DA SUD A NORD: “QUANTE DONNE ANCORA”? da IL MANIFESTO
Da sud a nord: «Quante donne ancora?»
Verso il 25 novembre Femminicidi in aumento, infrazioni al «Codice rosso», accesso negato all’Ivg. Tutte in piazza: in Italia i dati sulla violenza di genere continuano a preoccupare
Enrica Muraglie 10/11/2024
«Non lo vedete che ci stanno ammazzando? Quante donne ancora?». Con queste domande si sono accese ieri le piazze di oltre 40 città italiane, da sud a nord, riunite nella manifestazione diffusa lanciata da D.i.Re – donne in rete contro la violenza. La rotonda nei pressi di viale Massobrio, ad Alessandria, è stata illuminata di arancione «per ricordare la nostra causa». Ad Aosta un piccolo corteo dall’ex Cittadella a via Giuseppe Garibaldi, a Trento sfilata nel mercato contadino, a Brescia un flash mob in piazza Vittoria. Il Centro veneto progetti donna coglie l’occasione per denunciare che solo in Veneto, dal 2022, sono state uccise 23 donne. Un corteo sfila nelle strade di Milano, da piazzale Medaglie d’oro fino a piazza della Scala. Aderisce la Casa delle donne di Bologna, si mobilitano Lucca, Faenza, Follonica, Lugo di Romagna. A Caserta uno stand anima la piazza di largo S. Sebastiano, Viareggio si accende con un flash mob in piazza Mazzini. Poi Napoli, Potenza, Catania, Enna, Cosenza. A Roma l’appuntamento era in piazza Menenio Agrippa, nel quartiere Montesacro, quadrante nord-est della città.
«Parlare di violenza sulle donne significa riconoscere che ci sono diritti violati, soprusi quotidiani, comportamenti che escludono le donne dalla vita pubblica, giovanissimi uomini che tolgono la vita a giovanissime donne», ha dichiarato Antonella Veltri, presidente di D.i.Re. «Senza una forte, capillare e continuativa attività di prevenzione, la punizione ha dimostrato che non funziona. E i numeri ce lo stanno dimostrando, quasi ogni giorno». A questi numeri fanno eco la casa delle donne Lucha y siesta e Non una di meno (Nudm), presenti in piazza a Roma per lanciare i cortei del 23 novembre a Palermo e nella capitale, due rami di una grande manifestazione in vista della giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, che ricorre poco dopo. In un post congiunto sui social media, Nudm Roma e Lucha y siesta denunciano che «in 10 mesi, in Italia ci sono stati 104 femminicidi, transicidi, lesbocidi» e che «i numeri della violenza sessuale sono raccapriccianti».
Secondo i dati del ministero dell’interno, nel periodo da gennaio al 3 novembre 2024, sono stati registrati 96 femminicidi, 82 dei quali avvenuti in ambito familiare o affettivo. Di queste donne, 51 sono state uccise per mano del partner o ex partner. La differenza tra i numeri riportati dal ministero e quelli raccolti da associazioni indipendenti come Nudm non è, certo, una novità. Cambiano i parametri della conta – con grande esclusione, da parte delle istituzioni, delle uccisioni di persone trans e lgbtqia+, che pure si inseriscono nel quadro della violenza di matrice patriarcale.
Allarmanti anche i dati relativi all’infrazione del cosiddetto «Codice rosso», la legge 69/2019, introdotta per rafforzare la tutela delle persone che subiscono violenze e maltrattamenti. Nell’elaborato semestrale diffuso a luglio, il Servizio analisi della direzione centrale della polizia criminale ha rilevato, infatti, che la violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare, del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, così come la diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti, sono in aumento. Numeri enormi che le piazze di ieri si sono proposte di ribaltare. «Come ci sta insegnando Gisèle Pelicot, la vergogna deve cambiare lato, la società deve cambiare prospettiva sulla violenza di genere», prosegue il post di Nudm Roma e Lucha y siesta.
L’osservatorio nazionale di Nudm, una piattaforma online che dal 2020 raccoglie e interpreta i dati sulla violenza di genere in Italia, denuncia che nel 2024 la Lombardia, il Lazio e la Sicilia sono le regioni con la più alta percentuale di femminicidi nel nostro paese, rispettivamente 14,4, 12,5 e 9,6 percento del totale. Roma è la provincia italiana con più casi di donne uccise, circa 10.
E se è vero che la violenza di genere ha radici e forme subdole, anche istituzionali, altri tristi primati riguardano Roma e il Lazio, dove sono sempre meno i luoghi di ascolto e autodeterminazione per le donne. Su tutti, i consultori. Per una donna che vuole abortire, nel Lazio come altrove, non è possibile accedere a un portale istituzionale con i dati sugli obiettori di coscienza negli ospedali. Esiste il dato sulla media regionale, ma delle mappature struttura per struttura si occupano enti e associazioni del terzo settore, come Laiga 194, per sopperire alle mancanze.
Ad agosto 2021, il Consiglio regionale del Lazio ha approvato le «disposizioni collegate alla legge di Stabilità regionale 2021 e modifiche di leggi regionali», che all’articolo 34 prevedono delle misure per facilitare la fruizione dei servizi per l’interruzione volontaria di gravidanza (Ivg). E tuttavia, sono ancora assenti le informazioni dettagliate sul percorso dell’Ivg, l’elenco e la mappa dei consultori e delle strutture ospedaliere dove poter abortire, i dati specifici sul numero totale e sulla percentuale degli operatori sanitari obiettori, i documenti necessari e scaricabili per l’Ivg, l’archivio delle relazioni annuali. «Non stiamo parlando di semplici dati ma di vite, perché l’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza è un servizio libero e gratuito di autodeterminazione di tutte le soggettività e che deve essere garantito sempre e ovunque, senza pressioni o influenze esterne», dichiara al manifesto Alessandra Zeppieri, consigliera regionale del polo progressista. A luglio è stata presentata una richiesta di interrogazione al presidente Francesco Rocca (Fdi) per fare chiarezza sulle interferenze dei gruppi pro vita nelle strutture pubbliche, fenomeno noto e crescente in Italia. La prossima settimana una nuova richiesta di audizione alla giunta regionale, su iniziativa di Zeppieri, cercherà un confronto sullo stato di salute dei consultori nel Lazio, che nel frattempo continuano a scomparire.
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