IL MINISTRO INCOMPETENTE da IL FATTO
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
Cultura, Saperi, Università, Dialogo
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IL MINISTRO INCOMPETENTE da IL FATTO

Il ministro incompetente

MARCO TRAVAGLIO  24 Dicembre 2024

Passi per Salvini, che s’intende di giustizia come di trasporti. Per Tajani, che ha studiato diritto penale all’Università di Arcore. Per la Meloni, che entrò giovanissima in politica in onore di Borsellino per poi rifilarci Nordio. Per il 99% dei media, che non distinguono un tribunale da un paracarro. Ma Nordio è stato pm per 40 anni e qualcosa della materia dovrebbe ricordare. Prendete questa sua frase sul processo Open Arms a Salvini: “Era fondato sul nulla, non sarebbe nemmeno dovuto iniziare: e comunque avrebbe dovuto coinvolgere anche Conte”. Cioè: dovevano processare due imputati sul nulla anziché uno. Naturalmente il processo era fondato su precise notizie di reato a carico di Salvini (non di Conte, che se ne dissociò in tempo reale), validate non solo dal Tribunale dei ministri e dai pm di Palermo, ma anche dal Senato che li autorizzò a procedere e dal Gup che dispose il giudizio. Il fatto che un tribunale o una corte d’appello o la Cassazione assolva non vuol dire che l’indagine e il processo non si dovessero fare: quelli servono appunto a stabilire se un reato sia stato commesso e da chi. Se no le sentenze le scriverebbe direttamente il pm. Più sono i gradi di giudizio (l’Italia ha il record mondiale), più aumentano le possibilità di valutazioni difformi. E non è detto il giudice smentito dal successivo abbia sbagliato: per convenzione “vince” chi sentenzia per ultimo, ma può benissimo darsi che avesse ragione il penultimo o il terz’ultimo. Ora Nordio vuol risarcire gli assolti e punire i pm che li hanno indagati, come se ogni assoluzione marchiasse di errore l’indagine o la sentenza precedente. Scambia la fisiologia per patologia: il livello probatorio che la legge richiede per indagare, arrestare, rinviare a giudizio è molto inferiore a quello necessario per condannare. Un indiziato può essere giustamente indagato, arrestato e rinviato a giudizio e poi giustamente assolto senza che nessuno abbia sbagliato nulla.

Ora tutti giocano sul termine “errore giudiziario”, che è la condanna di un innocente o l’assoluzione di un colpevole con una sentenza che stravolge (dolosamente o colposamente o involontariamente) il fatto storico per i più svariati motivi: prove inquinate, testimonianze false o inquinate, documenti taroccati, confessioni mendaci, scambi di persona, intercettazioni fraintese o mal trascritte, errori del giudice nel valutare le prove o del pm e delle forze dell’ordine nell’indagare (in buona fede, o per ignoranza, o per corruzione). Fortuna per Nordio che, quando faceva il pm e non ne azzeccava una, il ministro della Giustizia non fosse Nordio. Altrimenti si sarebbe punito da solo. E oggi, anziché fare altri danni al ministero, starebbe in qualche altro luogo meno confortevole.

Renzo innocente 75 giorni in cella: merito di Nordio

I danni dell’ex procuratore – Risarcito. Nel 1982 un camionista viene incarcerato: assolto, fece ricorso alla Cedu

Lorenzo Giarelli  24 Dicembre 2024

Cosa penserebbe il ministro Carlo Nordio del pm Carlo Nordio? Cosa penserebbero del pm Carlo Nordio tutti quei politici – da Matteo Salvini a Enrico Costa – che in queste ore annunciano riforme per punire i magistrati, introducendo conseguenze penali, civili o disciplinari per chi sbaglia? Anche facendo grazia del merito delle proposte (cioè far passare un’assoluzione, peraltro non definitiva, per “errore giudiziario”), resta inevasa una questione: quando era pubblico ministero, Nordio è incappato varie volte in situazioni analoghe, come capita in ogni Procura. Per coerenza, la destra dovrebbe farne un bersaglio e a tal fine agevoliamo una storia dal passato: un uomo finito in carcere su richiesta di Nordio, poi assolto e infine risarcito dallo Stato con 45 milioni di lire.

Il protagonista della vicenda si chiama Renzo Bertelli, un autotrasportatore di Trecenta, in provincia di Rovigo. Il 16 giugno 1982 l’Italia prepara la partita di Coppa del mondo contro il Perù, nel Mondiale di Spagna. Bertelli ha 45 anni e all’improvviso viene arrestato dalla Polizia di Mestre e portato in carcere con accuse gravissime: truffa continuata aggravata ai danni dello Stato, associazione per delinquere ed estorsione in concorso con altri. A firmare la richiesta di arresto è il pm Carlo Nordio, il quale sospetta che l’uomo sia coinvolto in un traffico illecito sfruttando il suo camion. Secondo l’accusa, Bertelli avrebbe appesantito con pietre e acqua il proprio mezzo, utilizzato da una ditta di Vercelli per trasportare carne fino al porto di Ravenna. Attraverso questo espediente, stando alle soffiate di alcuni presunti complici, la banda avrebbe potuto vendere carne sottobanco, facendo comunque risultare che il peso della partita fosse quello originario. Un storia bizzarra e intrigante che però, almeno per quanto riguarda Bertelli, non sta in piedi. Il camionista rimane in carcere 75 giorni, di cui otto passati in regime di isolamento. L’uomo viene mandato a processo ma le cose vanno per le lunghe, anche perché due anni più tardi il caso si sposta a Piacenza, e perciò Bertelli per esultare deve aspettare il 1994, quando è dichiarato innocente e assolto dalle accuse. È a questo punto che, per protestare contro i 12 anni nelle aule giudiziarie e quell’arresto chiesto da Nordio, l’autotrasportatore si rivolge alla Corte europea dei diritti umani. Nel 1997, come da prassi, l’allora governo italiano manda le sue osservazioni, dopodiché la Cedu si esprime: Bertelli ha ragione, ha subito un’ingiustizia e deve essere risarcito. In questi casi, paga lo Stato: nel 2000 al signor Bertelli vanno 45 milioni di lire, ben superiori – come ricorda chiunque abbia familiarità col concetto di potere d’acquisto – al puro e semplice tasso di conversione che li farebbe corrispondere a 22.500 euro. Cose che succedono, infatti nessuno si sogna di chiederne conto a Nordio, che nel frattempo ha fatto carriera nonostante qualche altro inciampo celebre (per esempio, il buco nell’acqua dell’inchiesta sulle cooperative venete, coi fascicoli per l’archiviazione di Massimo D’Alema tenuti per errore in un cassetto per anni).

Lo stesso Nordio, memore della sua storia, in quegli anni rilascia varie interviste guardandosi bene dal linciare i magistrati che fanno arrestare o mandano a processo indagati che poi si rivelano innocenti: “La giustizia prevede di poter sbagliare – dice serafico al Foglio nel 2015 – Per questo ci sono tre gradi di giudizio”. Al limite si può pensare di intervenire contro i magistrati che fanno errori materiali, per esempio chi “non conosce la legge” o “legge male le carte”, ma non certo chi commette “errori di merito o di interpretazione”. E comunque, aggiunge Nordio, imporre “sanzioni pecuniarie non serve”, perché tanto “i magistrati sono tutti assicurati” dunque quel che si può fare è solo una “sanzione sulla carriera”, ovvero non far avanzare chi ha fatto errori. Sarà per questo che Nordio è diventato ministro.

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