regime di Zelensky: ospedali, scuole, pensioni, trasporti. L’Ucraina ha condotto una controffensiva fallimentare dopo avere ricevuto Atacms, Himars, Challenger, Abrams, Leopard, Patriot, Samp-T, Storm Shadow, Scalp, bombe a grappolo. I 14 miliardi di armi che Zelensky riceverà da Biden non cambieranno i rapporti di forza. Il fine degli atlantisti è impedire che l’Ucraina crolli prima del voto per le europee: i vari Calenda non hanno problemi a perdere una faccia che non hanno, ma dopo il voto, non prima. Per Biden vale lo stesso discorso: l’Ucraina deve combattere fino alle elezioni di novembre per la Casa Bianca.
Nessuno che si chieda che cosa farà l’Ucraina quando avrà terminato anche questi nuovi miliardi. I miliardi di cui Zelensky avrà bisogno saranno sempre più numerosi perché morti e distruzioni aumenteranno con i mesi. Una volta perso l’accesso al Mar Nero, l’Ucraina sarà finita per sempre. Sarà un Paese senza peso internazionale e senza più un futuro. La cosa migliore che possa accadere agli ucraini è che la guerra finisca immediatamente per conservare Odessa da cui partiva il 70% delle loro esportazioni prima della guerra. Per riprendere tutto, Zelensky rischia di non conservare niente. Detesto le liste di proscrizione, ma l’elenco di coloro che avevano previsto la facile sconfitta della Russia andrebbe compilato. Magari da Paolo Mieli. Scopriremmo che coloro che parlano in radio e in televisione dalla mattina alla sera non avevano capito niente. Questa era una guerra da evitare o da fermare dopo un mese. Troppi Mieli hanno tifato; pochi hanno ragionato.
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